8 Settembre 2024
Dottori sanita

Il miraggio: un futuro migliore in Paesi che come l’Arabia Saudita investono il 10% del Pil in sanità e promettono in ospedali all’avanguardia stipendi almeno doppi rispetto ai nostri

Operatori sanitari in fuga: né i venti di guerra che spirano in Medio Oriente né le promesse di un trattamento (anche economico) migliore arrivate dal ministro della Salute Schillaci fermano l’emorragia potenziale dall’Italia. Anzi: se tra maggio e agosto le richieste sono aumentate del 40%, il dato è schizzato del 65% da settembre e non accenna a flettere. A tenere il conto è Foad Aodi, presidente dell’Associazione dei medici di origine straniera in Italia (Amsi) e dell’Unione medica euro mediterranea (Umem), diventato un vero e proprio terminale delle istanze più diverse.

La media degli stipendi offerti
«Negli ultimi cinque anni – spiega – abbiamo contato diecimila richieste di informazioni da parte di professionisti della sanità sulla possibilità di lavorare nei Paesi del Golfo. Una media di duemila l’anno. In sei mesi del 2023, da maggio al 30 ottobre, siamo arrivati a quota 1.700, per l’80% appartenenti a strutture pubbliche. Sono colleghi e altri operatori sanitari in cerca di uno stipendio migliore ma soprattutto di una qualità di vita più alta tra tempo a disposizione e soddisfazione professionale». Parliamo, nei sei mesi di quest’anno, di un esercito di 850 medici specialisti, 600 infermieri, 150 fisioterapisti e osteopati, poi di 50 farmacisti e di altrettanti tra logopedisti, psicologi, tecnici radiologi, tecnici di laboratorio, podologi, operatori sociosanitari. Si “candidano” da Lombardia, Veneto, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Lazio, Puglia, Emilia Romagna e Campania. Il miraggio: un futuro migliore in Paesi che come l’Arabia Saudita investono il 10% del Pil in sanità e promettono in ospedali all’avanguardia stipendi almeno doppi rispetto ai nostri. Per un medico la media oscilla tra i 14mila e i 20mila dollari e varia in base all’esperienza. Fino a cifre in alcuni casi “stellari”, mentre gli stipendi italiani sono al decimo posto nel mondo e soprattutto restano immobili.

Una valanga di professionisti “stanchi” del Ssn
La casistica di chi farebbe le valigie è delle più varie: si va dallo specializzando timoroso di non conquistare un contratto adeguato al primario affermato e con esperienza pluriennale stanco dello stipendio sempre uguale. Dalla coppia infermiere-dottoressa o viceversa (e sono il 25%) che ha deciso di scommettere su una vita altrove. Fino ai chirurgi di ospedali d’eccellenza che dopo vent’anni di sala operatoria sono finiti in burnout post Covid e non riescono a riprendersi. Poi ci sono il pensionato consapevole di avere i numeri per mettersi ancora in gioco cambiando vita e l’ostetrica che ama appassionatamente il proprio lavoro ma è arcistufa di essere sottostimata. È letteralmente una valanga di mail quella che arriva all’Amsi ormai da mesi. Con richieste di contatti e di suggerimenti, con sfoghi personali, curricula allegati e piccole-grandi richieste di aiuto. Quasi nessuno si ferma al mero nodo dello stipendio, che pure conta: chi vuole partire lo fa perché stanco, per mancanza di sicurezza e per le aggressioni sul lavoro, per sfiducia, stress e mancanza di valorizzazione da parte di una sanità, soprattutto pubblica, che non mantiene le promesse e si perde in una burocrazia desolante. Per i più giovani, c’è soprattutto la voglia di fare pratica ed esperienza altrove ma anche la paura di “non farcela” qui da noi o di restare incastrati in un meccanismo che scoraggia carriere e legittime aspirazioni personali.

L’appello per un Ssn più attrattivo
Eppure proprio dall’Amsi è partita la campagna “Aiutiamoli a casa loro”: il tentativo di arginare questo allarmante drenaggio di competenze, entusiasmi, professionalità che magari hanno richiesto oltre un decennio di formazione con circa 150mila euro investiti da Stato e famiglia per ‘costruire’ un camice bianco. «I medici italiani sono tra i più apprezzati perché molto preparati e molto apprezzati dal punto di vista delle competenze relazionali», afferma Foad Aodi, che è anche docente all’Università Tor Vergata per i Corsi di laurea in Scienze infermieristiche e in Fisioterapia e fa parte della Commissione Salute globale della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo). «Questo – precisa – porta a un incremento dell’offerta di lavoro in tanti Paesi arabi. E se il Qatar, ad esempio, è ormai saturo, altri “mercati” si stanno aprendo in Kuwait, in Bahrein e in Oman oltre che in Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Il nostro Ssn, già desertificato, corre un serio rischio di ulteriore spopolamento davanti a offerte così potenzialmente allettanti. Questo ci porta a formulare sul personale sanitario un appello rivolto a tutto il mondo politico: aiutiamoli a casa loro, in Italia, con fatti concreti e non solo annunci». Un appello che però si cala tra medici di nuovo in stato di agitazione per le misure contenute nella manovra appena approdata in Parlamento, con 3 miliardi in più per il 2024 sul Fondo sanitario nazionale in gran parte destinati al rinnovo del contratto, ma con un tetto alla spesa per il personale che resta bloccato e una “tagliola” annunciata sulle pensioni.

Il vademecum per non prendere abbagli
Intanto le delusioni sulle aspettative di una vita migliore altrove non mancano e anzi si moltiplicano le agenzie-truffa, non riconosciute ufficialmente. Per questo Amsi ha preparato un decalogo e consiglia di informarsi attentamente sia prima di partire sia prima di “firmare” per un incarico. Sotto la lente, durata del contratto, condizioni, dimissioni, salario iniziale e step di crescita dopo un periodo di lavoro, incentivi, assicurazioni professionali, sistemazione dei figli, iscrizione all’albo professionale sia in Italia che all’estero in termini di sospensione e cancellazione, tasse, pensione. Perché il desiderio di fuga non si trasformi in abbaglio collettivo.

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