Fonte: Corriere della Sera
di Marco Imarisio
Il fondatore e garante aveva chiesto che nella stesura del nuovo statuto fosse coinvolto il nipote Enrico. Ma l’ex premier ha fatto di testa sua
D’accordo, Beppe Grillo è un pazzo. Oppure un visionario. Ma qualunque definizione gli si attribuisca, nella sua testa lui è pur sempre e prima di ogni cosa la persona che da sola ha portato il Movimento dallo zero al 25 per cento del 2013, poi aumentato nel 2018 di altri sette punti sull’onda lunga del referendum costituzionale. Negli anni seguenti, quando saliva sul palco per i comizi e si stupiva della scarsa affluenza, dava la colpa al pubblico. «Lo sapete o no, che davanti a voi c’è una star?». Le uniche certezze sono che Grillo ha una più che discreta opinione di sé stesso, e che con lui la faccenda non è quasi mai politica, ma personale.
Il cofondatore del M5S ritiene di avere maturato da tempo il diritto di entrare e uscire a suo piacimento, e di venire al tempo stesso consultato su quel che avviene all’interno dei Cinque Stelle. E se qualcuno non lo fa, diventa una furia. Figurarsi se si tratta di Giuseppe Conte, al quale sta garantendo una nuova vita politica affidandogli chiavi in mano la sua creatura. Non importa se quest’ultima frase risponde al vero. Grillo la pensa così.
La crisi tra due litiganti che giocano a chi gonfia di più il petto questione di statuto, di politica estera, o di portavoce. Tutto comincia e finirà con una fiducia che Grillo sente tradita e che non sarà facile da ricostruire. Ancora prima di trattare il passaggio di consegne, c’era da costruire un rapporto personale, lavoro al quale l’ex presidente del Consiglio non sembra essersi molto dedicato. Grillo aveva dato l’assenso alla richiesta fatta da Conte di riscrivere lo Statuto di M5S, e gli sembrava di avere fatto una concessione molto importante. L’unica condizione era stata l’invito pressante a confrontarsi con i suoi due avvocati, uno dei quali è il nipote Enrico Grillo, figlio di suo fratello Andrea, uomo di fiducia assoluta. Quando Conte annuncia di chiudersi in ufficio per dedicarsi all’opera fondativa del nuovo M5S, lo fa con il suo gruppo legale. Senza consultare nessun altro. Grillo chiama più volte Conte, che da sempre ha un rapporto complicato con il telefono. Non risponde. Anche le mail dei suoi avvocati cadono nel vuoto.
Con la Cina va anche peggio, se possibile. Prima di andare in visita all’ambasciata, Grillo chiama più volte l’ex presidente del Consiglio, anche per discutere dell’opportunità della sua presenza. L’unica volta che ottiene udienza telefonica, è per sentirsi dire che l’indomani non gli avrebbe fatto compagnia, ma in mattinata sarebbe passato a trovarlo nel suo hotel romano per una chiacchierata. Conte non si fa vedere. L’irritazione per la scarsa capacità comunicativa del nuovo socio comincia a diventare qualcosa di più serio.
Quando arriva il giorno del nuovo Statuto, lo strappo è già in essere. Il cofondatore del M5S non ha grande dimestichezza con le questioni legali. Quando si trattò di scrivere le prime tavole della legge pentastellate, ne concordò il contenuto con Gianroberto Casaleggio, ma poi fu quest’ultimo a seguire la loro stesura. Questa volta i suoi avvocati gli dicono di non firmare. Grillo non firma. E va all’attacco, convinto di essere vittima dell’ingratitudine altrui. Fu lui il primo a elogiare in pubblico l’oggetto misterioso Conte nell’ottobre del 2019, durante la kermesse dei Cinque stelle a Napoli, nonostante guidasse una alleanza con la Lega che detestava. È stato lui a proporlo per la guida del Movimento che verrà, nonostante i dubbi personali, che ancora permangono, sulla sua vocazione ecologica.
Anche i parlamentari più vicini a Conte sono convinti che le colpe non stanno da una sola parte, quella oggi meno spendibile al mercato della politica. Se l’ex presidente del Consiglio avesse coinvolto Grillo, lo avrebbe portato dove voleva. Invece ha voluto fare tutto da solo. Alla fine, si tratta soprattutto di una questione umana. E proprio per questo, anche se per comuni convenienze potrebbe anche arrivare una pace più o meno posticcia, resteranno comunque degli strascichi importanti.