Fonte: La Repubblica
di Pietro del Re
Con la finanziaria per il 2018 presentata, parte la soppressione di parte dell’Isf, l’imposta sulle grandi fortune, che d’ora in poi tasserà soltanto il patrimonio immobiliare dei francesi più danarosi ma non i guadagni sugli investimenti, anche se stratosferici
“Macron, l’eroe dei ricchi”, titolava giovedì scorso il quotidiano Libération. Da allora, per la stampa francese, così come per i suoi principali oppositori, il capo dello Stato è diventato il “presidente dei miliardari”, lo “sceriffo di Nottingham”, il “boss del Capitale” e via elencando. In realtà, lo slogan che avrebbe governato dalla parte dei più abbienti è stato urlato dai suoi avversari politici durante tutta la campagna elettorale delle ultime presidenziali, soprattutto per via del suo curriculum, in cui figurano i quattro anni in cui lavorò per la Banca Rothschild prima di diventare vice segretario generale della presidenza della repubblica e poi ministro dell’economia e delle finanze di François Hollande. Ma si trattava di una mezza calunnia perché nulla nel suo programma era dichiaratamente a favore di una politica pro-capitalistica, e perché da Rothschild, dove nel 2010 Macron fu promosso associato, non entrò come “banchiere” come sostengono in molti, usando quel sostantivo nell’accezione peggiore del termine, bensì come impiegato.
Adesso però, con la finanziaria per il 2018 presentata al termine dell’ultimo Consiglio dei ministri di mercoledì scorso, potrebbe avere qualche difficoltà a scrollarsi di dosso l’etichetta di “presidente dei ricchi”. Anzitutto per via della soppressione di parte dell’Isf, l’imposta sulle grandi fortune, che d’ora in poi tasserà soltanto il patrimonio immobiliare dei francesi più danarosi ma non i guadagni sugli investimenti, anche se stratosferici, né quei segni esteriori di ricchezza quali possono essere panfili, gioielli, diamanti, lingotti d’oro, auto di grossa cilindrata, cavalli da corsa o jet privati. Il leader della France Insoumise Jean-Luce Mélenchon, che si considera il suo principale oppositore autodefinendosi il “difensore del popolo”, l’ha subito definito il “presidente degli oligarchi”, mentre per i socialisti con questa finanziaria Macron s’appresta a condurre “una politica delle ineguaglianze”. La stessa Martine Aubry, ex ministra e sindaca socialista di Lilla dal 2001, di solita moderata nei termini, l’ha chiamato “reaganiano” e “tatcheriano”. Ora, se fino ad oggi le entrate dell’Isf erano pari a circa 4 miliardi, dall’anno prossimo si ridurranno 850mila euro. Come spiegare questa scelta che parrebbe destinata soltanto a blandire i Paperon de’ Paperoni d’Oltralpe? A difendere la sua finanziaria, c’ha provato lo stesso Macron venerdì scorso, alla fine del summit europeo di Tallinn.
«La soppressione di parte dell’Isf è necessaria a rilanciare gli investimenti in Francia, facendo rientrare tutti quei talenti che hanno guadagnato tanti soldi e che hanno deciso di espatriare per non pagare le tasse da noi. E’ un profondo cambio di filosofia, perché la nostra riforma fiscale farà aumentare l’occupazione».
E’ vero, l’Isf ha provocato la fuga all’estero di molte fortune (soprattutto nel Principato di Monaco e in Portogallo) e la sua parziale abrogazione potrebbe rivelarsi un efficace rimedio contro l’esilio fiscale. La speranza è anche quella di dare un colpo di frusta all’economia, mettendo in moto i troppi capitali “dormienti” del Paese. In quest’ottica, più che a scelte ideologiche, la politica del presidente francese sembra piuttosto improntata a quello che lui stesso chiama “l’efficacia economica”, anche se secondo un recente sondaggio, il 53% dei francesi è più che mai convinto che l’operato del governo Macron sia più favorevole ai ricchi che agli altri.
L’errore o meglio l’ingenuità del giovane presidente è di non spiegare fino in fondo le sue mosse, di andare avanti a testa bassa in un Paese che è profondamente conservatore e che quindi teme e combatte ogni riforma, con il risultato di attirarsi gli strali dei suoi nemici e di perdere la fiducia dei francesi (anche se dopo essere precipitata fino al 37%, in queste ultime settimane la sua popolarità ha guadagnato 5 punti percentuali). Fatto sta che la sua ultima decisione è una scommessa sul futuro, nel senso che non è detto che funzioni. Perciò come fa l’Economist di questa settimana, bisogna riconoscergli una buona dose di coraggio, perché per avere i primi risultati di questa politica fiscale bisognerà aspettare diversi mesi e forse qualche anno. Riuscirà nel frattempo Macron ha togliersi l’odiosa maschera dello sceriffo di Nottingham?