20 Settembre 2024

Fonte: La Repubblica

di Raffaele Ricciardi

Dal governatore nessuna modifica alla traiettoria prevista del Qe. La crescita dei prezzi ha comunque fatto montare le spinte tedesche a una normalizzazione della politica monetaria. Piazza Affari chiude in progresso dello 0,4%, Poste in luce. Il petrolio sotto i 50 dollari: l’aumento delle scorte Usa offusca il taglio Opec

I riflettori tornano a posarsi sull’Eurotower. Mario Draghi ha lasciato i tassi invariati e ha mantenuto la barra dritta sul Quantitive easing, confermando la riduzione degli acquisti ad aprile. Sebbene l’inflazione europea abbia per la prima volta dopo quattro anni rimesso la testa in area +2%, il governatore aveva già più volte ammonito che si tratta di fiammate legate alle componenti volatili, mentre di concreto in questo rialzo dei prezzi c’è poco (e le bizze del petrolio di queste ore gli danno ragione).
Anna Stupnytska, economista di Fidelity International, dice che “Draghi subisce pressioni da parte di alcuni Stati membri dell’Eurozona per ridimensionare le misure straordinarie, ma” considerando la sostanziale stagnazione dell’area “la prospettiva più probabile è che non ci siano novità”. E così è stato. “La Bce resta ferma e mantiene un approccio di cautela”, commenta Maria Paola Toschi, Market Strategist JP Morgan AM dopo le parole di Draghi, che sottolinea come si sia “mostrata più accomodante delle attese dichiarando l’intenzione di reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in portafoglio giunti a scadenza e di essere pronta a incrementare nuovamente il programma in termini di entità o durata se le prospettive diventassero meno favorevoli”. Il risultato è nel complesso “scontato ma positivo per i mercati” e “riduce i rischi di turbolenza e volatilità sui mercati obbligazionari e di attacchi speculativi in un momento di possibile ripresa di incertezza sui mercati”. Nelle sale operative infatti “la reazione è stata relativamente moderata ma positiva”.
Nonostante le mire tedesche, dunque, Draghi non è intervenuto con i mercati europei che sono leggermente migliorati. Piazza Affari ha girato in positivo per chiudere a +0,46% mentre Parmalat balza per allinearsi al nuovo prezzo di 3 euro offerto in Opa da Lactalis. In difficoltà Stm per i possibili ritardi nelle consegne delle forniture per l’iPhone di Apple. In ordine sparso le banche, mentre soffre il comparto legato al petrolio. In evidenza Poste Italiane, che ha chiuso la seduta a 6,475 euro con più di 5 milioni di pezzi trattati e un rialzo di oltre il 3%: la benzina è arrivata dalle indiscrezioni che allontanano l’ipotesi di un ulteriore collocamento in Borsa e azzerano quindi il cosiddetto rischio di overhang per gli investitori, e dall’attesa per risultati positivi. Londra ha perso lo 0,27%, Parigi ha guadagnato lo 0,42% e Francoforte lo 0,09%.
Lo spread Btp-Bund ha chiuso in leggero calo poco sopra 185 punti base, più per le vendite sul Bund che per l’acquisto di Btp, i cui rendimenti sono saliti al 2,31%. Chiusura in rialzo per l’euro sopra quota 1,05 dollari dopo la Bce. La moneta unica passa di mano a 1,0571 dollari e a 121,39 yen. Dollaro che si rafforza sulla valuta nipponica a 114,85 yen.
Come accennato, il prezzo del petrolio è sotto pressione e torna sotto la soglia critica dei 50 dollari al barile per la prima volta dal 15 dicembre scorso: le quotazioni del greggio Wti hanno segnato un calo dell’1,5% a 49,53 dollari al barile. Ieri avevano subito il calo più consistente in più di un anno. Continua la discesa del prezzo dell’oro sui mercati asiatici dove si rafforza la convinzione tra gli investitori per un possibile rialzo dei tassi negli Stati Uniti a marzo. Il lingotto con consegna immediata passa di mano a 1.204 dollari l’oncia.
Negli Usa si segnala la crescita oltre le attese delle richieste di sussidi per la disoccupazione, a quota 243mila, mentre i prezzi all’importazione sono saliti dello 0,2%, più delle stime. Quando i mercati europei chiudono, Wall Street è poco mossa: il Dow Jones sale dello 0,06%, il Nasdaq e lo S&P500 dello 0,15%.
Le Borse cinesi hanno ceduto terreno: l’indice Composite di Shanghai -0,74%, a 3.216,74 punti, quello di Shenzhen -0,73%, a quota 2.009,55. I prezzi al consumo di febbraio, intanto, hanno avuto una inattesa frenata: +0,8% annuo, contro il +2,5% di gennaio e il +1,7% atteso dagli analisti. E’ il livello basso da gennaio 2015 e sconta il calo dei costi di trasporti e comunicazioni, mentre quelli degli alimentari hanno registrato una brusca correzione al ribasso. Il governo ha appena confermato il target 2017 a +3%. Lo yuan, infine, si è indebolito di 93 punti base contro il dollaro dopo che la Banca centrale cinese ha fissato la parità a quota 6,9125. La Borsa di Tokyo ha terminato in rialzo (+0,34%), sulla scia dell’indebolimento dello yen che rafforza i titoli dell’export. Giù di oltre il 7% Toshiba per i timore di una bancarotta delle sue attività nucleari Usa.

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