20 Settembre 2024

Fonte: La Stampa

di Ugo Magri

L’allarme del Capo dello Stato alla vigilia della mobilitazione mondiale. «L’Italia sconta pesanti effetti, c’è chi ha concorso a causare le sciagure»


Anche l’Italia è vittima dei cambiamenti climatici, pure noi ne scontiamo i «pesanti effetti» sull’ambiente e sulle condizioni di vita. Dunque, smettiamola di illuderci che certi eventi estremi riguardino solo Paesi esotici, tipo la desertificazione in Africa, oppure i tifoni nei Caraibi. Le emergenze meteo, avverte il presidente della Repubblica, colpiscono ovunque. Ne sanno qualcosa gli abitanti del Nord-Est che a fine ottobre sono stati investiti dalla tempesta Vaia, e le loro montagne ne mostrano ancora i segni. Sergio Mattarella ha sorvolato in elicottero le zone del disastro, con il governatore del Veneto Luca Zaia che gli faceva da guida. Poi a Belluno ha spezzato idealmente una lancia in favore dei tanti giovani che dopodomani scenderanno in piazza per il clima in 1000 città e in 100 Paesi di tutto il mondo.
Di benedire la grande mobilitazione mondiale, il capo dello Stato non aveva bisogno: già in altri suoi interventi si era soffermato sulle iniziative di Greta Thunberg, la sedicenne svedese diventata ormai simbolo della riscossa ambientalista che appassiona i più giovani. È una causa cui Mattarella guarda con simpatia e, politicamente, ha tutta la sua approvazione. Ma ieri, da Belluno, il messaggio presidenziale era volto soprattutto a scuotere gli italiani per renderli più consapevoli del pericolo. «Siamo sull’orlo di una crisi climatica globale», sono le sue parole, «per scongiurare la quale occorrono misure concordate a livello planetario». Perché il tempo è scaduto, e «limitarsi a evocare la straordinarietà di fatti che si affacciano prepotentemente, per giustificare noncuranza verso una visione e progetti di più lungo periodo, è un incauto esercizio da sprovveduti». Guai a infilare la testa sotto la sabbia – insiste Mattarella – dimenticando che «il rapporto con la natura è fatto di rispetto degli equilibri dell’ecosistema». L’esempio in positivo viene dalla civiltà montana, che nella sua saggezza ha saputo inserirsi nell’ambiente senza stravolgerlo. L’esempio negativo da non seguire viene invece additato dal presidente nella pretesa di forzare la natura oltre i suoi e i nostri limiti. La tragedia del Vajont, che fece 1917 morti nel 1963 quando una frana si rovesciò sulla diga artificiale, ci insegna che «opere di contenimento e regimentazione, se non suffragate dall’apprendimento delle precedenti esperienze, talvolta ottengono risultati opposti a quelli prefissati, violando equilibri secolari da difendere».

La lezione del Vajont
Poche ore prima, Mattarella aveva reso omaggio ai morti del Vajont nel piccolo cimitero di Fortogna, scusandosi a nome della Repubblica con chi aveva sofferto le conseguenze del disastro, ma chiarendo che l’Italia «è, al contempo, vittima anch’essa delle scelte e dei comportamenti di coloro che hanno concorso a causare immani sciagure». Serve più rispetto per il territorio. Specie quello della montagna è «fragile», anche come effetto del progressivo abbandono. Certe aree andrebbero recuperate. Urgono nuove iniziative per la salvaguardia degli assetti idrogeologici. Ma per il capo dello Stato la risposta alle sfide ambientali va data su scala planetaria, grazie a un’attenta regia internazionale di cui finora si sono visti risultati «significativi eppure ancora parziali e insufficienti». Dove hanno fallito i governi, Mattarella spera che riescano le ragazze e i ragazzi.

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