16 Settembre 2024
Fibra telecomunicazioni 1

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Banda ultralarga: l’intreccio di bandi: cinque in scadenza in meno di un mese, ma il settore non è pronto. Anie: mancano 20mila addetti alle reti

È forse l’ingorgo più rischioso del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Con le due gare per il 5G appena pubblicate, per la banda ultralarga risultano ufficialmente aperti cinque bandi per un importo complessivo di circa 6,2 miliardi. Una sesta procedura, riservata alla copertura delle isole minori, si è chiusa il 18 marzo con una sola offerta (in campo Prysmian) dopo che la prima edizione era andata deserta.

Il rischio di ingenti risorse ma il sistema non riesce ad assorbirle
Il pericolo concreto, sentendo le difficoltà manifestate dalle imprese coinvolte, è di avere una grande iniezione di risorse in un sistema che non è in grado, per mezzi e persone, di assorbirli. La straordinaria carenza di manodopera, quantificata dalle aziende della federazione Anie in 20mila addetti, l’inflazione che impatta sui listini e le regole stringenti dei bandi scoraggiano le compagnie meno strutturate. Un quadro che potrebbe anche far vacillare la conclusione dei lavori entro il 30 giugno 2026, eventualità che il governo e Infratel, la società pubblica che gestisce le gare guidata da Marco Bellezza, sembrano aver preventivato visto che le penali coprono anche il caso di uno slittamento al 2027 e addirittura al 30 giugno 2028, quindi due anni oltre la scadenza inserita nei bandi sulla base degli impegni assunti con la Commissione Ue sul Piano di ripresa.

Il gap di manodopera
La gara principale, per la banda ultralarga su rete fissa e tecnologia radio Fwa a 1 Giga, prevede offerte fino al 31 marzo, mentre si chiuderanno il giorno prima i termini delle procedure per la connessione di scuole e strutture sanitarie. Il 27 aprile è l’ultimo giorno per partecipare alle due gare sulla rete mobile 5G. Nel caso del progetto “1 Giga” è scontata la partecipazione di Tim (per la parte di rete primaria)-Fibercop (rete secondaria) e di Open Fiber cui potrebbero aggiungersi operatori radicati su determinate regioni. Tim-Fibercop e Open Fiber scenderanno in campo da concorrenti ma, se si concretizzerà il merger in una rete unica, le regole del bando consentiranno che la nuova società erediti in blocco impegni e contributi pubblici in caso di aggiudicazione da parte dei due soggetti di partenza.

Il nodo della pianificazione degli investimenti e dei contratti ai fornitori
C’è da dire anche che l’intreccio dei bandi con tappe intermedie e scadenze dei cantieri spesso coincidenti non facilita la pianificazione degli investimenti e dei contratti ai fornitori. Nella stessa regione un pezzo di rete previsto dal bando sulle aree grigie potrebbe essere fatto da un system integrator, il collegamento per le scuole da un altro e quello per gli ospedali da una terza compagnia ancora. Un disegno che sembra poco organico o che comunque mette società a corto di manodopera ancora più in difficoltà. Si calcola che a fronte di una media di 3 milioni all’anno di unità immobiliari raggiunte in fibra ottica, un livello tenuto fin qui con grande fatica dagli installatori, si dovrà passare a 4 milioni considerando anche le aree del paese non sussidiate da fondi pubblici. Un ritmo difficile da mantenere. Il gruppo di imprese system integrator-reti Tlc della federazione Anie stima che, a seguito dei bandi Pnrr, ci sarà la necessità di impiegare circa 20mila risorse aggiuntive, tra progettisti, addetti agli scavi, alla posa e alla giunzione delle fibre ottiche, antennisti e tecnici specializzati nell’integrazione delle stazioni radio base. Tutto questo in un comparto che già allo stato attuale presenta una crisi di manodopera. Per Anie, che chiede ai ministeri competenti di aprire un tavolo, si sta parlando «di investimenti che ad oggi non sono sostenibili perché la sola componente relativa ai mezzi necessari all’esecuzione delle opere ammonterebbe ad oltre il 10% del valore dei bandi, senza contare i costi connessi alla ricerca e alla formazione delle risorse umane» e, in assenza di norme chiare su possibili compensazioni, il colpo definitivo potrebbe arrivare dal rincaro delle materie prime.

Civici inesistenti e costi alti
Le attenzioni maggiori sono puntate sul maxi-bando da quasi 3,7 miliardi per collegare famiglie e imprese nelle aree grigie del Paese, quelle a situazione semiconcorrenziale. Bisogna connettere il 100% dei 6,9 milioni di indirizzi civici con velocità di almeno 1 gigabit al secondo, arrivando con un Roe (ripartitore ottico di edificio) nel caso di collegamento fisso e con un’antenna, nel caso di sistema radio Fwa, direttamente alla base dell’immobile o al limite della proprietà privata. Ma è un livello di performance che fa tremare gli operatori Fwa e in generale ha spinto tutti, anche Open Fiber e Tim, a chiedere una proroga dei termini, inizialmente fissati al 16 marzo. Sono nel frattempo piovute richieste di chiarimenti sul bando, anche perché i primi sopralluoghi hanno rilevato che diversi degli indirizzi civici messi a gara sono in realtà inesistenti o non presentano un’unità immobiliare da collegare. In altri casi bisogna raggiungere unità isolate in zone periferiche, anche residui della vecchia gara per le aree bianche a fallimento di mercato, e i costi si impennano.
In altre parole secondo gli operatori mettere a punto un business plan solido non è semplice. La gara a 1 Giga mette a disposizione fino al 70% di contributo pubblico. Ma a conti fatti i 3,65 miliardi messi a bando per 6,9 milioni di indirizzi da coprire producono un incentivo di circa 530 euro per singolo collegamento, un valore che alla lunga il mercato potrebbe ritenere insostenibile.

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