22 Novembre 2024

L’incontro ieri sera a Bruxelles. Al termine del Consiglio europeo Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron si sono incontrati faccia a faccia per il primo bilaterale “vero” dopo gli incontri informali a Roma

Entrano in albergo allo stesso orario, poco prima delle 23. Scelgono una sala privata. Al bar dell’hotel Amigò è già seduto il Cancelliere tedesco con il suo staff. Macron e Meloni invece dicono arrivederci ai loro collaboratori e fanno insieme la scalinata che conduce al primo piano. Le porte si chiudono e a vigilare sulla riservatezza dell’incontro restano le scorte. Se in un primo tempo la notizia era il confronto del disgelo, con il passare dei minuti la prospettiva diventa un’altra: la presidente del Consiglio e il presidente della Francia hanno deciso di parlarsi a tu per tu, da soli. E quando il confronto finisce sono passati 100 minuti, oltre un’ora e mezza. Dopo cinque mesi di gelo i due presidenti avevano tante cose da dirsi.
L’incontro l’ha chiesto lui. Dopo un lungo periodo di incomprensioni, accuse reciproche, parole piccate. All’una di notte sono ognuno nella rispettiva camera, non dicono una parola alle proprie delegazioni. Macron si è lasciato alle spalle un Paese spaccato, con centinaia di migliaia di manifestanti in piazza contro la sua riforma delle pensioni. Eppure ha scelto di esserci, sia al vertice europeo che con la presidente del Consiglio. Per Giorgia Meloni invece è un faccia a faccia che diventa immediatamente, dal punto di vista mediatico, il momento simbolo della sua prima giornata a Bruxelles.
Bastano questi pochi dati di cronaca per definire l’evento comunque eccezionale. Nell’unico altro incontro ufficiale lei non aveva ancora ottenuto la fiducia del Parlamento, e furono le sale dell’hotel Melia, a Roma, ad ospitare una conversazione privata. Non andò benissimo, e le scorie di quel primo confronto si videro poche settimane dopo, con uno scontro diplomatico senza precedenti fra i due apparati istituzionali, sulle responsabilità del porto di approdo di una nave delle Ong.
Da allora le due diplomazie hanno lavorato in silenzio cercando un riavvicinamento. Il Quirinale è intervenuto con una telefonata di Sergio Mattarella al capo dell’Eliseo e con un lavoro fuori dai riflettori che non si è mai interrotto. Alla fine i due leader hanno ripreso a messaggiarsi. Un ulteriore picco negativo nelle relazioni si è avuto, nonostante tutto, quando Macron decise di invitare Zelensky a Parigi, insieme al cancelliere Scholz, escludendo l’Italia.
Eppure, subito dopo, complice un incrocio massiccio di interessi fra i due sistemi economici e politici, che si dispiega in obiettivi paralleli su dossier strategici, dalla difesa all’aerospazio, dall’integrazione delle due economie ad interessi geopolitici convergenti, i due leader hanno ripreso a parlarsi.
Sul piatto dell’incontro c’è di sicuro anche una richiesta francese, quella bollinatura delle tecnologie nucleari fra quelle compatibili alla transizione energetica che per Parigi è essenziale. L’Italia può dare una mano. E certamente, in cambio, può dare Parigi una mano a Roma, in primo luogo sull’esplosiva situazione della Tunisia, ma più in generale su tutto il dossier migranti.
Ma in un’ora e quaranta si è andati certamente oltre i perimetri dei temi dell’agenda preparata dai rispettivi staff. Fa capolino la Libia, la consapevolezza reciproca che un’azione coordinata fra i due Stati può produrre passi avanti reali ai fini della stabilizzazione. Di certo anche la riforma del Patto di Stabilità: Parigi può aiutare il governo Meloni ad ottenere margini di flessibilità legati alla crescita su cui finora Berlino ha fatto muro. Ma l’incontro appare soprattutto la presa d’atto che a nessuno dei due Paesi conviene ancora sopportare una mancanza di comunicazione fluida, costante e personale, fra i rispettivi leader.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *