18 Ottobre 2024

Secondo quanto riferito da diversi partecipanti, durante il Consiglio dei ministri la premier e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sono tornati a esortare i titolari dei dicasteri ad autodisciplinarsi con la spending review

Ridurre le uscite «inutili». Anche perché sarà meglio «tagliare le spese» che «aumentare le tasse». Non c’è stato solo il decreto migranti nel menù del Consiglio dei ministri che si è riunito mercoledì 2 ottobre. Secondo quanto riferito da diversi partecipanti, la premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sono tornati a esortare i titolari dei dicasteri ad autodisciplinarsi con la spending review. Anche perché altrimenti, avrebbe ripetuto il ministro dell’Economia, toccheranno a tutti «tagli lineari». Una nuova tornata di riduzione della spesa era ampiamente annunciata – è il nuovo parametro, peraltro, da rispettare per essere in linea con il nuovo Patto di stabilità Ue – e ora, a una decina di giorni da quando il governo dovrà mettere nero su bianco i numeri della manovra, anche definire questo capitolo diventa impellente.

Il nuovo round di tagli
Dal nuovo round di tagli dovrebbero essere salvaguardati gli enti locali, che sono stati a via XX settembre anche venerdì scorso per perorare la loro causa, ben accolta, stando a loro, da Giorgetti. L’esenzione non vale però per i ministri chiamati a ridurre «sprechi» e «inefficienze». Meloni si rivolge in particolare al neo arrivato al tavolo, Alessandro Giuli, da poche settimane ministro della Cultura e che si ritrova davanti alla sua prima legge di Bilancio. “Che te lo dico a fa’…” avrebbe scherzato in romanaccio la premier, che si è raccomandata comunque con tutti di procedere spontaneamente alla sforbiciata. “Volete aumentare le tasse o tagliare le spese? Meglio tagliare le spese…”, avrebbe sintetizzato Giorgetti, che già in passato ha subito la processione di colleghi che tentavano di salvaguardare il più possibile il proprio budget. Da tempo nei ministeri sanno di non poter eludere il contenimento delle spese. Con questa giustificazione, ad esempio, a metà luglio al ministero della Giustizia – come si evince da un documento disponibile sul sito di via Arenula – davanti a una richiesta di tre frigobar (per circa 500 euro) si è autorizzato l’acquisto di uno soltanto.

Per ora individuate risorse per venti miliardi
La spending è solo una delle voci dell’elenco delle coperture per la manovra. Il puzzle non è ancora completo, ma con le risorse finora individuate il contatore sarebbe già più o meno a quota 20 miliardi. L’ultimo tassello è delineato nelle tabelle del Piano strutturale di bilancio: nel quadro programmatico (quello che tiene conto anche dell’effetto delle misure della legge di bilancio) il deficit del 2025 è fissato al 3,3%, mentre a legislazione vigente è pari al 2,9%: questi 0,4 punti di differenza, che equivalgono a circa 9 miliardi, sono la dote in deficit destinata a dare una mano alla messa a punto del capitolo coperture. Nel serbatoio delle risorse ci sono poi i circa 4 miliardi frutto dell’abrogazione dell’Ace (un’agevolazione per le imprese) e dell’introduzione della global minimum tax, che sono destinati a rifinanziare per un altro anno la nuova Irpef a tre aliquote.

La partita del concordato per le partite Iva
Si lavora anche ad estendere il taglio ai ceti medi, ovvero i dipendenti con reddito fino a 50-60mila euro, ma questo step dipende dall’esito del concordato per le partite Iva. Per aderire al patto biennale con il Fisco c’è tempo fino al 31 ottobre. Solo dalla spinta del ravvedimento speciale appena approvato il governo punta a racimolare almeno 1,5 miliardi.

Le tax expenditures
Ad arricchire l’elenco delle risorse a disposizione, oltre ai 2 miliardi attesi dalla spending review, c’è anche il lavoro in corso per sfoltire la selva delle tax expenditures. Un dossier complesso, aperto già lo scorso anno e che potenzialmente potrebbe fruttare fino ad un miliardo di risorse. L’obiettivo è un’attenta operazione di pulizia, ma senza toccare le detrazioni per spese mediche, casa e lavoro. Il tema è toccato anche nel Psb, che parla di «allineamento delle aliquote delle accise per diesel e benzina e/o politiche di riordino delle agevolazioni presenti in materia energetica». Aumentare le accise sul gasolio si tradurrebbe in un incasso per lo Stato intorno ai 3 miliardi, calcola Assoutenti, che grida alla “stangata” sugli automobilisti. Una ipotesi che agita anche la categoria degli autotrasportatori: la Fai Conftrasporto avverte che non accetterà peggioramenti e chiede al governo “certezze”. Tra le partite ancora aperte da cui dipendono potenziali altre risorse, oltre alla revisione delle tax expenditures e al concordato preventivo biennale, c’è anche anche il delicato dossier del contributo volontario da chiedere alle banche, e non solo.

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