16 Settembre 2024

La richiesta della premier Giorgia Meloni al leader del Carroccio e suo vice al governo è stata molto netta: chiarisci e spazza il campo dalla richiesta di dimissioni, che non sta in piedi. Le parole di Salvini ad Agorà

Quando la polemica è ormai divampata, quando quasi l’intero arco costituzionale se la prende con la Lega e con Salvini, contro parole considerate quasi eversive, le sue, quelle del leader, e quelle del parlamentare Borghi, è allora che Giorgia Meloni decide che la sola linea di non intervenire non può bastare, che occorre una correzione di rotta.
Il contatto fra il capo del governo e il suo vicepremier avviene a metà pomeriggio, Meloni fa capire al leader della Lega che può essere anche d’accordo su alcuni concetti, lei stessa del resto in queste ore ha rilasciato più di una dichiarazione contro la Ue e contro l’eccesso di legislazione e di sovranità delle istituzioni comunitarie. Ma essere sovranisti, in senso nazionale, è una cosa, prendersela con il capo dello Stato, per giunta il 2 giugno, chiedendo addirittura le dimissioni, è un’altra. La richiesta di Meloni a Salvini è molto netta: chiarisci e spazza il campo dalla richiesta di dimissioni, che non sta in piedi.
Passano meno di due ore e alla fine arriva la marcia indietro del vicepremier, una marcia indietro articolata, anche perché questa sera Meloni sarà in tv e dovrà parlare di Europa, criticando un eccesso di sovranità della Ue, ma certamente senza coinvolgere Sergio Mattarella, con il quale i rapporti sono di fruttuosa cooperazione. «Nessuna polemica col presidente Mattarella- specifica poi lunedì mattina il leader del Carroccio – , il presidente ha il rispetto mio e della Lega».
Insomma una cosa è la campagna elettorale, il posizionamento politico rispetto allo spettro di materie delegate all’Unione europea, che Meloni vorrebbe restringere come Salvini, un’altra è condire la cosa con un attacco al capo dello Stato che come sempre ha fatto un discorso neutro, certamente interpretato da qualcuno in modo poco aderente alla lettera del messaggio.
Di sicuro, e lo notano nel partito della Meloni, al ricevimento nei giardini del Quirinale, due sere fa, molti leghisti erano assenti. Praticamente tutto lo stato maggiore. E la cosa non è passata inosservata, come se l’attacco a Mattarella fosse in gestazione. Come se le parole della prima carica dello Stato avessero già prodotto un malumore e una decisione politica, di cui si sono viste le conseguenze ieri.
Ma un’altra cosa è altrettanto sicura, quello della sovranità europea è argomento che tornerà prima e dopo il voto per rinnovare il Parlamento di Strasburgo e Bruxelles. E secondo alcuni, in FdI, tornerà anche con una decisione che Giorgia Meloni avrebbe già preso: ricorrere alla Corte costituzionale contro le norme europee, in un conflitto di attribuzioni sul destino delle concessioni balneari. Sarebbe un colpo di scena, dopo anni di promesse arrivate da Palazzo Chigi, e dopo che la stessa premier aveva assicurato una norma di adesione alle richieste europee.

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