Fonte: La Repubblica
di Piera Matteucci
Il candidato premier per il Movimento 5 stelle attacca gli avversari, elencando sul blog i candidati del Pd e del centrodestra che sarebbero coinvolti in vicende giudiziarie: “Devono sparire dalle liste”. L’ex presidente del Consiglio: “Smetti di scappare e facciamo confronto serio”
È un botta e risposta a suon di post e accuse pesanti tra M5s e Pd quello che infiamma la giornata politica. A dare il via allo scontro a distanza è il candidato premier del Movimento 5 stelle, Luigi Di Maio, che fa nomi e cognomi. Sul blog del movimento, snocciola una lista dettagliata dei candidati del Partito Democratico e del centrodestra che sarebbero coinvolti in vicende giudiziarie e, dunque, ‘impresentabili’. L’attacco del candidato M5s arriva in risposta a Matteo Renzi, che aveva parlato degli impresentabili pentastellati presenti nelle liste per le prossime elezioni: “Ieri ho sentito dal segretario del Pd Matteo Renzi”, ha esordito Di Maio, “un’affermazione infamante del Movimento 5 Stelle: ha infatti detto che abbiamo candidato degli impresentabili nelle nostre liste. Siamo, invece, una forza politica che non solo vieta ai condannati di entrare nelle loro liste, ma anche in molti casi ai semplici indagati. Questo signore gli impresentabili li ha candidati lui”.
La replica del segretario arriva su Facebook: “Di Maio in difficoltà fa sempre la stessa cosa: attacca me e il PD. E sempre con la solita mossa: il ritornello dei candidati impresentabili”, scrive Matteo Renzi, che questa volta dice di voler replicare punto per punto alle accuse perché, dice, “le bugie hanno le gambe corte”.
Ma lo scontro non si ferma: in serata da Nuoro la reazione ancora più aspra del capo politico M5s: “Renzi ci dice che noi abbiamo candidato nelle nostre liste un amico degli Spada. Rispondo io: ma lo dici proprio tu che hai preso i soldi da Buzzi e da Mafia capitale per le elezioni?”. Il riferimento è a una cena del Partito democratico alla quale partecipò anche il presidente della cooperativa ’29 giugno’.
L’ATTACCO M5S
A prendere per primo la parola in giornata è Di Maio, che sul web scandisce una serie di nomi di “veri impresentabili” che, sospiene “devono sparire dalle liste”, a partire dal presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, “indagato a Pescara e all’Aquila in un’inchiesta sugli appalti regionali”, proseguendo poi con il capolista del Pd al collegio plurinominale del Senato in Liguria, “coinvolto nella vicenda dei rimborsi regionali”, così come altri quattro candidati nel Lazio. Di Maio ha poi elencato altri tre candidati in Calabria, “rinviati a giudizio nel luglio scorso” e un altro imputato a Roma in un processo “per una storia falsi appalti pubblici”.
Nella lista, anche l’assessore regionale all’agricoltura del Molise, “indagato nell’ambito di un’inchiesta sui Progetti edilizi unitari”. Una ‘menzione speciale’, il leader del M5s l’ha dedicata alla sua regione, la Campania, citando “De Luca junior candidato a Salerno” ma, ha spiegato, “siccome segue le orme del padre non solo per quanto riguarda la carriera politica, imputato per bancarotta fraudolenta”. Di Maio ha proseguito con il sottosegretario ai Trasporti, Umberto Del Basso De Caro, indagato per “tentata concussione”, passando quindi per Franco Alfieri, sempre in Campania, “quello che prometteva fritture in cambio di voti con la benedizione del governatore campano”.
Alla fine del lungo elenco, il ministro Luca Lotti che, ha ricordato Di Maio, “è indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreto istruttorio nel caso Consip”.
Nessuno sconto neanche per esponenti del centrodestra perché, ha aggiunto Di Maio, “fanno a gara tra di loro sugli impresentabili”. Tra loro, oltre a Luigi Cesaro, c’è “Antonio Angelucci, premiato per la sua assidua presenza in Parlamento (99.59% di assenze) e per i risultati – scrive il leader M5S – sul fronte giudiziario con una condanna in primo grado a un anno e 4 mesi per falso e tentata truffa per i contributi pubblici percepiti tra il 2006 e il 2007 per i quotidiani ‘Libero’ e ‘il Riformista’; oltre un indagine in corso in merito a un’inchiesta sugli appalti nella sanità della procura di Roma. Per lui il posto di capolista alla Camera nel Lazio”.
E poi Ugo Cappellacci e Michele Iorio, ma anche Umberto Bossi “condannato a 2 anni e 3 mesi per aver usato i soldi del partito, quindi “provenienti dalle casse dello Stato” a fini privati” e Formigoni “condannato per corruzione a sei anni e imputato in altri processi: è candidato al Senato come capolista nella formazione del centrodestra ‘Noi con l’Italià in Lombardia”.
