A «Porta a porta» la premier rivendica il carcere ostativo e Caivano. La segretaria del Pd: un errore alzare il tetto ai contanti
Il tema dovrebbe unirle, perché è quello della lotta alla mafia e del ricordo delle vittime, al quale Bruno Vespa dedica uno speciale su Raiuno prima della messa in onda del film I cento passi, la storia di Peppino Impastato. Ma Elly Schlein e Giorgia Meloni restano su sponde opposte. La prima si dice disposta a collaborare per il bene del Paese se l’obiettivo è sconfiggere le mafie, ma per ora, dice, vede mosse «sbagliate». La seconda rivendica i provvedimenti del governo, dal carcere ostativo che è stato «il nostro primo atto di governo», al risanamento di Caivano: «Vedere una mamma che riusciva a portare il suo bambino al parco per me è stata una grande felicità».
La premier termina la sua intervista — che arriva dopo quella della leader del Pd — parlando di chi la definisce il capo di governo più influente d’Europa: «Forse perché ho smentito i pronostici, ancora una volta. Non ho sfasciato la macchina. Si temeva fossi una persona con cui non si potesse avere a che fare. Io invece sono pragmatica, esprimo i miei giudizi, dico le cose in faccia, se devo dire sì è sì, se è no è no. E le persone ti rispettano per questo». Poi, nel merito: «Si diceva che sarebbe crollata l’economia, saltato il Pnrr: siamo il primo Paese a prendere la quarta rata dopo averlo rivisto. Si può essere credibili e rispettati se si dice quello che si pensa».
Prima c’è comunque l’esposizione delle rispettive posizioni da parte delle due leader, che per ora un vero incontro sembrano averlo avuto solo sul tema del femminicidio. Elly Schlein batte su due concetti. Disponibili a lavorare con il governo per sconfiggere le mafie? «Noi sul merito saremo sempre disponibili — dice —, siamo disposti a fare le cose giuste. Siamo però preoccupati, perché in questo primo anno abbiamo visto cose sbagliate». E qui l’elenco: «Trecento milioni sono stati tolti dal Pnrr sui beni confiscati alle mafie per il loro utilizzo sociale». E ancora: «Si è andati in direzione contraria a quanto si doveva: alzando il limite all’utilizzo del contante, o permettendo i subappalti a cascata, dove si può infiltrare la mafia».
Poi la leader del Pd lamenta come manchi integrazione europea nel contrasto alle mafie, come sia difficile capire all’estero che si tratta di un problema che infiltra tanti Paesi e che insieme va combattuto. Infine, propone un punto di incontro: «Abbiamo presentato un emendamento per dare il riconoscimento di vittime anche a chi è stato colpito non in base a normative degli anni ‘60 e ‘70. Speriamo di poterlo fare insieme».
Tocca poi a Meloni, che ricorda come sia stato proprio l’omicidio di Paolo Borsellino a convincerla a fare politica, in un partito allora del 3%: «Avevo 15 anni, mai avrei immaginato che avrei affrontato questo tema da premier». Poi rivendica quanto fatto finora dal suo governo: «Il nostro primo provvedimento — ribadisce — è stato difendere il carcere ostativo da possibili cancellazioni per sentenze della Consulta e altro. È uno dei più forti strumenti antimafia, che si rischiava di smontare: chi in carcere non collabora, non può essere un detenuto come un altro, che peraltro continua magari a dare ordini». Poi, aggiunge, ci sono state «12 mila assunzioni nelle forze dell’ordine, un rafforzamento della lotta contro le cybermafie, perché non è che essendo meno visibili sono meno pericolose».
Infine la rivendicazione: «Eravamo famosi per essere il Paese che esportava la mafia, ora esportiamo l’antimafia. Ci chiamano da tutto il mondo e ci ringraziano per il contributo che diamo». Si chiude su Caivano, con don Maurizio Patriciello che avverte: potranno arrivare «applausi e fischi, per ora sono applausi». La premier si compiace: «Stiamo facendo il nostro dovere, saremo giudicati. Vogliamo combattere le zone franche, non solo Caivano, dove finora lo Stato si è voltato dall’altra parte. E non ci faremo intimidire, non mi farò intimidire». Insomma, il risanamento dei luoghi in qualche modo lasciati a se stessi diventa una priorità del governo, assicura Meloni: «Lavoriamo a 360 gradi. Se funzionerà a Caivano può funzionare altrove», con potenziamento di personale, controllo, processi e apertura di spazi vivibili.