21 Novembre 2024

L’incontro a lato del vertice Nato è durato un’ora. Il Sultano ha invitato la Premier in Turchia

L’incontro con Erdogan dura quasi un’ora. Ci sono gli interpreti, il tempo di colloquio reale è dimezzato, ma tanto basta per un giro d’orizzonte che si intreccia con la prima giornata di Giorgia Meloni al vertice Nato. La presidente del Consiglio, nel suo intervento a porte chiuse, ha enfatizzato il ruolo multipolare che l’organizzazione transatlantica può interpretare, allargando le sue tradizionali sfere di influenza. Con il presidente turco entra nel merito: la lotta al terrorismo, che deve essere coordinata maggiormente, deve focalizzarsi in un’alleanza che vada dalla Ue al Medio Oriente, con Ankara come uno degli attori principali.
Il focus primario è quello del Mediterraneo, dei Paesi africani che sono vittime e insieme complici dei traffici di clandestini, ricatti di terroristi, influenze della compagnia russa Wagner: se la Nato dovesse focalizzare le sue antenne anche su questa sfera del mondo, più che in passato, per Giorgia Meloni questo allargamento di orizzonte non potrebbe che essere accompagnato dal know how e dall’influenza turca in questi territori. Un esempio su tutti, al quale si accenna durante i colloqui: la Libia, e la capacità di intervento che Erdogan esercita con i suoi militari nel grande risiko fra Tripolitania e Cirenaica.
Meloni è reduce da un bilaterale con il premier britannico Sunak, con il quale discute anche del progetto di consorzio che coinvolge anche il Giappone sul caccia militare di sesta generazione che abbiamo messo in cantiere, ma soprattutto è reduce da un intervento a porte chiuse, in teoria secretato, al vertice Nato, in cui ha posto l’accento proprio sui rischi del terrorismo, che va a braccetto con i trafficanti di migranti. Una porzione di mondo che per l’Italia è prioritaria è stata ignorata per troppo tempo sia da Washington che dalla Nato, sarebbe ora di aggiustare il tiro, di investire maggiormente.
La lotta al terrorismo, al traffico organizzato, per Meloni è centrale, un dossier da cui dipende la stabilità del Mediterraneo e dell’Europa. Ma quello che è un focus del nostro Paese può risultare marginale in un vertice in cui tengono banco le modalità di adesione di Kiev alla Nato: il nostro Paese ha una linea prudente, è per un’adesione condizionata, ma tutti sanno che su questo argomento conta in primo luogo l’opinione della Casa Bianca, che al momento ha congelato la decisione. La Meloni a porte chiuse ripete quello che ha sempre sostenuto: Putin deve ritirare le sue truppe prima di poter avviare vere trattative e poter parlare di un percorso di pace.
Il capo del governo italiano conferma dunque la linea dura, allineata alla posizione prevalente nella Nato: non ci può essere pace se non con un arretramento delle posizioni russe che stia bene al governo di Kiev. È forse più interessante una parte del colloquio con Erdogan, quando il leader turco chiede all’Italia di tornare a sostenere con forza l’adesione del suo Paese all’Ue. È la prima volta che Meloni affronta questo argomento da premier in una sede istituzionale. In campagna elettorale si era schierata con quei Paesi europei che ritengono Ankara impreparata a fare un salto di questo tipo. Ieri ha ascoltato, ma non si è espressa. E già un silenzio è eloquente, un cambio di passo, che basta ad Erdogan per rivolgerle un invito ufficiale ad Ankara.
Sul resto fonti di Chigi descrivono e riassumono la posizione di Meloni centrata su tre versanti: maggiore sviluppo e investimenti della Nato non solo sul fronte orientale e su quello asiatico, ma necessariamente anche su Africa e Mediterraneo; maggiore valorizzazione della catena di comando europea, che ha ormai 25 membri su 27, un fortissimo sostegno all’integrità territoriale dell’Ucraina. Il tutto con un corollario esplicito: «La Nato deve restare unita, non possiamo dividerci».

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