Fonte: La Stampa
Ai piani alti dei palazzi europei la lettura dello Spiegel non ha fatto piacere. Berlino: su Atene non c’è nessun cambio di rotta
La risposta ufficiale è ovvia, è quella di sempre. «La Commissione non commenta le indiscrezioni riferite dai giornali», dice il portavoce europeo di turno, Enrico Brivio. Non è una sorpresa nemmeno che rimandi alle parole dal responsabile per l’Economia, Pierre Moscovici, che il 29 dicembre scorso ha invocato «un forte impegno a favore dell’Europa» da parte di Atene, insieme con «un ampio appoggio di leader ed elettori greci a favore di un necessario processo di riforma a favore della crescita». Le due cose, aveva detto il francese, «saranno essenziali perché la Grecia prosperi di nuovo nell’area dell’euro».
E’ la posizione classica. Bruxelles non vuole intromettersi nelle vicende interne alla politica che si intrecciano all’ombra del Partenone, tuttavia non rinuncia a spingere perché il Paese rispetti i patti firmato con Ue e Fmi, e a promettere assistenza nel pieno rispetto dello spirito europeo. Al momento, dunque, le fonti ufficiali tacciano, sebbene non si escluso che domani le cose possano cambiare.
Molto dipenderà dall’andamento dei mercati e di come saranno recepite le parole di Berlino. Ieri Der Spiegel ha scritto che la cancelliera Merkel considererebbe realistica, e non drammatica, una eventuale uscita di Atene dall’Eurozona. Oggi il vice portavoce del governo federale ha ricordato che «la Grecia ha sempre rispettato in passato i suoi impegni» e si aspetta che lo faccia ancora». Più tardi ha sottolineato che la posizione tedesca non cambia: «Non c’è nessun cambio di rotta» . Il che assomiglia a una smentita, ma fino a un certo punto.
Bastano un paio di telefonate per scoprire che ai piani alti dei palazzi europei la lettura dello Spiegel non ha fatto piacere. Si fa notare che sì, è vero, l’Europa è meno vulnerabile di due anni fa, grazie soprattutto all’inizio dell’Unione bancaria e alla messa in funzione del fondo Salvastati Efsf. Tuttavia si teme che l’uscita della Grecia dall’Eurozona potrebbe essere «devastante», per molti motivi a partire dal fatto che perderebbe la stampella europea nella copertura di un debito pubblico che nel 2015 sarà al 168 per cento del pil. Andare sul mercato senza la garanzia dell’Unione porterebbe ad una probabile e rapida bancarotta. Senza pensare a tutto il resto, alla svalutazione della moneta di un paese che fa poco export e all’aumento dei tassi di interesse che ammazzerebbero le imprese.
A Bruxelles si ritiene impossibile valutare ex ante, cioè prima degli eventi, l’esatta portata delle conseguenze globali di un rottura dell’Eurozona, in termini di credibilità politica dell’Unione stessa e anche di possibili effetti di contagio sull’economie più fragili. «La Storia insegna che i mercati cercano solo un pretesto per attaccare i più fragili», dice una fonte bruxellese. Una volta aperta la porta, fa notare, difficile immaginare se, e quali condizioni, essa potrebbe essere richiusa.
Domani è probabile che da Bruxelles arrivi qualche parola in più. Nell’attesa, un pezzo grosso delle istituzione suggerisce di leggere con cura le dichiarazioni del leader di Syriza, Alexis Tsipras. E di ragionare. «Al netto dei picchi da campagna elettorale – spiega – Tsipras non vuole scardinare l’Unione quanto renderla più coesa, flessibile e solidale, con un approccio non poi troppo differente da quello del vostro premier Renzi». Ci vuole sangue freddo, suggerisce. Anche perché «ogni volta che qualcuno, e soprattutto la Germania, parla al popolo greco suggerendogli cosa fare, il popolo greco si fa tentare ancora di più dall’euroscetticismo».