La premier italiana arriva a Washington a poche ore dalla sconfitta del Rassemblement National e dalla costituzione del nuovo gruppo dei Patrioti al Parlamento europeo voluto dal suo omologo ungherese Viktor Orban, che nel frattempo si fa fotografare con Vladimir Putin e Xi Jinping, nel quale sono confluiti la Lega di Matteo Salvini e soprattutto i 30 deputati lepenisti
Il primo punto all’ordine del giorno anche di questo vertice Nato, che celebrerà il 75° anniversario dell’Alleanza atlantica, è ancora una volta l’Ucraina. L’ultimo bombardamento russo sull’ospedale pediatrico di Kiev alla vigilia del summit di Washington ne è l’ennesima conferma. Qualcuno si chiede se ci sarebbe stato anche qualora Marine Le Pen avesse vinto le elezioni domenica scorsa.
Il quadro delle alleanze è instabile in Europa come negli Stati Uniti. La prospettiva del possibile (a oggi probabile) ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca non può non suscitare allarme viste le sue prese di posizione sull’appoggio a Kiev ma soprattutto sulla minaccia del disinteresse americano nei confronti degli alleati europei. Ecco allora che l’esito delle elezioni Usa di novembre (e ancor prima la convention democratica di agosto da cui si avrà la certezza se sarà ancora Joe Biden a sfidare Trump) e quella europea che si sta giocando in questi giorni a Bruxelles sul nuovo esecutivo Ue, così come il risultato delle elezioni in Francia, diventano variabili interconnesse capaci di influenzare – in alcuni casi determinare – lo scenario presente e futuro con cui ciascuno dei 32 leader riuniti nella capitale statunitense sono chiamati a fare i conti.
Vale ovviamente anche per Giorgia Meloni. La premier italiana arriva a Washington a poche ore dalla sconfitta del Rassemblement National e dalla costituzione del nuovo gruppo dei Patrioti al Parlamento europeo voluto dal suo omologo ungherese Viktor Orban, che nel frattempo si fa fotografare con Vladimir Putin e Xi Jinping, nel quale sono confluiti la Lega di Matteo Salvini e soprattutto i 30 deputati lepenisti . Due ingressi, oltre a quello giorni fa dello spagnolo Vox, grazie ai quali la neonata formazione politica dell’Europarlamento ha scalzato dal terzo posto proprio i Conservatori di cui Meloni è leader.
C’è chi sostiene che la sconfitta di RN in Francia sia stata per la premier italiana un’ottima notizia perché le conferma la leadership della destra di governo che probabilmente avrebbe perso qualora Emmanuel Macron fosse stato costretto a convocare all’Eliseo Jordan Bardella per conferirgli l’incarico di Primo ministro. Inoltre, per quanto i rapporti tra il Presidente francese e la premier siano ai minimi termini, sul fronte della politica estera, del sostegno all’Ucraina Meloni è più vicina a Macron che a Le Pen che solo ultimamente ha cercato (soprattutto attraverso Bardella) di attenuare il legame con lo Zar.
La postura dei Patrioti nei confronti di Vladimir Putin è infatti assai diversa da quella di Meloni. La premier a Washington ribadirà il totale sostegno dell’Italia alla causa di Kiev ma anche la necessità di rafforzare il fronte Sud (il Mediterraneo) dell’Alleanza atlantica che potrebbe affidare proprio all’Italia un ruolo di primo piano.
Nel frattempo si continua a negoziare con Bruxelles. Nessuno a oggi sa se Meloni alla fine sosterrà o meno il bis di Ursula von der Leyen. La presidente uscente della Commissione avrebbe un gran bisogno dei 24 voti di Fdi per superare l’esame del 18 luglio alla Plenaria di Strasburgo. Un sì che al momento però è tutt’altro che scontato. Certo molto dipenderà dall’offerta, dal portafoglio che verrà assegnato all’Italia. La prospettiva di una vicepresidenza esecutiva resta al momento lontana ed è invece più probabile una delega su Pnrr e Bilancio di cui destinatario sarebbe l’attuale ministro Raffaele Fitto.
Basterà? Meloni sta facendo i suoi conti. Il suggerimento di non rimanere tagliata fuori, di non isolarsi continua a rimbalzare in tutte le sedi istituzionali. Allo stesso tempo la premier deve però fare i conti anche con il rischio di venir additata come “traditrice” dai Patrioti e dal suo alleato di governo Matteo Salvini che confidano nell’arrivo di Trump alla Casa Bianca.