19 Settembre 2024
Giorgia Meloni

Giorgia Meloni

Spinta per un esecutivo che faccia «bella figura in Italia e fuori». L’incontro con Tajani e il messaggio Twitter al presidente ucraino

In pubblico Giorgia Meloni sceglie di mantenere il silenzio. Si lavora e si tace, il suo mantra imposto anche ai fedelissimi. Unica eccezione alla regola, la risposta agli endorsement ricevuti negli ultimi giorni. Ultimo, quello caloroso del presidente ucraino Zelensky, che si congratula per la vittoria, ringrazia per il «sostegno» e dice di contare su una «proficua collaborazione». La replica su Twitter è un’assicurazione: «Sai che puoi contare sul nostro leale sostegno alla causa della libertà del popolo ucraino». Ma Meloni ringrazia anche chi le ha mandato caldi messaggi di buon lavoro, come il premier polacco Morawiecki, quello ceco Petr Fiala e la britannica Liz Truss: «Pronti a collaborare».

Niente scontri inutili e conti in ordine
Grande attenzione ai rapporti internazionali insomma, e anche per questo nei tanti colloqui di ieri Meloni è stata chiara: «Voglio un governo con personalità anche politiche di alto profilo, inattaccabile, che mi faccia fare bella figura in Italia e all’estero. Che non mi crei problemi e non provochi censure e inutili scontri polemici di cui non abbiamo alcun bisogno». Anche perché la situazione è talmente difficile che non ci si può permettere «passi falsi», e tantomeno provvedimenti fuori linea rispetto allo stato dei conti pubblici. I soldi a disposizione «sono pochi» e presentarsi come primo atto del governo con una manovra che richieda uno scostamento di bilancio, se non come «extrema ratio», sarebbe «visto male all’estero». Parole pronunciate più volte nella prima giornata dopo il voto passata prima alla Camera poi alla sede del partito. Qui, da sola, ha fatto e ricevuto molte telefonate. Di chi magari chiedeva lumi o offriva disponibilità, mentre lei ha continuato a sondare possibili candidati e a tenere i rapporti informali con Palazzo Chigi in vista del passaggio di consegne.

Nomi che siano all’altezza
Nel pomeriggio, da Meloni è stato ricevuto anche Antonio Tajani, che non si sbottona: «Non abbiamo parlato di nomi, ma di metodo. Servono ministri di alto profilo e di prestigio. Noi siamo pronti a dare il nostro contributo, offrendo sostegno e competenze. Ho parlato con von der Leyen e Metsola assicurando che FI sarà al governo con un ruolo europeista e responsabile».
Meloni – che prestissimo avrà un confronto con Salvini – vuole coinvolgere gli alleati in un clima di collaborazione, ma chiede che non le si presentino nomi non all’altezza della situazione: no a bocciati dalle urne da ripescare, no a figure di secondo piano a cui sono state fatte promesse, no a chi non abbia posture serie. Vale per tutti, anche per i suoi, che certo non la seguiranno tutti al governo ma alcuni (forse Lollobrigida e Donzelli) resteranno a tenere le redini dei gruppi e del partito, altri potrebbero approdare alla guida di agenzie delicate (c’è anche l’ipotesi Crosetto a Leonardo), altri ai vertici istituzionali (La Russa possibile per il Senato).

La questione Viminale
Il nodo più complicato però è il ministero dell’Interno. La volontà di Salvini di tornare al Viminale è nota, ma la resistenza di Meloni è forte. Non solo perché Mattarella non vedrebbe di buon occhio la proposta di un ministro che è sotto processo per il caso Open Arms, ma anche per quello che Salvini ha scandito in ogni comizio: tornare ai decreti Sicurezza (che il Colle promulgò ma con pesanti rilievi) e la promessa che in casi simili «sono pronto a rifare quello che feci con quella nave». La leader di FdI invece non vuole trovarsi sotto attacco su terreni così delicati con l’Europa, osservatore diffidente nei suoi confronti.
Una buona notizia le arriva dall’opposizione. Dopo che Lollobrigida ha ribadito l’intenzione di riformare la Carta a partire dal presidenzialismo, arriva l’apertura di Matteo Renzi: «Faremo opposizione, ma se Meloni chiederà un tavolo per fare insieme le riforme, noi ci saremo». In un messaggio inviato alla leader, Carlo Calenda è andato oltre, offrendole la sua collaborazione e la sua esperienza «sulle emergenze» come «ho fatto con altri governi».

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