Fonte: Corriere della Sera
di Paolo Valentino
Mosca offrirà alla Bielorussia un prestito di 1,5 miliardi di dollari, che potrebbe consentire a Lukashenko di far uscire il Paese dalla stagnazione e in qualche modo attenuare l’impatto politico della rivolta
Gli amici si vedono nel momento del bisogno. E Alexander Lukashenko, l’autocrate bielorusso che vede il suo potere vacillare sotto i colpi della protesta di piazza, lo ha sperimentato personalmente lunedì a Soci, dov’è andato a trovare col cappello in mano Vladimir Putin. «Un amico è in difficoltà e lo dico sinceramente», ha detto al presidente russo, che l’ascoltava tra l’annoiato e il distratto. Hanno parlato per quattro ore. Al termine Putin ha annunciato che Mosca offrirà alla Bielorussia un prestito di 1,5 miliardi di dollari, che potrebbe consentire a Lukashenko di far uscire il Paese dalla stagnazione e in qualche modo attenuare l’impatto politico della rivolta.
Il diavolo tuttavia si nasconde sempre nei dettagli, perché l’accordo è sia economico che militare. Gli aiuti andranno cioè in buona parte a foraggiare l’apparato di sicurezza, sul quale si fonda il potere di Lukashenko. Putin infatti ha annunciato una maggiore collaborazione nel campo della Difesa, comprese esercitazioni militari congiunte che partiranno subito e dureranno un anno intero. Mosca tuttavia nega che si sia parlato di basi militari russe permanenti in Bielorussia. Si è parlato invece di riforma costituzionale, sola concessione di Lukashenko ai dimostranti, nella quale forse la Russia vede una possibile via d’uscita per una transizione ordinata del potere. Detto altrimenti, Putin guarda già oltre l’uomo di Minsk. Come dice l’adagio, con amici come questi, chi ha bisogno di nemici?