Le semplificazioni introdotte nel 2022 e nel 2023 per rendere più rapide le procedure di ingresso dei lavoratori extra Ue si prestano a un utilizzo distorto
Boom di domande dal Sud e, in particolare, dalla Campania, sproporzionato rispetto al tessuto imprenditoriale e al tasso di disoccupazione. Lavoratori extraeuropei che entrano regolarmente in Italia e non vengono assunti dall’impresa che li aveva chiamati. Sono molti i campanelli d’allarme che segnalano come, all’ombra dei decreti flussi che disciplinano l’ingresso regolare dei lavoratori extra Ue in Italia, si nascondano invece prassi scorrette e truffe in cui potrebbe essersi infiltrata anche la criminalità organizzata.
Lo ha affermato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che ha presentato un esposto alla Procura Antimafia, confermando quanto anticipato dal Sole 24 Ore all’indomani delle ultime due tornate di click day, quella del dicembre 2023 e di marzo 2024 (si veda il Sole 24 Ore del 29 gennaio e del 5 maggio 2024). La presidente Meloni ha anche annunciato modifiche normative per evitare che il canale di ingresso regolare dei migranti provenienti da Paesi esterni all’Unione europea finisca, come purtroppo sta succedendo, per aumentare le presenze irregolari.
Vediamo come e perché tutto questo si verifica e provoca danni, sia per i cittadini extraeuropei che intendono lavorare nel nostro Paese, sia alle aziende che hanno un reale bisogno di manodopera.
I numeri del decreto flussi e le “sproporzioni” regionali
Il Governo Meloni, di fronte alla sempre maggiore carenza di manodopera lamentata dalle imprese, ha ampliato le quote annuali di ingressi di lavoratori extra europei. Il decreto flussi triennale 2023-2025 (Dpcm del 27 settembre 2023) ha previsto 452mila posti in tre anni. Per i 136mila posti del 2023, le domande presentate ai click day che si sono svolti a inizio dicembre sono state 609mila. Per i 151mila del 2024 (i click day si sono svolti a marzo), le richieste sono state 702mila. La stragrande maggioranza delle domande resta quindi inevasa e i posti vanno esauriti in pochi minuti, tant’è che spesso si parla di “lotteria” dei click day.
Ma da dove arrivano le domande? Dai dati forniti dal ministero dell’Interno al Sole 24 Ore all’indomani delle due ultime tornate di click day, le “anomalie” dei numeri emergono evidenti. La maggioranza delle richieste arriva infatti da territori con alti livelli di disoccupazione e un tessuto imprenditoriale meno ricco. Quasi il 50% di quelle presentate a dicembre 2023 proveniva dalla Campania (298mila su 609mila) e 198mila dalla sola Provincia di Napoli. Per capire la sproporzione basti pensare che dalla Provincia di Milano ne sono arrivate poco più di 24mila, ben otto volte di meno, nonostante il tasso di disoccupazione sia al 6%, mentre in provincia di Napoli è al 21 per cento.
Stesse anomalie negli ultimi click day, quelli di marzo scorso, che riguardano gli ingressi relativi al 2024. Dalla Campania, dove le imprese censite al 31 marzo sono circa 600mila, è arrivato il 32,8% delle domande, oltre il triplo della Lombardia, che ha invece 940mila aziende e un tasso di disoccupazione di poco superiore al 4 per cento. Di nuovo si segnala la Provincia di Napoli, che ha più domande di quelle (sommate) di Veneto ed Emilia Romagna, mentre le Province di Caserta e Salerno cercano più lavoratori stranieri di Roma e di Milano.
I contratti di soggiorno (non) sottoscritti
I click day sono il primo step della procedura che porta all’ingresso dei lavoratori extracomunitari in Italia. Lo step successivo è il rilascio del nulla osta al lavoro, seguito poi dal visto, con il quale il lavoratore può entrare in Italia. L’ultimo step è la sipula del contratto di soggiorno, che deve essere richiesta dal datore di lavoro dopo l’arrivo in Italia del cittadino extracomunitario. Questo è un passaggio fondamentale, che conclude l’iter e permette al cittadino extra Ue di avere un permesso di soggiorno per motivi di lavoro e di risiedere nel nostro Paese in modo regolare. In teoria, ogni quota di ingresso prevista dal decreto flussi dovrebbe portare alla sottoscrizione di un contratto di soggiorno. Ma non è così.
Secondo l’analisi messa a punto dalla campagna Ero Straniero (sulla base di dati ottenuti tramite accesso civico ai dati dei ministeri dell’Interno, degli Affari esteri e del Lavoro) neanche il 24% delle 82.705 quote di ingresso di lavoratori extra comunitari messe a disposizione con il click day del 27 marzo 2023 si è trasformata in un permesso di soggiorno. Per le 69.700 del 2022 (click day di febbraio 2022) il tasso di successo è stato un po’ superiore e cioè del 35 per cento, ma il quadro non cambia. La netta maggioranza dei posti messi a disposizione dai decreto flussi non ha portato a un’assunzione stabile e regolare.
Molto critica invece la situazione di Roma, Milano e Napoli. I contratti di soggiorno siglati nel 2023 a Roma sono stati 35, a Milano due e nessuno a Napoli.
L’iter per arrivare al permesso
Perché non si arriva alla firma del contratto di soggiorno? Dopo il click day, la domanda che rientra nelle quote passa all’esame dello sportello unico dell’immigrazione per il rilascio del nulla osta e viene poi trasmessa alle rappresentanze diplomatiche italiane nei Paesi di provenienza per il visto d’ingresso. I dati della campagna Ero straniero mettono in evidenza che molte quote si “perdono” durante il percorso. Il rilascio del visto, in alcuni Paesi, richiede tempi molto lunghi e spesso si traduce in un vero e proprio intoppo burocratico. In media, ci vogliono oltre 120 giorni contro i 20 previsti dalla legge.
