Fonte: La Stampa
di Filippo Femia
Dichiarato inammissibile l’emendamento sulla vendita dal primo gennaio. Il senatore Mantero: «Folle fare paragoni con la droga. Casellati ha ceduto al pressing dell’opposizione». Bagarre in Aula
Arriva un brusco stop, in extremis, per la liberalizzazione della cannabis light. La norma che avrebbe reso possibile dal primo gennaio la vendita della canapa a basso contenuto di Thc è stata stralciata dal maxi emendamento in esame del Senato. Elisabetta Alberti Casellati l’ha dichiarata inammissibile e dai banchi dell’opposizione si sono levati applausi, che hanno innescato una breve bagarre. Si è trattato di una «valutazione tecnica scevra da condizionamenti politici», ha detto la presidente del Senato, aggiungendo: «Se ritenete questa misura importante per la maggioranza, fatevi un disegno di legge». Immediata la replica del senatore M5S Matteo Mantero, primo firmatario dell’emendamento sulla cannabis light, che ha puntato il dito contro la seconda carica dello Stato: «Si tratta di una scelta politica, è evidente a tutti: ha ceduto al pressing di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega».
Nei giorni scorsi Matteo Salvini era andato all’attacco, parlando di «spaccio di Stato»; la vendita libera di cannabis light era stata bollata da Giorgia Meloni come «follia». «Qui l’unica follia è equiparare la cannabis light alla droga: è come sostenere che ci si può ubriacare con la birra analcolica», tuona ancora Mantero. «Per colpa dell’ignoranza di alcuni politici dell’opposizione 12 mila agricoltori e commercianti torneranno a vivere l’incubo della chiusura delle loro attività».
Il senatore pentastellato critica poi i sovranisti: «Se fossero davvero tali, approverebbero una norma che rilancerebbe l’agricoltura italiana. Invece hanno scelto di fare un regalo alle aziende estere».
«Pur rispettando la decisione e l’autonomia della presidente del Senato, non posso non rimanere amareggiato», ha scritto Federico D’Incà su Facebook. «L’emendamento avrebbe colmato un vuoto normativo e regolamentato un settore che, a seguito della sentenza della Cassazione, – continua il messaggio del ministro per i Rapporti con il Parlamento – non ha più norme chiare e definite e rischia di mandare in tilt una filiera fatta di 3 mila aziende e 12 mila addetti».
Attualmente le imprese che si occupano di cannabis light in Italia sono circa 3 mila. La norma approvata in Commissione bilancio prevedeva un’accisa che avrebbe portato nelle casse dello Stato circa 500 milioni di euro. Tra le altre norme escluse dal testo del maxi emendamento c’è anche la tobin tax (che introduceva un’aliquota dello 0,04% su alcuni tipi di transazione finanziarie online). Slitta invece da luglio 2020 al primo gennaio 2022 la fine del mercato tutelato per l’energia.