Fonte: La Repubbllica
di Annalisa Cuzzocrea
Vertice di maggioranza con Tria, Savona, Giorgetti e Castelli. Lega e M5S cominciano a delineare la manovra, ma è caccia alle risorse
Tra i nove e i dieci miliardi per far partire subito il reddito di cittadinanza. In cerca di quindici per la “flat tax”, o comunque gli sgravi fiscali, che dovrebbero cominciare gradualmente – da tre aliquote – per arrivare a due in cinque anni.
È l’esito del vertice sulla manovra che si è tenuto oggi pomeriggio, prima del Consiglio dei ministri, con il premier Giuseppe Conte appena tornato dalla sua visita ai terremotati di Ischia. La sottosegretaria all’Economia Laura Castelli ha portato un piano di 16-17 miliardi per realizzare la misura cardine del programma M5S. La trattativa col ministro dell’Economia e con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti – presente anche il ministro per gli Affari europei Paolo Savona – è stata serrata e ha portato a una cifra di 10 miliardi, con la quale il partito di Luigi Di Maio è comunque convinto di riuscire a far partire la misura.
Nei primi mesi del 2019 si dovrebbe cominciare con l’aumento delle pensioni minime, da circa 500 euro a 780 (la cifra del reddito di cittadinanza). Il costo sarebbe intorno ai due miliardi. Un altro miliardo e mezzo sarà impiegato per la riforma dei centri per l’impiego, contando anche su fondi europei. Poi, da maggio o al massimo da luglio (probabilmente partendo prima dalle famiglie più bisognose e estendendo poi a tutte le altre) arriverà il reddito di cittadinanza per 8 milioni di persone. Almeno, nelle intenzioni del Movimento 5 stelle.
Diego Piacentini, il commissario per l’attuazione dell’agenda digitale portato a Palazzo Chigi da Matteo Renzi, è stato incaricato di studiare forme di digitalizzazione per una migliore distribuzione della misura. Non una “card”, che ricorda troppo quella “social” di epoca berlusconiana ideata da Giulio Tremonti.
Sulle coperture, il ministro dell’Economia avrebbe trovato 2 miliardi e mezzo assorbendo una parte del reddito di inclusione targato pd. Le altre – oltre ai fondi europei – sarebbero quelle storicamente indicate dal M5S.
Sulla riforma della Fornero con la decantata quota 100, si pensa di riuscire a impiegare meno di 10 miliardi inserendo il limite d’età a 64 anni.
Resta comunque una manovra molto onerosa, considerando che oltre 10 miliardi (12,4) servono già per la sterilizzazione dell’Iva e che il responsabile dell’Economia continua a dire di non voler andare oltre l’1,6 per cento di rapporto deficit pil.
Il ministro Paolo Savona è convinto che si possa fare, perché il suo piano di investimenti farà aumentare – queste le speranze del governo giallo-verde – il prodotto interno lordo. Ma per ora, restano desideri.
Così, è difficile capire dove si andranno a trovare i 15 miliardi che la Lega vorrebbe per cominciare con gli sgravi fiscali. Di certo, per ora, ci sono solo gli aiuti alle partite Iva fino a 100mila euro. Sulle aliquote Irpef, invece, quello messo nero su bianco durante il vertice è un piano pluriennale. Che comincerebbe da tre aliquote: al 21 per cento dai 15mila ai 28mila euro; al 38 tra i 28mila e i 75mila; e al 43 per chi sta sopra quella cifra.
Gradualmente (in tre anni che potrebbero anche diventare cinque, visto che si tratta di una misura molto costosa) si vorrebbe invece arrivare a due aliquote, che si fermerebbero al 21 (da 15mila a 28mila euro) e al 33 per cento (dai 28mila in su).
La difficoltà a trovare le coperture, in questo senso, aumenterà ancora l’anno prossimo. Perché il condono che ora chiede la Lega, la pace fiscale con Equitalia, sarà una misura una tantum. Da cui il Carroccio si aspetta molto, ma che secondo le simulazioni dei tecnici che lavorano per il Movimento 5 stelle non porterà più di tre miliardi di euro.