23 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

di Alessandro Barbera e Marco Bresolin

La lettera di Tria: nostre scelte difficili, ma necessarie. A Bruxelles non bastano le promesse sui futuri tagli

L’ora X è arrivata. Oggi alle 13 i commissari si riuniranno a Strasburgo per esaminare la manovra italiana e la respingeranno al mittente. Formalmente, la bocciatura si presenterà sotto forma di «opinione negativa» sul Documento programmatico di bilancio. Nel suo documento, limato fino all’ultimo, la Commissione scriverà di aver rilevato «un’inosservanza particolarmente grave degli obblighi di politica finanziaria definiti nel Patto di Stabilità e Crescita». È la prima volta che succede nella storia del Patto. Mai c’era stata una bocciatura-lampo nell’arco di due settimane. Ma è anche la prima volta che un governo sottopone alla Commissione un piano con una deviazione pari all’1,4% del Pil rispetto alle Raccomandazioni (adottate da tutti i governi).
La riunione settimanale dei capi di gabinetto dei commissari ha finalizzato il lavoro tecnico e oggi – salvo improbabili incidenti – ci sarà il via libera politico. La lettera di risposta ai rilievi della Commissione spedita ieri dal governo italiano – come ormai a Bruxelles era chiaro – non ha cambiato la situazione di una virgola. Suo malgrado Giovanni Tria si è trovato costretto a far sua una tesi che non condivide affatto: «Siamo coscienti di aver scelto un’impostazione della politica di bilancio non in linea con le norme del patto di stabilità e crescita. È stata una decisione difficile ma necessaria alla luce del persistente ritardo nel recuperare i livelli di crescita pre-crisi e delle drammatiche condizioni in cui si trovano gli strati più svantaggiati della società». A Bruxelles la promessa di introdurre tagli alla spesa in caso di deficit superiore all’obiettivo del 2,4 per cento è vissuta come una sorta di provocazione. E non solo perché le stime di crescita del governo (+1,5 nel 2019), sono in ogni caso gonfiate rispetto alle stime degli analisti. Per paradosso, promettere tagli in corso d’anno in caso di crescita fuori controllo del disavanzo confermerebbe in negativo le ragioni che hanno spinto il governo a non rispettare le regole europee.
La scorsa settimana Jean-Claude Juncker aveva chiesto e ottenuto il sostegno di tutti gli altri governi a margine del Consiglio europeo. Ieri è arrivato un invito fin troppo esplicito da parte di Sebastian Kurz: «La Commissione – dice il Cancelliere austriaco – deve respingere la manovra». L’esecutivo Ue dovrebbe rendere nota la sua decisione immediatamente, tra le 15 e le 15.30. Anche perché Moody’s si è già espressa sul rating italiano. E così, nel pomeriggio, da Strasburgo arriverà una richiesta molto chiara all’Italia: tre settimane di tempo per riscrivere la manovra. Il ministro Giovanni Tria dovrà dare una risposta entro il 13 di novembre. Ma già lunedì 5 sarà messo sulla graticola dai suoi colleghi che gli chiederanno spiegazioni al tavolo dell’Eurogruppo.
Scadute le tre settimane, la palla tornerà poi nel campo della Commissione, che dovrà valutare la risposta italiana (oppure, in caso di non risposta, far valere l’opinione negativa che sarà emessa domani). A quel punto verrà riscritto il rapporto sul debito che la Commissione aveva redatto in primavera e che aveva consentito al precedente governo di evitare una procedura sui conti del 2017 grazie ad alcuni «fattori rilevanti». Tra questi c’era «la conformità alle regole del braccio preventivo» del Patto di Stabilità. Venendo meno il rispetto di quelle regole, cadono anche le attenuanti. E così la Commissione – dopo un parere del Comitato Economico e Finanziario – potrebbe chiedere ai governi di aprire quella nel linguaggio delle regole Ue si chiama «procedura per disavanzo eccessivo» (Edp) per aver violato la regola del debito (non del deficit).
L’Italia finirebbe nel braccio correttivo del Patto di Stabilità. Il Consiglio (cioè gli altri governi) adotterebbe delle raccomandazioni, con un piano di rientro da mettere in pratica «entro un determinato periodo». L’Italia potrebbe essere chiamata a relazionare «secondo un calendario preciso». Diversamente scatterebbero le sanzioni. Tra queste ci sono una multa che può arrivare fino allo 0,5 per cento del Pil, la richiesta alla Banca europea per gli investimenti di chiudere i rubinetti verso il Paese in questione e il blocco dei fondi strutturali di investimento. Ci vorranno mesi per arrivare fin lì, ma in questo caso – più che l’atterraggio – è la caduta che rischia di creare problemi sui mercati. Molti problemi.

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