24 Novembre 2024

Fonte: La Repubblica

di Raffaele Ricciardi

Ho ricevuto tanti messaggi di auguri, ma i complimenti delle donne sono stati una valanga: c’è grande desiderio di identificazione, con la mia nomina è arrivato un messaggio di speranza”. Silvia Candiani ha da poco ricevuto l’investitura ad amministratrice delegata di Microsoft Italia e forse non è un caso che una manciata di giorni dopo sia già a Roma, dove l’associazione ValoreD – che ha contribuito a creare – presenta il Manifesto per l’occupazione femminile. Un documento attraverso il quale molte aziende presenti in Italia si impegnano ad abbattere le barriere verso l’ingresso e la progressione di carriera delle donne.

Dottoressa Candiani, si sente un’eccezione che conferma la regola?
E’ bello poter rappresentare il nostro Manifesto nella pratica: dimostra che alcune politiche aziendali portano risultati. Sono arrivata a questo incarico dopo tre anni con responsabilità su decine di Paesi in Europa centrale e dell’Est. Ho vissuto viaggiando, ma – grazie alla flessibilità – quando non ero su un aereo ho lavorato da casa, a Milano, facendo convivere opportunità di carriera e famiglia.

Qualcosa negli ultimi anni si è mosso. Ma nei ruoli manageriali la presenza femminile è ancora intorno al 20 per cento, tra gli ad si scende al 5%. Le donne intervistate dicono che gli impegni familiari non sono un ostacolo, gli uomini che le selezionano invece sì. Un paradosso che svela il problema culturale di fondo.
Oggi gli strumenti di organizzazione aziendale, misurazione e definizione degli obiettivi di ‘diversità’ e buone prassi di selezione del personale ci sono. Ma il cambiamento deve venire dall’alto: l’apertura alla diversità deve essere nell’agenda di un amministratore delegato. Il cardine resta il merito, la ricerca del talento. E precludersi la ricerca di talento tra la metà della popolazione non è solo ingiusto, ma un peccato. Invece aprire la società e le prime linee alla diversità, qualunque essa sia, è un beneficio per tutti.

Ma c’è anche un problema di formazione: le donne sono meno presenti nei percorsi di studi tecnici, che aprono le porte ai piani più alti.
E’ un tema che mi sta a cuore, sul quale in Microsoft stiamo lavorando: nelle competenze STEM (science, technology, engineering e mathematic, ndr) ci sono le maggiori opportunità di sviluppo personale e di lavoro. Vorremmo ispirare le ragazze: le materie scientifiche non sono aride, aprono a un mondo di possibilità. E con growITup, piattaforma in partnership con Cariplo Factory con un fondo da 100 milioni, puntiamo anche a sviluppare l’imprenditorialità femminile, sulla quale in Italia siamo indietro.

Ha qualche sassolino nella scarpa da togliersi, magari verso qualche uomo?
Ho avuto una carriera internazionale in aziende ad alta crescita e in settori non ingessati. Non mi sono mancate le opportunità, ma spesso a una donna si chiedono più ‘prove’ di meritare un ruolo. C’è più propensione a scommettere sugli uomini.

Con il cambio di ad del 2014 e l’arrivo di Satya Nadella come ceo, Microsoft ha cambiato pelle: trasformazione digitale e intelligenza artificiale dentro, software tradizionali e sistemi operativi fuori. Cosa farà in Italia?
La tecnologia è sempre più nel cuore di quel che facciamo: ormai il 30% del costo di produzione di una macchina è legato alla sua ‘intelligenza’. Il nostro piano ha tre direttrici: seguire la trasformazione digitale dei nostri clienti; sviluppare la rete di partner arrivata a quota 10mila (dalla quale arriva il 95% del giro d’affari in Italia); e intervenire in ambiti pubblici, come la scuola, per portare la digitalizzazione nel Paese.

A proposito di digitale, come vede le aziende italiane rispetto ai competitor esteri?
C’è stato un grande gap di investimenti. Ma il cloud offre un’opportunità unica: grazie al modello di costo “pago per quello che consumo”, le aziende possono modernizzare l’infrastruttura tecnologica riempendo in un colpo solo il ritardo sull’arena internazionale.

Come giudica l’operato del governo su questi temi, visto che in legge di Bilancio qualche incentivo di Industria 4.0 dovrà esser sacrificato?
La risposta di imprenditori e sistema economico è stata positiva, basta vedere i dati su ordinativi e produzione industriale. Ma un cambiamento epocale non si fa con un decreto: i super-ammortamenti aiutano il conto economico, ma servono formazione e cultura per dimostrare che le tecnologie sono un beneficio reale, al di là degli sgravi.

La tecnologia, nelle sue versioni più spinte dell’intelligenza artificiale (IA), per alcuni è però una bomba sociale che rischia di creare schiere di disoccupati.
Si è detto già in passato, la storia ha superato queste fasi. Siamo ancora agli albori dell’IA, ma è talmente importante il contributo che può dare alle persone e alle aziende che non possiamo domandarci se avrà successo o meno. Come Paese dobbiamo assicurarci di dare ai nostri ragazzi le competenze giuste per rispondere alla domanda di lavoro che in Europa si stima già in un milione di posti; per quelli già occupati creare un sistema in grado di riqualificare.

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