21 Novembre 2024

Il debutto di Meloni al Palazzo di Vetro. Ma al Consiglio di sicurezza non parla con Zelensky e Lavrov

Le Nazioni Unite non possono voltarsi dall’altra parte. Come hanno contribuito in passato a sconfiggere la schiavitù, devono battersi per debellare il traffico illegale di migranti, che è oggi su scala mondiale «più profittevole» del traffico delle armi e della droga. Giorgia Meloni ha passato giorni a limare il suo primo discorso da premier da scandire nella notte italiana al Palazzo di Vetro, per spronare l’Assemblea generale alla sua 78esima riunione a dichiarare «una guerra globale e senza sconti ai trafficanti di esseri umani». Ma il debutto della leader di Fratelli d’Italia all’Onu farà discutere anche per la scelta «pop» di disertare il ricevimento di Biden e attovagliarsi in una pizzeria italiana e per non aver preso la parola in un Consiglio di sicurezza «storico», che ha visto la sfida tra il presidente ucraino Zelensky e il ministro russo Lavrov.
Si trattava di una sessione speciale e l’intervento di Meloni era annunciato, ma lei ha deciso di inviare al suo posto Antonio Tajani. Perché? Nessun giallo, assicurano i collaboratori della premier, la ragione per cui non ha preso la parola al Consiglio è perché «aveva incontri bilaterali con i Paesi africani». Il suo intervento è slittato di due ore e fare entrambe le cose sarebbe stato «impossibile». A quel punto, tra annullare i bilaterali con gli africani e non intervenire al Consiglio, la premier ha imboccato la seconda via. Però al dibattito ha preso parte, assicura l’ufficio stampa di Palazzo Chigi. Ha ascoltato Zelensky e poi lo ha incontrato a margine, per rinnovare al leader ucraino l’impegno dell’Italia a sostenere Kiev nella resistenza all’aggressione di Putin: «Le conseguenze del conflitto in Ucraina travolgono tutti come in un domino, ma impattano soprattutto sulle nazioni più povere del Sud del mondo».
Da lunedì sera, quando è atterrata a New York sotto la pioggia, fino alla giornata estiva di ieri, la premier ha lavorato sul dossier che più le sta a cuore in questa fase politica. Ha incontrato i presidenti di Guinea, Senegal, Kenia, Ruanda, Malawi e Algeria e a tutti ha suggerito di stringere i rapporti con l’Italia, che con lei vuole essere «in prima fila» per lo sviluppo economico dell’Africa e per la lotta alle organizzazioni criminali. «Sono convinta che sia dovere di questa organizzazione rifiutare ogni ipocrisia su questo tema e dichiarare una guerra globale e senza sconti ai trafficanti di esseri umani», ha detto nel discorso preparato per la grande sala con 1.800 seggi.
Tre pagine fitte di moniti con cui provare a scuotere i grandi della Terra e convincerli che il dramma dell’immigrazione clandestina e il destino dell’Africa condizioneranno il futuro di tutti i popoli, nel bene o nel male. Meloni cerca un registro alto, cita nelle ultime righe Giovanni Paolo II e sprona l’Onu a reagire alla sua stessa impotenza: «Davvero una organizzazione come questa, che afferma nel suo atto fondativo “la fede nella dignità e nel valore della persona umana” può voltarsi dall’altra parte di fronte a questo scempio?». La tesi di Meloni è che il terrorismo e il fondamentalismo soffiano sul fuoco dell’instabilità per scelta. «Creare il caos e diffonderlo», spingere decine di milioni di persone a mettersi in viaggio alla ricerca di una vita migliore in modo che in quella marea umana possano infiltrarsi «reti criminali che lucrano sulla disperazione per collezionare miliardi facili».
È una mafia. Meloni promette battaglia («combatterò anche questa») e si appella alle Nazioni unite: «Davvero possiamo fingere di non vedere che oggi al mondo non esiste attività criminale più profittevole del traffico di migranti?». Da Roma Matteo Renzi la accusa di aver «perso la faccia» sui migranti, ma lei resta convinta che non sia solidarietà accogliere «chi ha i soldi per pagare questa ipocrisia». Bisogna invertire la rotta e Meloni propone quel modello di cooperazione «da pari a pari» che ispira il suo «Piano Mattei» per l’Africa e che costruirebbe nel tempo un’alternativa alle migrazioni di massa. La premier tornerà oggi a Roma, dopo aver parlato faccia a faccia anche con il turco Erdogan, il canadese Trudeau e il segretario generale dell’Onu, Guterres.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *