10 Novembre 2024

Fonte: Il Sole 24 Ore

di Marco Rogari e Gianni Trovati


L’ultimo vertice Ue è stato complicato, ma la partita sulla procedura d’infrazione resta aperta e guarda a un’altra data chiave: mercoledì 26 giugno, quando il consiglio dei ministri approverà l’assestamento da mandare a Bruxelles mentre la Commissione «raccomanderà» l’apertura della procedura verso l’Italia. Sui tavoli finiranno i numeri aggiornati della nostra finanza pubblica 2019. Ma gli occhi sono puntati sul 2020: quelli europei alla caccia di impegni tangibili sull’ulteriore riduzione del deficit e sul freno al debito, e quelli italiani alla ricerca di spazi per la manovra d’autunno. La conferma arriva direttamente dal vicepremier M5s Luigi Di Maio. «Chiederemo flessibilità per tagliare il cuneo fiscale», dice, e allo stesso obiettivo punta l’altro vicepremier Matteo Salvini per la flat tax. Ma è in realtà l’Iva il convitato di pietra della partita con la Ue. E i numeri spiegano che il suo esito peserà per almeno 10 miliardi su una legge di bilancio dalla cui agibilità dipende la sopravvivenza del governo.
Perché la colonna delle risorse da trovare punta dritto a quota 40-45 miliardi. Una manovra “monstre”, alimentata da 23,1 miliardi di aumenti Iva da fermare, 3 almeno di spese «indifferibili», 8 miliardi di ulteriore correzione del deficit (o almeno 6 per rispettare le indicazioni dell’ultimo Def) e 10 (nell’ultima “prudente” indicazione di Salvini) per avviare la Flat Tax: sul punto, Salvini ha però rincarato la dose aSky24, dicendo che «varrà almeno 15 miliardi», fondi che sono stati «già trovati». Chiudono i conti almeno 2-3 miliardi per altre misure, dal salario minimo alla riduzione del cuneo, agli interventi aggiuntivi che accompagnano ogni manovra.
Al Mef è già partita la caccia alle risorse per coprire almeno un tratto di questa lunga strada. Alla spending sarà affidato un obiettivo da almeno 4 miliardi, il doppio di quanto previsto ad aprile nel Def. Già questo indica che la dimensione del problema è ben chiara a Via XX Settembre, nonostante le minori spese di reddito di cittadinanza e quota 100 che l’anno prossimo dovrebbero raggiungere i 4-6 miliardi. In crescita sarebbero anche le maggiori entrate fiscali, spinte dalla fatturazione elettronica e dalle altre misure di lotta all’evasione. Ma per mettere in fila i 4-5 miliardi in più che guidano i primi conti si studia anche un ennesimo condono, a partire dall’integrativa speciale cara al Carroccio. Certo, enfatizzare il carattere strutturale dell’anti-evasione e rilanciare i condoni non è il massimo della coerenza: ma lo sforzo è grande e può aver bisogno di far convivere filosofie opposte.
C’è poi il dossier degli sconti fiscali da tagliare, con un intervento non proprio leggero: 4-5 miliardi. Si tratterebbe di un filotto di misure pesanti. Ma finora i miliardi raccolti (sulla carta) non superano i 20. Bisogna lottare ancora. L’allarme sullo stop all’aumento da 2 miliardi per il fondo sanitario 2020 è già scattato, per la clausola di salvaguardia nel Patto per la Salute. E saremmo a 22 miliardi. Inimmaginabile pensare che la fetta mancante possa essere tutta finanziata in deficit. Soltanto portando intorno a 10 miliardi la distanza che separa i 30 di entrate e gli almeno 40 da trovare sarebbe possibile intavolare un negoziato su nuovi spazi di flessibilità. Ma per sfruttare questa opportunità occorre evitare la procedura.

L’INTERVISTA / Tria al Sole 24 Ore: «No a nuovo deficit per tagliare le tasse»
Resterebbero da trovare non meno di 5-7 miliardi. E al cospetto del Governo si presenterebbe una via praticamente obbligata: l’aumento “parziale” dell’Iva. La maggioranza finora ha negato qualsiasi ipotesi di aumento. Ma è noto che a Via XX Settembre le simulazioni sulla rimodulazione delle aliquote sono più di una, e sono lette con attenzione dal ministro Tria. Anche al Mef si punta a ridurre il più possibile il peso dell’Iva nella manovra convogliando a quello scopo tutti i miglioramenti nei flussi di finanza pubblica. Ma una rimodulazione delle aliquote potrebbe rispuntare nelle fasi decisive del cantiere del bilancio. Anche perché ci sarebbe un vantaggio in più: ogni miliardo “vale doppio” in termini di coperture, perché oltre a far crescere la colonna delle entrate accorcia l’elenco delle voci da coprire. Prima però dovrà essere superato lo scoglio della procedura: una sua apertura ipotecherebbe infatti ogni possibilità di discussione sul deficit italiano. E renderebbe impraticabile la strada politica della manovra.
Che Salvini anche ieri ha chiesto di anticipare all’estate.

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