24 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Mazio Breda

Il premier incaricato cita il contratto, «specchio della voglia di cambiamento». Ma si preoccupa anche di confermare «la collocazione europea del nostro Paese»


Cita anzitutto il contratto, «specchio della voglia di cambiamento», per ancorarsi alla maggioranza che lo ha indicato come premier. Ma si preoccupa anche di confermare «la collocazione europea del nostro Paese», per aderire alle richieste di Sergio Mattarella. Il professor Giuseppe Conte spiega davanti alle telecamere la mission che si è dato con un’accorta retorica in cui bilancia definizioni fatali care ai 5 Stelle (questo sarà il «governo del cambiamento») agli slogan preferiti della Lega («il mio intento è tutelare gli interessi dei cittadini italiani»). Cenni politicamente obbligati, per lui. Mentre non era previsto che si imponesse di smorzare con una pubblica promessa certe smanie sovraniste dei suoi partner («dialogherò con le istituzioni europee e con i rappresentanti di altri Paesi»), come lo aveva sollecitato il capo dello Stato, dopo l’ennesima altalena di Borse e mercati e dopo gli allarmi di diverse Cancellerie della Ue.

«L’avvocato del popolo»
«Ascoltate e diffondete le sue parole», ha esortato poco dopo su Facebook Luigi Di Maio, entusiasta di quel roboante «avvocato del popolo» che avrà forse provocato un brivido d’inquietudine al Quirinale. Non a caso, nell’accezione comune «l’avvocato del popolo» sarebbe colui che deve restituire all’uomo la sovranità che gli appartiene e gli è sempre denegata. Una sfumatura platealmente populista di un discorso per il resto asciutto e calibrato, anche se con ogni evidenza scritto a due mani. Il docente di diritto, infatti, è entrato nello studio del capo dello Stato con un foglio d’appunti nel quale erano riassunte le posizioni degli «azionisti» dell’esecutivo gialloverde. E ne è uscito portandosene dietro due, di fogli. Intuitivo che il secondo glielo abbia affidato Mattarella, con le sue raccomandazioni.

Mero «esecutore»
Il training quirinalizio a quanto pare ha funzionato. Come ha funzionato il rapporto tra loro, stando a quel che riferiscono dal Colle. «Il presidente si è trovato di fronte un uomo preparato e determinato. Che non intende fare follie a Palazzo Chigi e che, da giurista, si è sintonizzato subito con i richiami alla Costituzione sottolineati da Mattarella». Richiami sul ruolo che la Carta assegna al premier, in primo luogo, escludendo che qualcuno possa ridurlo a un mero «esecutore» di ordini (del resto sarebbe impensabile un premier che si trovasse a cena da Angela Merkel e ogni due per tre si alzasse da tavola per telefonare a Salvini e Di Maio per domandare loro cosa deve dire). Ma anche sulla necessità di rispettare gli intoccabili vincoli di bilancio fissati dall’articolo 81.

Il caso del curriculum
«Mi raccomando a lei, professore. Abbia a cuore la stabilità finanziaria dell’Italia e i risparmi della nostra gente. Comunque, ci rivedremo spesso. E sappia che, per qualsiasi cosa, io sono qui». Questo il congedo del capo dello Stato, dopo quasi due ore di colloquio, in un mercoledì che, a parte l’incarico di governo dopo 80 lunghissimi giorni, ha avuto più bassi che alti. A partire dalla mattinata, quando Mattarella ha fatto telefonare a 5 Stelle e Lega per sapere se fossero ancora decisi sulla candidatura di Conte per Palazzo Chigi o se avessero pensato di cambiare nome, dopo il caso del curriculum accademico «gonfiato», che per qualche tempo avrà un prevedibile effetto sciame sui mass-media.
Da entrambi i fronti le risposte sono state dei «no» più o meno educati (da parte grillina) o scorbutici (da parte leghista). Dinieghi senza cedimenti. Anche perché a rafforzarli c’erano, in qualche caso, le solite teorie del complotto ordito dai «servizi segreti» di Paesi che non ci sono amici. Dietrologie che Mattarella ovviamente non considera neppure, mentre invece gli interessavano, e anzi, lo facevano proprio arrabbiare, due sortite tra l’insolente e l’improvvido. Quella di Alessandro Di Battista (quasi l’anticipo di un vaffa…, per stare al lessico grillino), che gli intimava di «non opporsi agli italiani», mentre il padre fascistissimo profetizzava «la presa del Quirinale come fu per la Bastiglia». E, ecco l’altra sortita, l’annuncio dell’economista Paolo Savona alle agenzie di stampa di essersi dimesso da un certo consiglio d’amministrazione per prepararsi a «imminenti incarichi pubblici». Lo stesso Savona antieuro sul cui nome al dicastero dell’Economia sembra che il premier incaricato abbia espresso dubbi, con il capo dello Stato. Sarà la prossima prova di forza, la composizione del governo, per Mattarella.

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