19 Settembre 2024

ECONOMIA

Fonte: La Stampa
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I governatori: «Così sanità a rischio». Zingaretti: abbassano le tasse con i soldi altrui. Sindacati critici: lo spot del premier costerà caro agli italiani. Plaude Confindustria. Ora la bozza all’esame della Commissione Ue. Padoan rassicura: le coperture ci sono

Regioni in rivolta contro i 4 miliardi di tagli imposti con la legge di Stabilità. Tagli «insostenibili» e che si riverseranno inevitabilmente sulla sanità, avvertono i governatori, o che comporteranno nuove tasse per non far saltare i bilanci locali. Ma le proteste incontrano il muro di Matteo Renzi: non si prendano in giro gli italiani che fanno sacrifici da anni, tuona il premier, anche le Regioni devono fare la loro parte, cominciando «dai loro sprechi». E non si minacci di alzare le tasse, perché non sarebbe altro che «una provocazione», proprio mentre si sta mettendo in campo invece un taglio «epocale» da 18 miliardi.

I TAGLI AGLI ENTI LOCALI

La bozza della legge finanziaria è stata inviata alla Commissione europea in attesa dell’esame delle prossime settimane. Il ministro Padoan e Renzi assicurano: con Bruxelles «c’è un dialogo», e ci sono anche le coperture. Ma l’accoglienza della legge di stabilità in Italia è tiepida. Le Regioni sono le prime tra gli organi di governo locale a farsi sentire dopo aver dato una prima scorsa ai dati. Basta fare i primi della classe a spese del prossimo, dicono i governatori. Nel caso specifico il prossimo dono Regioni, Province e Comuni, ulteriormente penalizzati dai tagli previsti nella manovra che ieri il premier ha illustrato a reti unificate. Parliamo di 4 miliardi per le Regioni, 1,2 per i Comuni, 1 miliardo per le Province. A fa infuriare il presidente della conferenza delle Regioni Sergio Chiamparino, il fatto che i tagli siano stati inflitti soprattutto a loro, lasciando magari la possibilità di aumentare tasse locali e tariffe. Non il miglior modo di creare consenso.

GOVERNATORI SUL PIEDE DI GUERRA

Il ministro Padoan in conferenza stampa l’aveva ammesso: forse, a seguito dei tagli previsti dalla legge di stabilita, «le Regioni aumenteranno le tasse, ma i cittadini potranno valutare le decisioni dei loro amministratori». Oggi arriva la precisazione del titolare del Tesoro: il pressing sugli enti locali «non è a che aumentino le tasse, ma perché aumentino l’efficienza. Siamo convinti che i margini ci siano. Si tratta di dare gli stimoli giusti, a partire dal governo». Ma i governatori sono sul piede di guerra. «La manovra così come si configura è insostenibile», sintetizza Chiamparino, che aveva espresso le sue perplessità a caldo in un’intervista a La Stampa. Di più: così com’è la manovra «incrina il rapporto che dovrebbe essere di lealtà istituzionale e di pari dignità istituzionale tra enti dello Stato». «Al taglio prospettato di 4 miliardi di euro – attacca il governatore del Piemonte – vanno sommati quelli decisi dai governi Monti e Letta pari a circa 1,750 miliardi. Si arriva così a 5,7 miliardi. Tagli insostenibili – ha sottolineato – a meno che non si incida sulla spesa sanitaria o con maggiori entrate». Ma a questo proposito la replica di Renzi è stata secca: «Rialzare le tasse a livello locale sarebbe un atto al limite della provocazione».

«SANITA’ A RISCHIO»

D’accordo, con poche sfumature e scarsissimi distinguo, i presidenti delle altre Regioni. Nicola Zingaretti parafrasa ironicamente: «È facile abbassare le tasse con i soldi degli altri». «Non è che il Governo può prima fare un accordo – afferma Maroni – e poi togliere di mezzo questo accordo senza coinvolgere chi ha firmato». Secondo il presidente della Lombardia, «come conseguenza ci sarà non una riduzione delle tasse ma, temo, un aumento delle tasse da parte delle Regioni perché questi tagli, soprattutto nella sanità, sono insostenibili». «È tecnicamente impossibile prevedere questi tagli senza incidere per il 70% sulla sanità», minaccia il presidente della regione Umbria, Catiuscia Marini. Per il governatore della Campania, Stefano Caldoro, «il Patto per la Salute non è a rischio, è pregiudicato. C’è un problema di affidabilità istituzionale». Per il veneto Zaia «questa manovra passerà alla storia come la legge del massacro specie per le Regioni virtuose».

LA LINEA DURA DEL PREMIER 

E adesso che succederà? Chiamparino dice che lui le tasse locali non le alzerà, piuttosto si dimette da presidente della Regione Piemonte. Insieme ai suoi colleghi chiede l’avvio di un confronto e la convocazione a Palazzo Chigi. La risposta via Twitter del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio è positiva: «Incontreremo volentieri e presto Chiamparino». Anche Renzi si dice pronto a un faccia a faccia, ribadendo però che è «inaccettabile fare questo tipo di polemiche». Stanotte già si sussurrava, nei palazzi di Roma, che il premier ha già fatto sapere che si tratterà per tutti di un prendere o lasciare. Nessuna concessione su nessun punto con nessuno, insomma. La risposta di Renzi alle Regioni va proprio in questo senso: «Una manovra da 36 miliardi e le regioni si lamentano di uno in più? Comincino dai loro sprechi anziché minacciare di alzare le tasse #no alibi», replica piccato il premier su Twitter. La replica di Chiamparino è durissima: «Considero offensive le parole di Renzi perché ognuno deve guardare ai suoi sprechi, e mi chiedo: nei ministeri forse non ce ne sono?».

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