CE N’È ANCHE PER LA STAMPA
Non solo gli avversari politici entrano nel mirino di Di Maio. Duri attacchi il candidato pentastellato riserva anche alla stampa: “Tutti i giornali italiani per giorni hanno sbattuto in prima pagina tutta la vita di Emanuele Dessì, cittadino incensurato candidato al Senato con il MoVimento 5 Stelle” e che ha accettato – ricorda Di Maio – di rinunciare al seggio, mentre sul capolista Giggino ‘a purpetta, esponente del centrodestra, hanno “osservato un omertoso silenzio, un insulto ai lettori”, accusa.
LA REPLICA DI RENZI
Il primo punto che il segretario del Pd mette nero su bianco è quello che riguarda Dessì: “Chi in Lazio vota per il Movimento Cinque Stelle vota uno scroccone, amico del clan Spada. Punto. Qualcuno può smentire? No, nessuno”, si legge nel post, nel quale Renzi ricorda i motivi per i quali il candidato pentastellato è al centro delle polemiche (“Questo signore è molto vicino agli Spada, di Ostia (ricordate la testata di Spada che spaccò il naso al giornalista Piervincenzi a novembre?) ed è coinvolto in quella che i grillini chiamano “scroccopoli”, vale a dire il problema delle case pubbliche pagate poco, 7 euro al mese”). Per l’ex premier, “impresentabile rimane Dessì, per le sue amicizie. Anche se non ha avvisi di garanzia. Talmente impresentabile che se ne vergognano anche i Cinque Stelle. Ok, è chiaro: Dessì vi mette in imbarazzo. E siamo pronti a non parlarne se questo vi fa stare più tranquilli. Possiamo fare politica, adesso?”.
Ma Renzi non si ferma qui: ribadisce all’avversario qual è la differenza tra ‘indagato’ e ‘condannato’: “Caro Di Maio, quello che ancora non hai capito è che un avviso di garanzia non è una condanna. Non si diventa ‘impresentabili’ per un avviso di garanzia o per essere indagati. Perché altrimenti per voi sarebbe un dramma. Perché tu, caro Di Maio, sei stato indagato. Perché il sindaco di Torino Chiara Appendino è indagata per omicidio colposo e falso. Perché il sindaco di Livorno Filippo Nogarin è indagato per omicidio colposo.
Perché il sindaco di Roma Virginia Raggi non è solo indagata, ma direttamente a processo per falso. E perché da Bagheria alla Sardegna sono numerosi i sindaci a cinque stelle indagati”.
Poi l’affondo finale, con l’invito all’aspirante premier M5s a non fuggire più a confronti con gli avversari: “Di Maio è un aspirante leader politico che vorrebbe confrontarsi con Trump e con Putin e che non trova ancora il coraggio di fare un dibattito con me o con Salvini. Caro Di Maio, lascia stare le liste di presunti impresentabili: presentati tu, a un dibattito tv, se trovi il coraggio di non fuggire come hai fatto fino ad oggi. Con i Cinque Stelle vorremmo discutere di vaccini, di come creare lavoro altroché reddito di cittadinanza e assistenzialismo, di Europa, di grandi eventi come l’Expo, di Venezuela e di periferie. Vorremmo un dibattito politico alto. Caro Di Maio, quando avrete finito con il fango, ci troverete qui, al solito posto. Perché noi non scappiamo, noi”.
SENZA ESCLUSIONE DI COLPI
Di Maio non ci sta e rincara la dose contro il segretario Pd anche su Facebook: “Proprio lui, che è segretario di un partito che in 4 anni ha ricevuto 9 milioni di euro di finanziamenti che nessuno sa da dove vengono (da gente come Buzzi?). Lui che ha spifferato a De Benedetti il decreto sulle popolari che ha permesso all’editore di Repubblica un plusvalore di 600.000 euro alla faccia dei risparmiatori sul lastrico. Lui che non ha detto una parola sui candidati impresentabili del suo vero alleato Berlusconi. Non una parola su Giggino a purpetta, ex autista del boss che ha fondato la nuova camorra organizzata, indagato per voto di scambio in riferimento alle ultime elezioni regionali e per minacce a pubblico ufficiale aggravato dalla finalità mafiosa: avrebbe fatto pressioni su una funzionaria del comune di Marano, che si occupava dei controlli su opere costruite dall’impresa di Aniello e Raffaele Cesaro, suoi fratelli. Ci risparmi le sue parole gonfie di retorica e ipocrisia. Ci dica quanti soldi gli ha dato Buzzi dei 9 milioni di euro arraffati dal Pd che non hanno un nome e un volto e ritiri gli impresentabili”.