Fonte: La Stampa
di Marco Bresolin
Inizia la sfida per la presidenza dell’Eurogruppo
Abbiamo ricevuto la lettera dei quattro ministri e la valuteremo con attenzione. Lo facciamo ogni volta che riceviamo spunti, stimoli e richieste da parte degli Stati membri. Succede spesso». Dopo una pausa, il funzionario Ue che commenta la missiva firmata da Padoan e da tre «colleghi mediterranei» approfondisce il suo ragionamento: «Nei nostri cassetti ci sono altre lettere, frutto di iniziative portate avanti di Stati o da gruppi di Stati. Alcune, per esempio, ci accusano di non applicare le regole in modo ferreo». Due frasi ed ecco dipinto il quadro europeo sulle regole di bilancio: chi vuole allentare i bulloni e chi vuole stringerli. Una divisione che in molti casi coincide con il confine Nord-Sud, uno spartiacque tra i rigoristi e gli amanti della flessibilità. È sempre la solita storia. In mezzo, la Commissione e una certezza: se il governo italiano si aspetta rivoluzioni in tempi rapidi, il rischio di ritrovarsi con un pugno di mosche molto alto.
Dal Palazzo Berlaymont spiegano che la lettera è sì indirizzata al commissario Pierre Moscovici e al Vice-Presidente Valdis Dombrovskis, ma che i veri destinatari sembrano essere i colleghi ministri. Una decisione non potrà che passare da una discussione in Consiglio, dove il confronto rischia di irrigidirsi. Un’altra fonte ricorda che «il dibattito sulla flessibilità, seguito alla Comunicazione della Commissione, è durato un anno. Dal gennaio del 2015 è stato necessario arrivare al febbraio del 2016 per trovare una posizione comune». Un esempio utilizzato per sostenere la tesi che non sarà facile «rimettere tutto in discussione nel giro di pochi mesi su iniziativa di quattro ministri». Nessuna volontà da parte di Bruxelles di sminuire il peso dei Paesi coinvolti, anzi. Solo la costatazione del fatto che decisioni di questo tipo hanno bisogno di un «confronto tra tutti i governi».
Non è escluso che il fronte impegnato in questa battaglia «possa allargarsi nelle prossime settimane». Ma le stesse fonti mettono in guardia anche dal rischio opposto e cioè che i quattro ministri potrebbero presto ritrovarsi in tre. La Francia domenica sera avrà un nuovo Presidente della Repubblica e a breve un nuovo governo. Lasciamo perdere l’ipotesi di una vittoria di Marine Le Pen: anche in caso di vittoria di Emmanuel Macron non è detto che la posizione di Parigi su questo tema resti la stessa.
In parallelo a questa partita si gioca anche quella per la successione alla presidenza dell’Eurogruppo. Esiti diversi potrebbero condurre a equilibri e scenari diversi nel consiglio che riunisce i ministri della zona euro. L’olandese Jeroen Dijsselbloem è ancora al suo posto, ma nei prossimi mesi abbandonerà la poltrona all’Aja. A quel punto i ministri dovranno decidere se sostituirlo subito oppure se lasciarlo in carica fino al termine del suo mandato, che scade all’inizio del 2018. Ad oggi non c’è un candidato in pole per rimpiazzarlo: lo spagnolo Luis De Guindos è il più attivo per farsi spazio. Ma contro di lui gioca la famiglia politica: sarebbe il quarto presidente di un organo Ue con la casacca del Partito Popolare (dopo Juncker, Tusk e Tajani). Uno smacco che i socialisti vogliono evitare, anche se c’è un paradosso: Padoan si troverebbe più in sintonia con lui (insieme hanno firmato la lettera di ieri) che con un «falco socialista» come Dijsselbloem.
In ogni caso sembra esserci un macigno sulla strada che porta a regole diverse e a un nuovo presidente dell’Eurogruppo entro l’inizio dell’autunno. A settembre si vota in Germania e il governo tedesco, qui rappresentato dal ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble, non ha alcuna intenzione di fare «concessioni» al fronte Mediterraneo proprio ora che si trova in campagna elettorale.
In tutto questo, per l’Italia tra due settimane arriverà l’esito del nuovo esame Ue. Ieri Dombrovskis ha confermato che la manovrina da 3,4 miliardi «a prima vista» sembra rispondere ai criteri richiesti. Ma il 17 maggio la Commissione dirà la sua anche su altri capitoli: Roma è sotto esame per gli squilibri macroeconomici, idem per il piano nazionale delle riforme. Senza dimenticare che dovrà essere sciolto il nodo legato agli investimenti non fatti nel 2016, una mancanza che potrebbe costare la perdita della flessibilità ottenuta lo scorso anno. E, nel caso peggiore, una procedura.