Il modello Sure contro la crisi energetica ed economica. La premier: «Ho smontato una narrativa»
È ripartita dai mattoncini che aveva posato Draghi. Da quella richiesta di «concretezza» costruita dalla nostra diplomazia. Dalle conclusioni dell’ultimo Consiglio europeo. Nell’incontro più delicato della sua giornata europea, Ursula von der Leyen che arrivi quanto prima una risposta finanziaria comunitaria contro la speculazione nel mercato dell’energia e la crisi economica che ne deriva. La Commissione sta lavorando per presentare una proposta che stia bene a Berlino come a Parigi, a Roma come ad Amsterdam, una risposta che sia «strategica, determinata e agile», sottolinea la nostra premier, come hanno sottoscritto i capi di Stato e di governo dei 27 Paesi della Ue all’ultimo summit.
Meloni chiede risorse finanziarie e sul modello Sure, dunque con emissione di titoli di debito europei, quelli che non piacciono a Berlino ma che garantiscono denaro a costo zero o quasi. È la prima delle sue richieste, ma in un abito diverso da quello che ha indossato finora: lo dice lei stessa, nelle dichiarazioni che rilascia prima della cena di lavoro con Charles Michel, il presidente del Consiglio europeo, al quale promette di essere «un partner leale dentro la Ue». È venuta a presentarsi, a dare garanzie sul bilancio italiano e sulla postura internazionale, ma è venuta anche come leader europeo, che riconosce la centralità di Bruxelles: «Ho smontato una narrativa» che mi è stata affibbiata, «ho trovato persone disposte ad ascoltare», persone che hanno visto che «non siamo marziani».
È la cifra della giornata della premier, che si muove con un pizzico di emozione fra i tre principali Palazzi dei vertici delle istituzioni della Ue, che si presenta in modo molto semplice («che freddo che c’è qui», sono le prime parole nella stretta di mano con un’affettuosissima Roberta Metsola, che la invita a partecipare a una prossima plenaria del Parlamento), che riceve l’attestazione non scontata della piena soddisfazione della presidente della Commissione, che sottolinea «il forte segnale inviato con la sua visita qui, nel suo primo viaggio all’estero».
Del resto tutta la giornata è scandita da un doppio binario: quella narrazione che Meloni ha contribuito a costruire e quella nuova che da oggi lei stessa contribuisce a smontare, nella veste di capo di governo. La Ue «vive nella identità delle Nazioni» scrive nel libro d’onore del Parlamento europeo, fedele al suo credo di Unione federale ancorata al principio di sussidiarietà, ma è la Ue nella quale ora lei è attrice protagonista e dove deve esercitare un ruolo non indifferente, se vuole contare. E con le regole di un gioco a lei nuovo, su cui chiede suggerimenti, in un pranzo prima degli incontri, all’ex premier e ora commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni.
I dossier affrontati sono quelli preparati da giorni: Ucraina, energia, sanzioni a Mosca, sostegno a famiglie e imprese, ma anche immigrazione, «perché la difesa dei confini esterni è ormai un principio assodato» nelle regole europee, o persino la proposta di etichettatura degli alimenti, cara alla Francia, che l’Italia vede come fumo negli occhi (manderebbe fuori mercato il nostro olio d’oliva o il nostro parmigiano, per dirne una). Grandi temi, strategici, delicati, ma anche dossier apparentemente minori.
C’è anche, come previsto, l’interlocuzione sul Pnrr: la Commissione si è mostrata disponibile e si discute di eventuali modifiche, rivela la stessa Meloni, «ragionando su quelle che oggi sono le grandi priorità, come la questione energetica». Ma è ancora un dato riservato la quota di risorse che il nuovo governo vorrebbe dirottare sulla politica energetica. C’è infine un imprevisto, ma a lieto fine: quando termina l’incontro al Parlamento, Meloni deve spostarsi in Commissione, ma Ursula von der Leyen non è ancora arrivata. Metsola alza il telefono: «Dove sei?», chiede. Causa mal tempo l’aereo della presidente della Commissione è atterrato in ritardo, lei si scuserà.