Fonte: Corriere della Sera
di Danilo Taino
C’è profumo di cambio di stagione alla Banca centrale europea. Non tanto nella politica monetaria, che è delineata e probabilmente in marzo sarà resa più aggressiva con una nuova dose di stimolo. La novità è che Mario Draghi sta andando oltre: sta invitando i governi a muovere nuovi passi, decisivi, nell’integrazione dell’eurozona. Il livello di divisione tra Paesi della Ue è elevato, le crisi sono multiple e le forze centrifughe in crescita: il suo obiettivo è approfondire i legami nell’area euro e completarne l’architettura, anche attraverso nuovi livelli istituzionali. Ma per farlo non basta la tecnica, nemmeno quella dei banchieri centrali: serve la spinta politica che sembra essere andata persa.
Ieri, il presidente della Bce ha detto che «le forze nell’economia globale che cospirano per tenere bassa l’inflazione» possono essere affrontate con la politica monetaria, siano esse i prezzi bassi dell’energia, gli effetti della globalizzazione e delle nuove tecnologie, la demografia. Non c’è ragione per arrendersi, per ritenere che siamo destinati a vivere in un mondo che danza pericolosamente sull’orlo della deflazione. Parlando a una conferenza organizzata dalla tedesca Bundesbank a Francoforte, ha dunque sostenuto la necessità della politica monetaria non convenzionale iniziata a metà 2014. Ha poi però dedicato la metà finale del suo discorso alle specificità dell’eurozona, la quale ha una struttura istituzionale che costringe la Bce a operare in un mercato bancario e dei capitali segmentato «e senza avere come controparte un’autorità di bilancio unica per l’intera area».
Serve altro. L’impegno a costruire un’Unione dei mercati dei capitali è un passo avanti, ma manca il completamento dell’Unione bancaria, cioè la garanzia comune sui depositi che realizzerebbe un loro mercato unico, cioè l’uguaglianza di essi «indipendentemente dalla giurisdizione».
Per questo, la Bce è favorevole alla proposta della Commissione Ue di creare questa garanzia, ha detto Draghi. In realtà, alcuni Paesi, in testa la Germania, frenano, in quanto ritengono che non tutti i sistemi bancari europei abbiano la stessa solidità. Preoccupazione che il presidente della Bce prende in considerazione quando dice che la «condivisione del rischio» (la garanzia europea sui depositi) e la «riduzione del rischio» (rendere più solidi i sistemi bancari) devono procedere «in parallelo».
Draghi ha anche ammesso che il programma di acquisto di titoli sui mercati da parte della Bce, 60 miliardi al mese, può avere effetti di distorsione dell’allocazione delle risorse. Dice però che questi potrebbero essere ridotti «integrando ulteriormente i mercati in cui interveniamo, in particolare i titoli di Stato». E qui c’è un’ulteriore invito ai governi: «Una robusta cornice fiscale che sia fatta rispettare credibilmente ridurrebbe il rischio inerente nei titoli dei diversi Stati». Un nuovo livello istituzionale dell’eurozona che si occupi dei bilanci pubblici, in altri termini.
Le proposte di Draghi non sembrano conigli usciti da un cilindro. Rientrano in un’idea organica di completamento dell’Unione monetaria. Il primo febbraio, a Budapest, le linee di fondo le ha tracciate uno dei membri del consiglio esecutivo della Bce, Benoît Cœuré, in un discorso che gli osservatori ritengono discusso e concordato con Draghi. Cœuré ha sostenuto che oggi serve un «cambio di marcia», come quello che realizzò il Comitato dei Saggi guidato da Alexandre Lamfalussy nel 2001, quando delineò la strada sulla regolazione dei mercati finanziari nell’eurozona. Allora era un momento propizio per cambiare — un kairos, ha detto Cœuré. Oggi siamo in una situazione simile. L’eurozona «ha bisogno di un Lamfalussy Moment, un momento nel quale realizziamo che il nostro approccio attuale verso l’integrazione non è più sufficiente». Allora, la spinta politica portò a sviluppare nuovi standard tecnici. «Questa volta il nostro obiettivo dovrebbe essere disegnare una strategia politica per ampliare la portata dell’integrazione in modo da costruire un’Unione monetaria davvero sostenibile; per farlo, abbiamo bisogno di una nuova convergenza politica che accompagni una nuova convergenza economica».
Cœuré ha spiegato che ci sono aree nelle quali il governo attraverso le regole «ha fatto il suo tempo». Servono, per superarlo, istituzioni comuni decisionali. Nello specifico, il membro del direttivo della Bce propone un Tesoro unico dell’eurozona («la robusta cornice fiscale» di cui parla Draghi), «sia esso interno alla Commissione Ue o un corpo separato»; una «genuina capacità legislativa dell’area euro»; e una convergenza di governo. Il messaggio della Bce è che ora è il momento «di mettere il dibattito là dove esso appartiene: nell’arena politica».