22 Dicembre 2024
Francia Macron

Il presidente in tv rilancia e prende tempo per il nuovo premier: «Nei prossimi giorni»

«Non mi dimetto, restano 30 mesi prima delle prossime presidenziali, usiamoli al meglio». Inscalfibile, refrattario a qualsiasi brivido di autocritica, Emmanuel Macron si è rivolto ai francesi ieri sera alle 20 per dire che «non mi prenderò certo le responsabilità degli altri»: gli altri sono soprattutto il Rassemblement national e il Nouveau Front Populaire, l’estrema destra e la sinistra che hanno votato assieme per fare cadere il governo di Michel Barnier a soli 90 giorni dal suo insediamento, e che secondo lui sono colpevoli del caos politico in cui versa la Francia.
Il presidente non ha offerto il nome del sostituto di Barnier, 24 ore non sono state sufficienti — come era prevedibile — a trovare un nuovo primo ministro, quando per scovare l’ipotesi Barnier c’erano voluti 51 giorni. Macron ha voluto prendere la parola a reti unificate soprattutto per tornare al centro della scena, dopo qualche faticosissima settimana passata a esercitarsi nella prova per lui più difficile, ovvero stare un passo indietro e lasciare lavorare il premier Barnier, specie nelle difficili e poco eccitanti questioni interne: le dinamiche parlamentari, le concessioni da fare a Marine Le Pen, il buco in bilancio da colmare e la finanziaria «lacrime e sangue» da approvare entro la fine dell’anno.
In questi giorni Macron si era talmente allontanato dai giochi parlamentari che la crisi lo ha colto in Arabia saudita, dove era andato in visita di Stato per incontrare il principe Mohammed bin Salman e discutere di Libano, Israele, Gaza e forniture di armi. È atterrato a Parigi lunedì sera, e un quarto d’ora dopo il governo è caduto. Il presidente è tornato al centro della scena, quindi, lodando il senso dello Stato di Michel Barnier, che a settembre a 73 anni era uscito da un confortevole ritiro per tentare di guidare la Francia fuori dal pantano. Ma soprattutto, Macron è andato in televisione per assumere uno dei toni che gli riesce meglio, quello del padre benevolo, sì, ma pronto a sgridare i figli quando hanno davvero esagerato.
E stavolta è davvero arrabbiato con quello che lui chiama il nuovo «fronte anti-repubblicano», i partiti che hanno fatto cadere Barnier e lasciato la Francia senza governo e senza legge di bilancio, tra i quali c’è il Partito socialista. Verso i socialisti Macron esibisce una delusione speciale: hanno tradito anche loro, proprio loro, «che fino a pochi anni fa avevano importanti ruoli di governo». Cioè la presidenza della Repubblica (François Hollande), il posto di primo ministro (Manuel Valls) e degli altri ministeri: fu Macron a cacciarli dai palazzi del potere con il blitz stupefacente del 2017, ed è con una soddisfazione particolare che lunedì Hollande tornato deputato e gli altri socialisti hanno votato contro Barnier e, almeno indirettamente, contro Macron
Il presidente dice che nei prossimi giorni nominerà un nuovo premier per un governo «d’interesse generale» che persegua il bene della Francia e sia espressione di «una nuova era» fatta di «unione, non divisione», «speranza, non angoscia». Un discorso come sempre formalmente perfetto, benché certo non originale. Nel mondo macroniano, tutte le frasi funzionano e sono messe al posto giusto. Ma appena si esce dalla sua logica, «arrivano le crepe». «Macron è la causa del problema e finirà per andarsene spinto dalla forza degli eventi», commenta Jean-Luc Mélenchon, il leader della sinistra radicale della France Insoumise che è il più determinato a pretendere le sue dimissioni. «Tra un mese o forse due anche Marine Le Pen si arrenderà al fatto che non ci sono altre soluzioni, Macron deve andarsene».

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