8 Settembre 2024

Palazzo Chigi ha ritenuto di dover diffondere la notizia di una telefonata fra i due leader ma in un contesto più ampio rispetto alla vicenda di Ilaria Salis, ma avverte: «Non è una questione tra capi di governo»

Alla fine una telefonata fra Giorgia Meloni e Viktor Orbán c’è stata. A fine giornata, quando sembrava esclusa, quando i contorni di una vicenda che per svariate ragioni diplomatiche e giuridiche sembrava essere stata confinata nella strigliata ricevuta dall’ambasciatore ungherese a Roma, da parte della Farnesina, invece Palazzo Chigi ha ritenuto di dover diffondere la notizia di un contatto diretto fra i due leader, ma in un contesto più ampio rispetto alla vicenda personale di Ilaria Salis.
Secondo fonti di governo infatti Meloni ha avuto un contatto diretto con Orbán in primo luogo in vista del Consiglio europeo. Non è da escludere infatti che toccherà a Giorgia Meloni, e non per la prima volta, vestire i panni proprio della mediatrice e dell’«amica» di Orbán, che sta bloccando gli aiuti da 50 miliardi di euro alla resistenza ucraina. Il Consiglio europeo che inizia domani mattina a Bruxelles avrà in cima all’agenda proprio il problema ungherese, che negli ultimi giorni si è arricchito di indiscrezioni, accuse reciproche fra l’Unione e Budapest, messaggi minacciosi da parte delle istituzioni sulla possibilità di congelare in futuro tutti i finanziamenti europei diretti all’Ungheria, se Orbán non toglierà il veto dal tavolo dei negoziati sugli aiuti a Kiev.
Date per scontate le affinità politiche fra Orbán e Meloni, una telefonata, fanno capire fonti di governo, era stata programmata a prescindere, proprio in vista del Consiglio e per il rapporto personale che la presidente del Consiglio vanta con il premier ungherese. Sull’onda del clamore della notizia del caso Salis, delle foto circolate sui social, dell’iniziativa della Farnesina, ad un certo punto della mattina, sembrava invece che un contatto fra i due fosse solo possibile, ma non probabile. Complice anche una giornata densa di impegni da parte di Meloni, fra cui 8 incontri bilaterali con altrettanti leader africani arrivati nella Capitale per la conferenza di lunedì scorso.
Una dinamica che appariva confermata all’ora di pranzo. Le parole pronunciate dall’ambasciatore ungherese alla Farnesina, di fronte al segretario generale del ministero degli Esteri, Riccardo Guariglia, a porte chiuse ovviamente, le rassicurazioni fornite di fronte alla proteste per un trattamento considerato «inaccettabile», le scuse inoltrate al governo italiano, il dispiacere manifestato in modo profondo, formale ed esplicito, avevano indotto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a valutare la necessità di una pausa di riflessione, rispetto al registro dell’indignazione montante.
La pausa aveva coinvolto anche Giorgia Meloni. «Orbán non c’entra», ha detto davanti ai cronisti Tajani, dopo aver sentito il capo del governo: e dunque il sistema giuridico non dipende da quello politico, e a quel punto il caso è sembrato sgonfiarsi. E alcune garanzie incassate in modo informale da parte del governo ungherese, confermate nel pomeriggio dallo stesso avvocato della famiglia di Ilaria Salis, che ha descritto la vicenda in discesa dopo l’intervento formale del governo italiano, sembravano il sigillo di una vibrante protesta diplomatica che però poteva fermarsi lì.
Nel commentare la telefonata, a fine giornata, a Palazzo Chigi come alla Farnesina, aggiungono almeno un’altra valutazione utile a capire le mosse del governo italiano e i loro confini. «Se ne facciamo un caso fra capi di governo diventa un autogol — precisano fonti dell’esecutivo — e la destra ungherese potrebbe montarci una campagna sopra, cosa che non converrebbe in primo luogo alla ragazza italiana sotto indagine, e anche questa è una cosa che non capiscono le opposizioni».
Eppure, alla fine, la telefonata c’è stata. Programmata ancor prima della diffusione delle foto sul caso Salis. In primo luogo per discutere dei fondi all’Ucraina, ma a quel punto ovviamente Meloni non ha potuto che aggiungere anche il peso del suo ruolo di capo del governo italiano su una vicenda strettamente bilaterale. Nel rispetto, aggiungono a Palazzo Chigi, «dell’autonomia della magistratura ungherese».

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