Cosa non si conosce dei bandi di collaborazione con Israele. E poi c’è il caso del vasto mondo di «giustificazionisti» che dicono – a riguardo di quanti protestano – «esagerano ma bisogna capirli»
Le manifestazioni contro il bando di collaborazione con Israele stanno portando a occupazioni violente di rettorati e pressioni sui senati accademici degli atenei. Il bando è scaduto ad aprile, ma le manifestazioni continuano. Alcuni coraggiosi atenei hanno resistito, altri hanno capitolato
Queste manifestazioni sono ignoranti, portate avanti da ignoranti e sono spesso dibattute in modo ignorante.:
Ignoranza numero 1. I manifestanti non sembrano al corrente che chi partecipa a un bando non è l’ateneo dove insegna e lavora il ricercatore ma il singolo ricercatore o team di ricerca. Per cui, anche se gli atenei italiani volessero bloccare un bando ( quello con Israele come quello con chiunque altro ) i loro ricercatori che lo vincessero non avrebbero difficoltà a trovare un altro ateneo, magari all’estero, per portare avanti la propria ricerca. Per questo, anche se in teoria un ateneo potrebbe dire a un ricercatore eccellente che vince il bando «non vogliamo che fai la ricerca nel nostro ateneo», nei fatti non lo farebbe nessun ateneo interessato alla propria eccellenza nella ricerca.
Ignoranza numero 2. Nel caso specifico del bando di collaborazione tra ricercatori italiani e israeliani, chi manifesta ignora che queste scelte portano a un danno e a perdite di opportunità per gli atenei italiani, per i loro ricercatori e anche per il nostro Paese. Il bando in questione prevede tre aree: A) tecnologie per il «suolo sano», (in gran parte pratiche agricole sostenibili, come per esempio irrigazione innovativa); B) tecnologie per l’acqua; C) ottica di precisione. Tutte aree cruciali per il nostro sviluppo economico sostenibile e dove Israele è un’eccellenza tecnologica universalmente riconosciuta. Il riscaldamento globale rischia di desertificare metà del nostro Paese, che purtroppo ha un sistema idrico che «fa acqua» da tutte le parti — siamo i campioni d’Europa per le perdite ( 40 % ) e per il bassissimo utilizzo delle acque reflue ( 2% contro il 17 % della Spagna). Israele utilizza invece il 97 % delle sue acque reflue e ha inventato la irrigazione goccia a goccia. La terza area del bando è l’ottica di precisione che ha un ruolo essenziale per migliorare la nitidezza delle immagini. È un’importante area di innovazione per il nostro settore biomedicale e per la nostra chirurgia dove Israele ha sviluppato tecnologie avanzate per l’imaging di tessuti biologici e sistemi di guida per interventi chirurgici minimamente invasivi.
Ignoranza numero3. Gli studenti contestatori si oppongono al «dual use» della tecnologia (le stesse tecnologie possono servire per utilizzi civili e militari)che li porta a preoccuparsi che la ricerca possa servire a finanziare la tecnologia israeliana che poi la utilizza per il presunto genocidio dei palestinesi. Purtroppo ignorano che la ricerca accademica è generalmente accessibile a chiunque perché gli istituti di ricerca pubblicano i risultati delle loro ricerche in riviste scientifiche peer-reviewed (riviste da altri scienziati ) e le presentano a convegni pubblici. Per cui vengono poi utilizzate da chiunque, incluse le applicazioni militari. Per esempio, le tecnologie di base dei droni come la stabilizzazione di volo, i sensori di imaging e i sistemi di controllo sono state sviluppate a MIT, Berkeley, Università della Pennsylvania. Opporsi al dual use vuole dire essenzialmente opporsi a qualunque ricerca e tornare al medioevo.
È triste vedere che i templi della sapienza diventano teatri dell’ignoranza . Ma è anche triste che divengano teatri del risveglio delle discriminazioni. Un senato accademico, esausto dopo 5 ore di discussione con gli studenti, ha definito «inopportuna» la partecipazione al bando da parte dei suoi ricercatori perché «Israele è un Paese in guerra (con Hamas )», mantenendo però collaborazioni con la Turchia che bombarda i curdi in territorio siriano . Il che equivale inequivocabilmente ad applicare due pesi e due misure quando c’è di mezzo Israele.
Il vero problema non sono però i pochi manifestanti violenti e ignoranti, ma il vasto mondo di «giustificazionisti» (che purtroppo comprendono molti docenti) che dicono «esagerano ma bisogna capirli».
Sono loro i veri responsabili di quanto sta accadendo.