L’aria che tira fa pensare che la lista dei ministri e quella che arriverà dei sottosegretari potrà subire cambiamenti non di poco peso . Si parla molto di un possibile cambio alla Difesa proprio per dare un segnale di ferreo impegno militare
Le parole. E quegli applausi entusiasti dei parlamentari quando Silvio Berlusconi quasi irride Zelensky, momenti che secondo i fedelissimi di Giorgia Meloni rappresentano «il livello più infimo mai raggiunto da Forza Italia».
È stato tutto incredibilmente troppo, alla vigilia delle Consultazioni e a pochi giorni dal suo prevedibile incarico, perché la leader di Fratelli d’Italia non uscisse allo scoperto. Per rassicurare gli alleati internazionali, della Nato ed europei. Per avvertire i riottosi leader della coalizione che così non si può più continuare. Per ribadire che andrà dritta per la sua strada, sulla linea politica e sulla scelta della squadra. E per gridarlo quasi: o ci si comporta seriamente, rispettando il programma e i punti fermi su cui si fonda la coalizione, o «non si fa il governo».
A sera dunque, dopo un’altra giornata difficilissima, dopo lo sdegno, la ricerca di contromisure, i contatti frenetici, Meloni diffonde una nota durissima e fermissima. Che serve in primo luogo a dire al mondo che sarà lei e sempre più lei a garantire sull’affidabilità internazionale dell’Italia, non altri. Sia per la posizione sempre assunta, sia nella scelta delle persone più affidabili che entreranno nella sua squadra.
«Su una cosa sono stata, sono, e sarò sempre chiara. Intendo guidare un governo con una linea di politica estera chiara e inequivocabile. L’Italia è a pieno titolo, e a testa alta, parte dell’Europa e dell’Alleanza atlantica. Chi non fosse d’accordo con questo caposaldo non potrà far parte del governo, a costo di non fare il governo». Senza citare mai Berlusconi, Meloni insiste: «L’Italia con noi al governo non sarà mai l’anello debole dell’occidente, la nazione inaffidabile tanto cara a molti nostri detrattori. Rilancerà la sua credibilità e difenderà così i suoi interessi». E lo farà solo con chi ci sta: «Su questo chiederò chiarezza a tutti i ministri di un eventuale governo. La prima regola di un governo politico che ha un forte mandato dagli italiani è rispettare il programma che i cittadini hanno votato».
Oltre, Meloni in pubblico non poteva andare. Il suo fedelissimo Giovanbattista Fazzolari scende ancor più nel merito: «La principale notizia dell’audio è l’incredibile capacità della disinformazione russa di penetrare ad alti livelli della politica occidentale, perfino a quelli di una persona preparata e autorevole come Berlusconi. Il nostro sostegno all’Ucraina dovrà essere più fermo e deciso di quanto è stato finora».
Non esiste insomma spazio per alcun tipo di ambiguità, su questo – raccontano – in pieno accordo con il capo dello Stato, con il quale i rapporti vengono definiti molto solidi. Meloni ha quindi preteso (e ottenuto), marce indietro, smentite, dichiarazioni di fedeltà. Non solo da Berlusconi, ma anche da Antonio Tajani, che oggi andrà a Bruxelles per rassicurare il Ppe in subbuglio e che ieri è stato parecchio in bilico nel suo ruolo considerato finora scontato di ministro degli Esteri: «Devi dissociarti, eri anche tu a quella riunione…», gli è stato fatto sapere. Lui lo ha fatto, si vedrà se basterà, in FdI «abbiamo tanti che possono occupare quel posto…», da Terzi a Massolo. Ma è vero pure che l’uomo considerato più dialogante e affidabile tra gli azzurri non è facile da escludere dal governo. Perché può garantire appoggio leale e anche perché senza di lui verrebbe meno lo schema dei due vice premier di Fi e Lega.
Però l’aria che tira fa pensare che la lista dei ministri e quella che arriverà dei sottosegretari potrà subire cambiamenti non di poco peso . Si parla molto di un possibile cambio alla Difesa proprio per dare un segnale di ferreo impegno militare: se Urso approdasse allo Sviluppo Economico, potrebbe toccare o ad Edmondo Cirielli, un passato da ufficiale dei Carabinieri e generale di Brigata, o al generale Luciano Portolano. E viste le ultime vicende, non si sa più se i ministri azzurri resteranno gli stessi nei nomi e nei numeri, mentre i sottosegretari potrebbero diminuire ed essere ben selezionati. Perché se «arrivano ad applaudire Berlusconi che attacca Zelensky, significa che ancora rispondono solo a lui», dicono da via della Scrofa.
Il sospetto infatti in FI è che ci sia la volontà esplicita di rendere la navigazione di Meloni agitata. Il tutto mentre non sono piaciute nemmeno le ultime pressioni di Salvini, oggi molto più in linea con la leader ma comunque ben attento alla sua squadra. Quindi, non bisogna mostrare debolezze: alle consultazioni si andrà tutti insieme cercando di «depotenziare» la presenza di Berlusconi, ma poi sulla lista non ci saranno più nè trattative nè tira e molla. A costo di rischiare malumori o perfino sgambetti. Ma bisogna chiudere il prima possibile. Sperando che la falsa partenza sia superata con i fatti.