19 Settembre 2024

Le partite in sospeso
Pnrr, riforma delle pensioni, ddl Concorrenza, riforma del fisco, salario minimo. E ancora l’annosa questione del Superbonus e il decreto Aiuti bis<. Sono solo alcune delle riforme e delle partire economiche decisive per il Paese che sono destinate ad arenarsi a causa della crisi di governo. Il nuovo decreto Aiuti dovrebbe essere approvato comunque. Ma molto probabilmente si limiterà ad affrontare le emergenze più urgenti, come ad esempio la proroga dello sconto benzina, lasciando fuori interventi più ampi, come un primo taglio del cuneo fiscale o la riduzione delle aliquote Iva, che richiederebbero un’intesa ampia che al momento è difficile trovare.

La Manovra
Tra i nodi c’è la messa a punto della Manovra, attesa dopo l’estate. In caso di elezioni anticipate non sarà semplice rispettare il calendario delle scadenze. Il nuovo quadro di previsioni (la Nadef) deve essere approvato entro il 27 settembre e sarà comunque l’attuale governo a predisporre le previsioni. Poi entro il 15 ottobre queste dovranno essere inviate a Bruxelles, mentre il governo ha tempo fino al 20 dello stesso mese per il varo della legge di Bilancio.

Pnrr: a rischio oltre 40 miliardi
Le sorti del Pnrr sono quelle che destano maggior preoccupazioni dopo le dimissioni del presidente del Consiglio, Mario Draghi. Il timore è di non riuscire a rispettare le scadenze, raggiungere tutti i target e soprattutto completare le riforme necessarie per ottenere la seconda e la terza rata che complessivamente valgono oltre 40 miliardi. Il 29 giugno il ministero dell’Economia ha inviato a Bruxelles la richiesta per la seconda tranche da 24,1 miliardi (l’importo effettivo è pari a 21 miliardi) e ora si attende il via libera Ue. Per ottenere la terza rata da 21,8 miliardi (l’importo effettivo è di circa 19) l’Italia deve raggiungere altri 55 obiettivi entro il 31 dicembre 2022. Tra questi c’è la riforma della Concorrenza: entro la fine del 2022 non solo deve entrare in vigore il ddl, ma dovranno essere operativi anche tutti i decreti attuativi. Su questo non saranno ammessi ulteriori ritardi: l’Europa è stata chiara.

Salario minimo
Tra le partite in bilico c’è anche quella sul salario minimo. Un’ipotesi che aveva già diviso le forze politiche e creato qualche malumore anche in Confindustria. L’idea di Draghi era quella di allinearsi a quanto previsto dalla direttiva Ue in corso di approvazione. Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, aveva proposto di utilizzare in ogni settore il contratto collettivo (ccnl) più rappresentativo, utilizzando come parametro il Tec, il trattamento economico complessivo introdotto nel 2018. Confindustria invece preferirebbe il Tem, il trattamento economico minimo dei contratti. In ogni caso date le divisioni tra i partiti su questo tema, l’introduzione di un salario minimo in Italia sembra slittare, ancora una volta, a data da destinarsi.

Bonus 200 euro
Il rinnovo del bonus 200 euro dovrebbe rientrare nel decreto Aiuti bis, il provvedimento, al centro del confronto tra il presidente del Consiglio dimissionario, Mario Draghi, e le parti sociali della settimana scorsa, sarà portato avanti nonostante la crisi di governo. Il provvedimento che dovrebbe prevedere uno stanziamento complessivo di circa 10 miliardi di euro potrebbe arrivare presto in Consiglio dei ministri. Tuttavia sarà un testo alleggerito rispetto all’ipotesi iniziale. Resteranno fuori, infatti, tutte quelle misure su cui alla luce dell’attuale stallo politico, risulta difficile trovare un’intesa come l’ipotesi di un primo taglio del cuneo fiscale. Dovrebbero invece passare senza difficoltà tutti gli interventi più urgenti come quelli per arginare il caro bollette e appunto la proroga del bonus 200 euro.

Reddito di cittadinanza
In bilico anche l’ipotesi di introdurre nuovi correttivi al reddito di cittadinanza, in particolare sul fronte delle politiche attive sul lavoro. «Il reddito di cittadinanza è una misura importante per ridurre la povertà – ha detto Draghi durante il suo intervento al Senato – ma può essere migliorato per favorire chi ha più bisogno e ridurre gli effetti negativi sul mercato del lavoro». Intanto con il decreto Aiuti approvato nei giorni scorsi è stata introdotta una stretta: anche il no a un’offerta a chiamata diretta da un datore di lavoro privato rientra nel calcolo dei rifiuti che possono far perdere il sostegno, esattamente come quella che arriva da un centro per l’impiego. Quindi i beneficiari del reddito di cittadinanza dopo due no ad offerte di lavoro «congrue», pubbliche o private, non potranno rifiutarne altre.

Superbonus
Incerto anche il futuro del Superbonus 110%, una delle ragioni dello scontro tra Palazzo Chigi e il Movimento 5 Stelle. «Per il Superbonus, il problema sono i meccanismi di cessione. Chi li ha disegnati senza discrimine o discernimento? Sono loro i colpevoli di questa situazione per cui migliaia di imprese stanno aspettando i crediti», ha detto Draghi nella replica durante il dibattito al Senato. Il decreto Aiuti ha aperto alla possibilità per una banca di fare un’ulteriore operazione dopo la terza cedendo a correntisti qualificabili come clienti professionali. Ma per risolvere il problema servirebbe una riforma. Senza un Draghi bis è difficile che vada in porto, così come un nuovo meccanismo per sbloccare la cessione dei crediti.

Riforma pensioni
Con la fine di Quota 102 a dicembre, già a sua volta sorta di proroga di Quota 100, e senza una nuova riforma delle pensioni si tornerà alla Legge Fornero, che prevede l’uscita dal mondo del lavoro a 67 anni e un’uscita anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (uno in meno per le donne). Draghi, come ha ribadito durante il suo intervento in Senato mercoledì 20 luglio, pensava a una «riforma pensioni che garantisca meccanismi di flessibilità in uscita e un impianto sostenibile ancorato al sistema contributivo». Ma con la caduta del governo il suo progetto è destinato a rimanere fermo.

Cuneo fiscale
Tra i dossier in bilico c’è anche la riforma fiscale. La legge delega approvata alla Camera è ferma al Senato. Tra gli obiettivi della riforma ci sono: la riduzione delle aliquote Irpef a partire dai redditi medio-bassi, il superamento dell’Irap e la razionalizzazione dell’Iva. Tutte misure destinate a rimanere in standby. Sembra tramontata anche l’ipotesi di un taglio temporaneo del cuneo fiscale già nel decreto Aiuti bis, in attesa di un intervento più strutturale con la Manovra.

Ddl Concorrenza
Tra le riforme arenate c’è quella sulla concorrenza. Palazzo Chigi puntava all’approvazione da parte del Parlamento prima dell’estate per poter emanare i decreti attuativi entro l’anno, in modo da rispettare i termini fissati dal Pnrr. Con le elezioni anticipate la riforma rischia di saltare del tutto, mettendo a rischio anche la terza rata dei fondi del Pnrr. Per evitare che questo accada si è deciso di tentare un’approvazione in extremis prima dello scioglimento delle Camere, stralciando l’articolo 10 che ha scatenato le proteste dei tassisti.

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