Fonte: La Stampa
Emmanuel Macron conquistato l’Eliseo porta a casa anche l’Assemblée Nationale, con una maggioranza di almeno 350 seggi (dato non definitivo). Dopo la valanga di una settimana fa, però, i francesi gli impongono una correzione e lasciano in vita gli altri partiti. Battuti e divisi, i Republicains restano in piedi con oltre 100 deputati. Numeri mai visti prima per l’astensione, ormai al 56%. I socialisti sono decimati ma non scompaiono come si temeva. Nel nuovo emiciclo ce ne saranno una cinquantina, ma il segretario Jean-Christophe Cambadelis non ha atteso neppure le prime proiezioni per dimettersi.
Marine le Pen – nonostante il Front National non conquisti neppure i 15 deputati necessari (dovrebbero essere sei-sette) per formare un gruppo parlamentare, che aveva annunciato come obiettivo – riesce laddove per due volte aveva fallito, ed entra in Parlamento insieme con il compagno, Louis Aliot. Resta fuori il suo avversario interno, il vicepresidente Florian Philippot, battuto in Moselle. L’impresa di formare un gruppo riesce invece ai radicali di gauche di Jean-Luc Melenchon, che avranno una trentina di rappresentanti. Invertita – a basse quote – la tendenza delle presidenziali, con i socialisti a circa 50 seggi, decisamente avanti alla France Insoumise.
Un esercito di debuttanti
Dai ranghi di En Marche! si era auspicata una vittoria ampia (la maggioranza assoluta scatta a 286) ma non schiacciante, così da evitare al neonato movimento – che presenta un esercito di debuttanti in Assemblée Nationale – di avere fra i propri seggi troppi politici completamente privi di esperienza. Come ha subito sottolineato – in pieno stile Macron – il portavoce del governo e ministro dei rapporti con il Parlamento, Christophe Castaner, «oggi non è una vera vittoria. La vera vittoria sarà tra 5 anni, quando le cose saranno davvero cambiate per la Francia». Il primo ministro, Edouard Philippe, ha osservato che «i francesi hanno preferito la speranza alla rabbia».
Jean-Christophe Cambadélis si dimette
Dopo il risultato delle elezioni il segretario generale del Partito Socialista francese, Jean-Christophe Cambadélis, ha annunciato le dimissioni. «Malgrado un’astensione allarmante, il trionfo di Emmanuel Macron è incontestabile» ha detto Cambadélis, riconoscendo «la sconfitta della sinistra», sottolineando che occorre dare il via a «un nuovo ciclo», che abbia al centro «stato sociale e l’espansione di libertà individuali».
Il peggior risultato nella storia neogollista
A destra, i Républicains hanno tenuto e non è un risultato da sottovalutare, visto che il partito era distrutto nell’immagine dalla vicenda del candidato all’Eliseo Francois Fillon e al suo interno dalle «incursioni» di Macron, che ha portato alla guida del governo proprio Philippe e a due ministeri chiave altri importanti dirigenti della destra, Bruno Le Maire e Gerard Darmanin. Il risultato di stasera è il peggiore nella storia neogollista ma il leader temporaneo – in attesa di congresso – Francois Baroin, ha proclamato che i Republicains sono «la prima opposizione».
Battagliero e fiero di poter annunciare la formazione di un gruppo parlamentare «France Insoumise», Melenchon si è autoproclamato «opposizione sociale in Parlamento».
Solo il 57% alle urne
Secondo i dati solo il 57 per cento degli elettori è andato oggi a votare. «L’astensione non è mai una buona notizia per la democrazia. Le cause sono diverse e dovremo analizzarle tutte» ma «il governo la interpreta come compito di dovere portare a termine il suo programma». Così il premier francese, Edouard Philippe, parlando dopo la diffusione dei primi dati relativi al secondo turno delle legislative francesi. Poco prima il leader della France insoumise, Jean-Luc Melenchon, aveva definito «l’astensione schiacciante una buona notizia» con un «significato politico e offensivo, cioè che il nostro popolo è entrato in una forma di sciopero generale civico».