22 Novembre 2024

Tra gli aspiranti docenti nove su dieci bocciati allo scritto. E chi ce la fa sceglie altre professioni. “Pochi i laureati formati per insegnare”. Competenze digitali, studenti italiani penultimi nella Ue

L’Italia del 2023 non segue Socrate, che conversando con il fratello maggiore Glaucone sosteneva come la disciplina primaria fosse quella che si occupa del numero e del calcolo: l’Aritmetica. “È necessaria a tutti: al cittadino, al guerriero, al reggitore della città”. Il recente viaggio nella notte, dalla Sicilia a Firenze, del giovane laureato chiamato con affanno a una supplenza all’Istituto tecnico tecnologico Marco Polo dimostra che in Italia mancano gli insegnanti di Matematica (e di Fisica, Chimica, Informatica) e il reclutamento degli insegnanti non funziona: “Ripartiamo dalla motivazione e dall’attitudine di chi vuole fare questo lavoro”, dice il preside Ludovico Arte.
È così. L’Italia, nel suo affastellamento di percorsi formativi per costruire un insegnante – Ssis, Tfa, Fit, crediti in surplus -, è riuscita a diventare un Paese ostile alle matematiche, “e questo quando è chiaro a tutti che la materia è decisiva per il futuro del pianeta”, dice la professoressa Maria Mellone, docente all’Università Federico II di Napoli, presidente della commissione italiana per l’insegnamento della disciplina dell’Unione matematica italiana.
I numeri sono evidenti, e da emergenza. La percentuale di giovani tra i 16 e i 19 anni con competenze digitali base o superiori è il 64 per cento del totale. Un buon numero? Siamo penultimi in Europa, davanti a Romania e Bulgaria. E siamo penultimi nelle competenze digitali sulla “soluzione dei problemi”. La questione, come si vede, è anche e purtroppo giovanile. E si riversa, come un fiume nel mare, sulla preparazione dei futuri insegnanti: all’ultimo concorso per docenti Stem (le discipline dure della scienza)  “Da vent’anni non esiste un percorso di formazione di scuola secondaria e questo determina l’abbassamento del livello dell’insegnamento matematico”, dice la professoressa Mellone. “Dobbiamo occuparci del reclutamento, oggi fumoso, valorizzare i docenti in servizio e il loro salario. È una catena, e si è spezzata da vent’anni. Il decreto del governo Draghi sulla formazione è sospeso. Tra gli studenti è rimasta intatta la voglia di insegnare, ma sono spaventati dalle prospettive. Oggi un laureato in Fisica e Matematica, i due corsi che portano all’insegnamento, dovrebbe conoscere una specializzazione parallela sulla Didattica delle discipline: cosa significa insegnare quel contenuto. E poi, una volta in cattedra, scegliere un metodo. Problem solving, laboratori, lavori di gruppo, aiuti tecnologici, educazione all’aperto. Ogni insegnante deve scoprire il suo e superare la didattica frontale che non appassiona i ragazzi. Non esiste un’inattitudine italiana alla materia, tutti abbiamo competenze innate: dobbiamo connetterle con la scuola”.
L’ex ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, spiega che oggi al corso di laurea in Matematica un diplomato preferisce percorsi affini con inclinazioni digitali o ambientali e applicazioni visibili: “Ci sono pochi laureati che si formano per la scuola”. E poi, “con una generazione dal sapere più veloce e superficiale la Matematica è vissuta come un mondo duro e invasivo del privato. Non sono tempi in cui l’impegno è al primo posto nei pensieri dei ragazzi”.

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