Hackeraggi e sabotaggi da parte di Mosca ma la presidente uscente vince grazie al voto della diaspora
Maia Sandu stavolta accoglie la vittoria quasi in punta di piedi. Prima di rivendicare la riconferma per un secondo mandato alla presidenza della Moldova aspetta che il distacco sia oramai incolmabile: il 54,6% dei voti contro il 45,4% del suo rivale, l’ex procuratore generale Alexandr Stoianoglo, il candidato dei socialisti filorussi accusato di essere “il cavallo di Troia del Cremlino” o “l’uomo di Mosca”. «Oggi, cari moldavi, avete dato una lezione di democrazia. Nella nostra scelta per un futuro dignitoso, nessuno ha perso», dice la 52enne europeista. A premiarla ancora una volta è stata la diaspora che si è mobilitata in massa con oltre 320mila voti contro i circa 250mila del primo turno e ha portato l’affluenza a superare il 54%. Anche due settimane fa, del resto, era stato il voto estero a garantire una seppur risicata vittoria del “sì” al referendum sull’adesione alla Ue che si era tenuto in concomitanza col primo turno delle presidenziali.
Lo scontro è stato ancora una volta serrato. Un altro voto presentato come un referendum tra Russia e Ue e osservato con attenzione da Bruxelles sulla scia della sconfitta dell’opposizione pro-Ue alle parlamentari in Georgia, altra ex Repubblica sovietica a un bivio. «Benché la presidenza abbia poteri limitati, potrebbe dare il tono alle parlamentari del 2025 che determineranno se la Moldova proseguirà i negoziati di adesione alla Ue avviati in estate», spiega a Repubblica l’ex pugile olimpico, oggi storico e parlamentare, Octavian Ticu. Per contrastare la compravendita di voti registrata il 20 ottobre grazie ai soldi dell’oligarca in esilio Ilan Shor, Sandu aveva intensificato la sua campagna sui social e nei villaggi. E la polizia aveva avvertito tramite sms e altoparlanti nei supermercati: «Se vi viene offerto denaro per votare, rifiutate».
La giornata elettorale è stata comunque contrassegnata da quella che Stanislav Secrieru, consigliere presidenziale per la Sicurezza, definisce «una massiccia interferenza della Russia»: cyberattacchi per sabotare le comunicazioni tra i seggi esteri e Chisinau; falsi allarmi bomba per interrompere il voto in Germania e nel Regno Unito, persino anonime minacce di morte agli elettori. E infine «trasporti organizzati» della diaspora filorussa: voli da Mosca, Minsk, Baku e Istanbul, ma anche bus dalla Transnistria separatista. Sandu era comunque rimasta positiva: «I ladri vogliono comprare i nostri voti e il nostro Paese, ma il potere del popolo è infinitamente superiore», aveva detto al seggio.
Sarebbe tuttavia riduttivo dare la colpa del testa a testa soltanto ai soldi di Shor. La Moldova è un Paese polarizzato: da un lato, la capitale Chisinau e la diaspora impegnate per la causa europea; dall’altro, le zone rurali e due regioni, la separatista Transnistria e l’autonoma Gagauzia, rivolte verso Mosca. Una frattura acuita dalla crisi economica. «La percentuale di popolazione pro-Ue è diminuita negli ultimi anni dopo i fallimenti del governo europeista nella lotta alla povertà e nella riforma della giustizia», ammette Ticu. Degli 11 sfidanti di Sandu al primo turno, Ticu è stato l’unico ad averla appoggiata. Tutti gli altri si sono coalizzati con Stoianoglo. Non è bastato. Ma le divisioni restano. Sandu lo sa e promette: «I prossimi quattro anni sarò la presidente di tutti».