19 Settembre 2024

Un’ora e 40 di colloquio riservato, poi la battuta: siamo d’accordo su tutto, la stampa sarà delusa ma resta il test di Bruxelles

Cina e semiconduttori, i progetti comuni sui lanci spaziali, ovviamente il fronte ucraino, un allineamento che appare sincero, forte, sul prossimo Consiglio europeo, sulla prima battaglia di Meloni nella Ue, la difesa dei confini esterni. Il presidente Emmanuel Macron ha apprezzato il ruolo di apripista e di catalizzatore degli interessi di Bruxelles svolto dalla presidente Giorgia Meloni in Tunisia. E gliene ha dato atto.
Ma in un’ora e 40 di colloquio riservato, a tu per tu, nel salotto adiacente lo studio del presidente francese, al secondo piano del Palazzo dell’Eliseo, la convergenza fra i due leader spazia su tanti fronti e fa leva anche sulla debolezza delle relazioni che oggi segnano il tradizionale asse fra Parigi e Berlino.
Nel corso della visita il protocollo viene in qualche modo stravolto: dovevano vedersi in bilaterale, senza staff, solo 45 minuti. Gli altri momenti della visita erano dedicati ad un confronto istituzionale allargato alle delegazioni. Alla fine diplomatici e sherpa ricevono un briefing da parte dei due presidenti di poco più di dieci minuti. Lo apre Giorgia Meloni, che rompe il ghiaccio e la curiosità, anche dei propri collaboratori, con una battuta e un sorriso: «Vi annunciamo che siamo d’accordo su tutto, la stampa non sarà contenta».
Se doveva essere un restart, un nuovo inizio, in apparenza ci sono state le condizioni. Lo sottolinea la premier, ma ne sono prova anche i punti che i due hanno toccato in privato e che hanno in testa il dossier immigrazione: anche il presidente francese è convinto che l’unico approccio efficace, come sostiene la premier italiana, è avere rapporti diretti, e coltivare iniziative concrete, con i Paesi africani di transito o di partenza dei grandi flussi. La Tunisia è un caso simbolo, e si vedrà nei prossimi giorni se gli sforzi di Roma e Bruxelles avranno successo, ma il metodo viene condiviso e rilanciato da Macron.
La difesa dei confini esterni alla Ue, terrestri come marittimi, è un priorità anche per Parigi e l’intesa è quella di arrivare ad una posizione comune al prossimo vertice della Ue, a fine mese. Ma nei colloqui entrano argomenti anche molto tecnici, giudicati strategici da entrambi gli Stati: i progetti Vega e Maya, sul lancio congiunto di satelliti con energie rinnovabili, riceve un nuovo impulso durante la visita. E la stessa cosa si può dire del dossier che riguarda la creazione del Fondo europeo per gli investimenti, che la Germania non guarda di buon occhio. Un progetto che in queste ore sta subendo da parte della Commissione una riscrittura, ma che Parigi e Roma sostengono in modo allineato, puntando al massimo delle potenzialità finanziarie, anche per sostenere l’autonomia strategica dell’Unione e ripristinare in modo quanto più efficace possibile le catene di approvvigionamento delle rispettive industrie.
Sono i numeri che entrambi sottolineano, delle rispettive bilance commerciali, che in fondo raccontano un percorso obbligato. Al di là degli screzi o delle divergenze politiche dei singoli partiti che rappresentano — che pure Macron accenna, nel corso delle dichiarazioni alla stampa, per derubricarle a fatti secondari — Francia e Italia restano saldamente il secondo partner l’uno dell’altro, sia per le importazioni sia per le esportazioni.
È la storia di un connubio difficilmente scalfibile dagli stessi leader che guidano i rispettivi Stati, un connubio che fa leva anche sui legami culturali, sottolineano entrambi, mentre al Louvre è stata appena inaugurata la mostra sul museo di Capodimonte, a Napoli, visitata una settimana fa dal nostro Capo dello Stato, Sergio Mattarella. La prima volta che un Museo, e prestigioso come quello francese, ospita, letteralmente, un altro museo e i suoi principali capolavori, le sue collezioni.
Alla fine della visita di Giorgia Meloni, mentre in suo onore la nostra ambasciata ospita un ricevimento, è uno dei principali collaboratori del presidente francese ad ammettere che «al momento ci sono molte più convergenze fra Francia e Italia che fra Parigi e Berlino». E non è una considerazione che riguarda la figura dei rispettivi leader, ma che fotografa lo stato dell’arte dei dossier in cima alla lista dei due Stati.

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