18 Ottobre 2024
Giancarlo GIORGETTI

Il ministro dell’Economia annuncia una nuova stretta ma sulle modalità del contributo non ci sono ancora dettagli: ecco cosa potrebbe succedere dai ministeri alle banche

La manovra richiederà «sacrifici da tutti» perché rimettere a posto i conti pubblici, come esige Bruxelles, impone uno sforzo da parte di tutti, dai cittadini alle imprese, grandi e piccole. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, coglie al balzo l’occasione offerta da un’intervista rilasciata a Bloomberg per cominciare a mettere in fila i tasselli del prossimo bilancio. Ma le sue parole, per ora, hanno avuto un unico risultato concreto, quello di far sbandare la Borsa di Milano che chiude a -1,5%, la peggiore in Europa.

La precisazione di Giorgetti
Ma quali sono i settori che saranno chiamati a sacrificarsi? Giorgetti non fornisce indicazioni puntuali ma ci tiene a precisare che non sarà«la replica della discussione sugli extraprofitti delle banche», andata in scena lo scorso anno. Prima di tutto, extraprofitti «è un termine scorretto». Si deve parlare di «tassare i giusti profitti, gli utili», calcolati «in modo corretto». Nessun versamento volontario («le aziende non fanno beneficenza», taglia corto il ministro), ma la “stella polare” è l’articolo 53 della Costituzione secondo cui »tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva».

Le fibrillazioni dentro la maggioranza
Dal Mef, poi, spiegano che si chiederà uno sforzo alle imprese più grandi che operano in determinati settori in cui l’utile ha beneficiato di condizioni favorevoli esterne. Sulle modalità del loro contributo è in corso un confronto. «Niente nuove tasse», viene comunque messo in chiaro, anche perché qualche fibrillazione arriva da dentro la maggioranza, da Forza Italia, sempre contraria «ad innalzare la tassazione in Italia», chiarisce il suo portavoce, Raffaele Nevi, alla Lega che, per bocca di Matteo Salvini, ribadisce che «questo non è il governo delle tasse» ma auspica un «contributo volontario delle banche, che hanno fatto lo scorso anno 40 miliardi di utili».<

I settori al vaglio
Le banche sono da giorni sotto i riflettori e, nelle ultime ore, si sarebbe fatta strada l’ipotesi di un intervento sulle Dta (le imposte differite attive (le cosiddette Dta), ma c’è chi parla anche di una possibile mossa sulle stock option, che riguarderebbe però anche assicurazioni e altri settori. Di certo, per ora, non c’è nulla. Anche se il tam tam ha tirato in ballo anche la difesa e l’energia, che infatti soffrono a Piazza Affari. Per il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, «ci possono esser alcuni modi in cui contribuire alla situazione del debito pubblico senza avere impatti sui conti delle società» come ad esempio «lavorare sulle attività fiscali differite, fornire dei flussi di cassa al settore pubblico» ma anche mettere risorse a disposizione delle fasce più deboli o «aumentare i salari delle persone che lavorano» all’interno delle società che stanno generando «significativi profitti».

La discussione in Cdm
Poi c’è il capitolo, sempre caldissimo, dei tagli ai ministeri, tema che sarebbe stato evocato nel corso dell’ultimo Consiglio dei ministri. Secondo quanto riferito da diversi partecipanti Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti sarebbero infatti tornati a esortare i titolari dei dicasteri ad autodisciplinarsi con la spending review. Anche perché altrimenti, avrebbe ripetuto il ministro dell’Economia, toccheranno a tutti “tagli lineari”. Una nuova tornata di riduzione della spesa era ampiamente annunciata – è il nuovo parametro, peraltro, da rispettare per essere in linea con il nuovo Patto di stabilità Ue – e ora, a una decina di giorni da quando il governo dovrà mettere nero su bianco i numeri della manovra, anche definire questo capitolo diventa impellente.

La stretta sui ministeri
Dal nuovo round di tagli dovrebbero essere salvaguardati gli enti locali, che sono stati a via XX settembre anche venerdì scorso per perorare la loro causa, ben accolta, stando a loro, da Giorgetti. L’esenzione non vale però per i ministri chiamati a ridurre “sprechi” e “inefficienze”. Meloni si rivolge in particolare al neo arrivato al tavolo, Alessandro Giuli, da poche settimane ministro della Cultura e che si ritrova davanti alla sua prima legge di Bilancio. “Che te lo dico a fa’…” avrebbe scherzato in romanaccio la premier, che si è raccomandata comunque con tutti di procedere spontaneamente alla sforbiciata. “Volete aumentare le tasse o tagliare le spese? Meglio tagliare le spese…”, avrebbe sintetizzato Giorgetti.

Il passaggio sulle accise contenuto nel Psb
Un ulteriore terreno di frizione è poi rappresentato dal tema delle accise sui carburanti tanto che il governo è dovuto scendere in campo per fare chiarezza e spegnere le polemiche, dopo che un passaggio contenuto nel Piano strutturale di bilancio ha scatenato un’alzata di scudi generale, con gli autotrasportatori pronti a dare battaglia, i consumatori che gridano alla stangata e le opposizioni che rispolverano le promesse della premier in campagna elettorale. Il governo, in linea con il Pnrr e le raccomandazioni Ue, – spiega una nota del ministero dell’Economia – deve adottare misure per ridurre i sussidi ambientali dannosi e «in questo contesto, rientrano anche le minori accise che gravano sul gasolio rispetto a quelle sulla benzina».

Il gasolio nel mirino
Allo studio del Tesoro ci sarebbe un “meccanismo di allineamento”, ma, in ogni caso, «l’intervento non si tradurrà nella scelta semplicistica dell’innalzamento delle accise sul gasolio al livello di quelle della benzina, bensì in una rimodulazione delle due». Tra l’ipotesi di alzare le accise sul gasolio o abbassare quelle sulla benzina, si starebbe quindi ragionando, secondo quanto si apprende, su una soluzione intermedia che mantenga il totale delle accise per litro di carburante invariato.

Il fronte delle proteste
A innescare la scintilla è stato un passaggio del Psb in cui si indica, nell’ambito del riordino delle tax expenditures, «l’allineamento delle aliquote delle accise per diesel e benzina». Parole che hanno scatenato subito reazioni preoccupate. Dopo Assoutenti, che ha calcolato una stangata da 3,1 miliardi sugli automobilisti, ora il Codacons stima per le famiglie 7,5 miliardi di maggiori costi di rifornimento e rincari dei prezzi al dettaglio. Cresce l’agitazione tra gli autotrasportatori: dopo i chiarimenti chiesti da Fai Coftrasporto, Assotir si dice pronta “a dare battaglia” denunciando un “salasso” da oltre 350 milioni l’anno. Contrari sono anche Confcommercio e Faib Confesercenti. Soffia sul fuoco l’opposizione, che ricorda un video del 2019, durante la campagna elettorale, in cui proprio la premier Giorgia Meloni pretendeva che le accise venissero «progressivamente abolite».».

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