22 Novembre 2024

Fonte: La Repubblica

economia

di Raffaele Ricciardi

Dopo la sbornia di ottimismo generata dalla vittoria a sorpresa del tycoon, accreditato di politiche favorevoli alla crescita, sui listini riaffiorano i dubbi del recente passato: anche la Brexit torna a preoccupare. Incertezze sottolineate nel rapporto Global Economic Prospects. Milano chiude in rialzo dello 0,3%, deboli asiatiche e Wall Street

Dopo la corsa per la sorprendente vittoria alle elezioni Usa di Donald Trump, con il suo carico di promesse elettorali, i mercati sono in una fase di stallo con le tensioni latenti che riaffiorano sotto la coltre di ottimismo – per molti eccessivo – portato dal tycoon. Come nota Bloomberg, l’inquietudine si vede sul mercato valutario con la sterlina che soffre le ipotesi di Brexit dura e lo yuan cinese in preda a forti movimenti nonostante lo sforzo della Banca centrale di tenerlo sotto controllo. Secondo Yukio Ishizuki, strategist at Daiwa Securities a Tokyo, in questo momento i mercati sono in una fase di “esitazione”. Certo, “la forza dell’economia americana rende naturalmente attraente il dollaro, ma viste le alte aspettative che si sono create sulle politiche di Trump” ora i mercati si trovano in una fase di leggera correzione.
Donald Trump e la Brexit sono gli stessi fattori citati oggi dalla Banca Mondiale per motivare la revisione al ribasso delle stime sulla crescita globale. Nel rapporto semestrale Global Economic prospects, è detto espressamente che le incertezze legate all’azione dell’amministrazione Trump e alle conseguenze della Brexit rischiano di compromettere la ripresa dell’economia globale nel 2017 e nel 2018. Il rapporto sottolinea come il 2016 sia stato l’anno più debole per la crescita mondiale dopo la grande crisi del 2008-2009 e ammonisce sul fatto che le pressioni protezionistiche continueranno ad aumentare nei prossimi mesi su entrambe le sponde dell’Atlantico, mettendo in pericolo ogni tentativo di ripresa.
In particolare si spiega come il piano fiscale promesso da Trump, caratterizzato da un massiccio taglio delle tasse su persone e imprese, può accelerare la crescita degli Stati Uniti e quindi globale. Ma questo obiettivo – si aggiunge – può essere offuscato da una politica commerciale troppo aggressiva, col rischio anche di rappresaglie che finirebbero per indebolire ulteriormente l’economia Usa. Vedi i pericoli legati a una eventuale guerra dei dazi con la Cina.
Sui mercati, chiusura in rialzo per l’euro sul dollaro poco sotto quota 1,06. Il biglietto verde ha iniziato l’anno al ribasso dopo la pubblicazione delle minute della Fed, che hanno evidenziato l’incertezza che caratterizza l’economia Usa dopo l’elezione di Donald Trump alla presidenza. Anche il timore di una hard Brexit pesa sui mercati e favorisce i beni rifugio come lo yen. La moneta europea, che in nottata aveva superato quota 1,06, passa di mano a 1,0590 dollari e 122,27 yen. Dollaro/yen a 115,43 e sterlina a 1,2174 sul dollaro.
I listini europei ondeggiano incerti sopra e sotto la parità: alla fine Piazza Affari riesce a chiudere in rialzo dello 0,33%, con il comparto del credito sempre sotto i riflettori, mentre parte l’iter al Senato del decreto salva-risparmio che porta con sé il salvataggio del Monte dei Paschi. Francoforte chiude in positivo dello 0,17%, Parigi invariata (+0,01%) e Londra sale dello 0,52%. Anche Wall Street chiude contrastata: l’indice Dow Jones cala dello 0,16%, perdendo 31,30 punti e fermandosi a quota 19.856,08. Il Nasdaq invece cresce dello 0,35% a quota 5.551,82 punti. Lo spread tra Btp e Bund tedeschi termina la giornata stabile poco sopra 160 punti base con il decennale italiano che rende l’1,9%.
La produzione industriale torna a crescere in Francia: a novembre, secondo i dati dell’istituto di statistica Insee, è cresciuta del 2,2% dopo aver registrato il mese precedente una contrazione dello 0,1 per cento. La produzione manifatturiera cresce del 2,3% (-0,6% in ottobre).
Le Borse cinesi hanno terminato in calo una seduta caratterizzata dalla volatilità: l’indice Composite di Shanghai cede lo 0,30%, a 3.161,67 punti, mentre quello di Shenzhen scivola dello 0,24%, a quota 1.989,29. Chiusura in calo per la Borsa di Tokyo, ieri chiusa, con l’indice Nikkei a 19.301 punti (-0,79%). Dal Giappone arrivano però segnali positivi dalla fiducia dei consumatori, che ha ripreso vigore a dicembre risalendo ai massimi da tre anni a 43,1 punti secondo i dati diffusi dal governo. I consumatori giapponesi restano tuttavia prudenti nelle indicazioni sulle prospettive future. Inflazione in lieve frenata, invece, in Cina: a dicembre, secondo i dati ufficiali, i prezzi al consumo hanno registrato un incremento su base mensile dello 0,2% (+0,1% a novembre) e annua del 2,1% in lieve rallentamento rispetto al 2,3% di novembre. Si tratta del primo rallentamento del tasso di inflazione annuo da quattro mesi.
Quanto infine alle materie prime, il petrolio dopo i forti cali di ieri torna a crescere, sull’aspettativa che i paesi Opec e non si attengano al piano per la riduzione della produzione: i future a febbraio hanno aperto in rialzo dello 0,38% a 52,16 dollari al barile. Prosegue il momento positivo per l’oro, che scambia attualmente in area 1182 dollari all’oncia dopo aver toccato nella mattinata un massimo a quota 1188 dollari. Si tratta del valore più elevato da oltre un mese.

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