Fonte: Corriere della Sera
Le donne sono capaci di muoversi unite in nome di libertà e diritti?
È possibile dialogare, e bisogna, certamente. Ma per farlo non bisogna temere di aprire anche conflitti tra noi, perché certi obiettivi non sono comuni ai differenti femminismi. Marciare insieme si potrebbe e ogni tanto lo si fa, ma dipende dalle motivazioni che promuovono le “marce” e dalle intenzioni. Poi ho imparato facendo la politica delle donne che bisogna sempre valutare l’efficacia di ogni azione politica, per non perdere autorevolezza con azioni che non sono in grado di produrre alcun cambiamento, neanche minimo.
Ci sono “marce” del tutto inefficaci, ma penso che siamo in grado di intuirlo in tempo. Che fare, allora? Ogni tanto si dovrebbero convocare gli “stati generali” del femminismo italiano, come si è proficuamente fatto a paestum. Abbiamo visto che è molto utile trovarsi a parlare nella forma preferita dalle donne: confronto in forma separata dagli uomini, per riprendere forza per continuare le diverse lotte.
«I gruppi pro-life sono parte del movimento femminista?», chiede Barbara Stefanelli. Bisogna intendersi: si può parlare di femminismo ogni volta che c’e’ una donna che sostiene la causa delle sue simili in lotta contro la prevaricazione maschile, la misoginia, la violenza contro le donne, le lesioni alla libertà femminile e alla autodeterminazione femminile, e quando si dà la priorità politica a tutto questo. I gruppi pro-life potrebbero sostenere violazioni delle conquiste dell’autodeterminazione delle donne (potrebbero sostenere l’obiezione di coscienza dei medici, ad esempio), dunque a rigore non si dovrebbero considerare “femministi”. Però potrebbero condividere altre istanze femministe, in relazione di solidarietà, per così dire.
Beyoncé ed Emma Watson non hanno la stessa carica rivoluzionaria montata negli anni ‘70 in Italia e nel mondo perché molto è stato conquistato e molto abbiamo trasformato da allora. Forse non sono femministe a pieno titolo, certamente sono femministe “popolari” che hanno a cuore le cause storiche delle donne. Ricordiamo che Carla Lonzi (una delle iniziatrici del femminismo della differenza italiano) ha scritto che il femminismo è «l’eterna istanza» che si presenta nella storia in modi imprevisti e differenti, a seconda delle contingenze. Beyoncé ed Emma sembrano essere comunque intenzionate e difendere quello che è stato fatto e ad affermare la loro indipendenza e la loro intelligenza a fronte della misoginia e della violenza maschile, ancora oggi molto operanti. Noi pensatrici e militanti degli anni ‘70 vorremmo però coinvolgerle nella nuova rivoluzione da portare avanti: l’affermazione dell’autorità femminile nel mondo.
Altro discorso è quello del self-empowerment. Ogni strategia se resta individuale non servirà a cambiare nulla, nemmeno se stesse.
Essere contro Trump, o chi per esso, anche di “sinistra”, non significa tout-court essere progressiste, significa opporre la rivoluzione delle donne (che continua, essendo un’eterna istanza) e il meglio che porta nel mondo, alla violenza del potere di tradizione maschile, qualsiasi volto abbia. Per essere più chiara: possiamo marciare unite (nella piazza o nella storia) se sosteniamo la consapevolezza che, al presente, ci sono solo due istanze rivoluzionarie al mondo: il populismo maschile e il femminismo delle donne consapevoli della propria sapienza. Bisognerebbe agire unite di conseguenza a questa consapevolezza