Meloni ha incontrato giovedì il premier britannico: firmato un memorandum per la cooperazione strategica. Proteste contro di lei, che ironizza: «Bene, ero preoccupata, era da un po’ che non succedeva»
Si chiudono nello studio di Rishi Sunak per oltre un’ora. Senza cellulari. Insieme agli staff visitano praticamente tutta la residenza del premier britannico, compresi alcuni angoli da museo, la stanza della Thatcher, alcuni pezzi dello scrittoio che fu di Churchill.
La visita a Downing street di Giorgia Meloni va secondo le previsioni, il feeling con il premier britannico è migliore di quanto previsto: alla fine i risultati sono la firma di un memorandum di cooperazione strategica fra i due Stati molto articolato, una piena sintonia sull’Ucraina (si discute di comune addestramento dei militari di Kiev), un endorsement del capo di governo inglese sulle capacità di Meloni di «garantire stabilità economia» all’Italia.
Quando dopo due ore Sunak e Meloni lasciano la sede del governo britannico, diretti a Westminster per vedere i mosaici più preziosi della Cattedrale di Londra, entrambe le delegazioni sono più che soddisfatte. Una piccola contestazione sfiora il passaggio del corteo, danno della «fascista» alla Meloni, che poco più tardi, nel suo albergo, non si scompone: «Ho sentito gente che gridava: ho chiesto al primo ministro ma lui mi ha risposto “qui c’è sempre qualcuno che protesta”. Erano contro di me? Bene, finalmente, è una buona notizia. Non vengo contestata da un po’ di tempo e cominciavo a preoccuparmi».
Davanti alle telecamere i due leader si scambiano complimenti reciproci. Per lui è «meraviglioso accogliere il premier italiano grande alleato su tanti fronti». «Noi siamo nazioni che hanno una forte partnership ma che possono fare ancora di più, insieme possiamo fare un grande lavoro, dagli investimenti reciproci al settore della difesa», scandisce Meloni. Che, contrariamente a quanto previsto, e a quanto viene messo nero su bianco nel resto del memorandum, appoggia senza remore la linea politica di Sunak, contestata anche in Gran Bretagna, contro le migrazioni irregolari. Se nel documento i due Paesi si ripromettono di lavorare insieme sul tema, ritengono «necessario un cambio di passo nel nostro approccio alla politica migratoria», ma tenendo conto «degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea», di fronte alle telecamere Meloni non fa alcun distinguo: «Apprezzo quanto sta facendo Sunak, e anche sul tema del Ruanda, con le garanzie necessarie in termini di diritti umani cosa viene contestato? Il Ruanda è inadeguato perché sta in Africa? Anche io ho sempre sostenuto la necessità di creare hotspot in quei Paesi».
Il punto è che la legislazione britannica in discussione in queste settimane prevede alcuni istituti giuridici, come la detenzione per 28 giorni al momento dell’ingresso «illegale» su suolo inglese, che nella Ue o in Italia sarebbero considerati incostituzionali.
Ma su questo doppio registro, o apparente contraddizione, Meloni preferisce non soffermarsi.
Importante per lei è la cooperazione con Londra per «rendere prioritaria la dimensione esterna delle politiche migratorie come soluzione strutturale per prevenire la migrazione irregolare e stabilizzare i flussi».
Oggi Meloni chiuderà la visita con un ricevimento all’ambasciata italiana, alla presenza di imprenditori italiani e britannici. Poi si fermerà nella capitale inglese insieme alla famiglia, per una breve vacanza privata.