Succede però anche che i lavoratori extra Ue entrino in Italia con un nulla osta e con un visto regolare, ma poi non vengano assunti dal datore di lavoro che li aveva chiamati che non è più disponibile ad assumerli o è addirittura non rintracciabile. Un’eventualità, quest’ultima, che può essere determinata dal ritardo nell’ingresso del lavoratore (anche oltre i sei mesi), che ha costretto l’azienda a trovare un’altra soluzione, ma anche da richieste scorrette fin dall’inizio. Cioè da vere e proprie truffe, per cui al lavoratore viene chiesto del denaro per la presentazione della domanda che, o non viene accolta, o, se accettata, non conduce a un’assuzione regolare. Esiste un vero e proprio tariffario: la mera presentazione della richiesta “costa” circa 500 euro mentre per l’ingresso nel nostro Paese molti lavoratori extra Ue dicono di aver pagato fino a 12mila euro.
Può capitare dunque che persone arrivate in Italia in modo regolare, diventino poi irregolari perché non stipulano il contratto di soggiorno e si ritrovano in situazioni di precarietà che le spingono verso il lavoro nero o – peggio – verso lo sfruttamento da parte della malavita.
L’automatismo del nulla osta al lavoro
Uno dei punti critici delle semplificazioni introdotte nel 2022 e nel 2023 per rendere più rapide le procedure di ingresso dei lavoratori extracomunitari è l’automatismo nel rilascio del nulla al osta al lavoro. Il Testo unico dell’immigrazione (Dlgs 286/1998), modificato per l’ultima volta dal decreto “Cutro”, Dl 20/2023, approvato a marzo dell’anno scorso, prevede all’articolo 22 (comma 5) che lo sportello unico per l’immigrazione, nel termine massimo di 60 giorni dalla presentazione della richiesta, a condizione che il datore abbia verificato presso il centro per l’impiego l’indisponibilità di un lavoratore già presente in Italia per la stessa mansione, e che siano rispettate le prescrizioni del contratto collettivo di lavoro applicabile al lavoratore, rilascia, «in ogni caso, acquisite le informazioni dalla questura competente, il nulla osta nel rispetto dei limiti numerici, quantitativi e qualitativi determinati dai decreti flussi».
Lo sportello unico, a richiesta del datore di lavoro, trasmette poi la documentazione agli uffici consolari, per il rilascio del visto al lavoratore, che (secondo le previsioni di legge) deve arrivare in Italia dall’estero. Il decreto Cutro ha poi aggiunto un ulteriore comma (il 5.01), in base al quale «Il nulla osta è rilasciato in ogni caso qualora, nel termine indicato al comma 5 (60 giorni), non sono state acquisite dalla questura le informazioni relative agli elementi ostativi di cui al presente articolo». Una ulteriore previsione nata per semplificare le procedure, ma nella quale hanno cominciato probabilmente a generarsi irregolarità e automatismi eccessivi, anche a seconda della capacità degli uffici nel territorio di fornire riscontri in tempi brevi.
A livello preliminare, un controllo consiste nell’asseverazione delle domande di assunzione dei cittadini extracomunitari presentate dagli aspiranti datori di lavoro da parte dei consulenti del lavoro e dalle organizzazioni di categoria. La verifica di congruità della domanda si basa sulla capacità patrimoniale e sull’equilibrio economico-finanziario dell’impresa richiedente e sul numero di lavoratori stranieri richiesti. L’asseverazione non è richiesta per le domande presentate tramite le associazioni di categoria (come quelle dell’agricoltura e del turismo) che hanno sottoscritto con il ministero del Lavoro un protocollo di intesa con il quale si impegnano a garantire il rispetto, da parte dei propri associati, dei requisiti richiesti per l’asseverazione. Per queste domande, si applica una corsia preferenziale nella quale scatta l’automatismo del nulla osta previsto dall’articolo 22, comma 5.01 del Testo unico dell’immigrazione.
Come ha rivelato il dossier di Ero straniero citato sopra, l’efficacia della procedura, rispetto all’approdo al contratto di soggiorno, cresce quando le istanze sono presentate attraverso le associazioni datoriali.
I controlli a valle non sono semplici, come aveva spiegato al Sole 24 Ore (si veda l’edizione del 26 febbraio 2024, pagina 6) l’Ispettorato del lavoro. «Nella nostra attività ispettiva – diceva Massimiliano Mura, dirigente dell’Ispettorato nazionale del Lavoro e direttore dell’ispettorato d’area metropolitana di Reggio Calabria – abbiamo rilevato sia casi di lavoratori arrivati in Italia che non hanno trovato il datore disposto ad assumerli, sia casi di richieste di personale extra Ue esorbitanti rispetto alla compagine imprenditoriale. Dal 2022 il rilascio del nulla osta – continuava Mura – avviene in modo automatico e, a meno che non ci sia il parere negativo della Questura o un alt dell’Ispettorato del lavoro, il cittadino extra Ue può entrare in Italia. A volte, però, non si arriva alla stipula del contratto di soggiorno. Per evitare un aumento delle prassi distorte – concludeva – ci impegneremo ancora di più nei controlli, sia ex ante, sia ex post».
Per evitare che alle quote non corrisponda l’arrivo al contratto di soggiorno (e che la criminalità ne approfitti), bisognerebbe favorire il ricorso allo strumento (che già esiste) del permesso di soggiorno in attesa di occupazione in tutti i casi in cui la procedura non va a buon fine per motivi non dipendenti dal lavoratore. Ad oggi, secondo Ero straniero, è uno strumento poco usato: sono infatti solo 146 i permessi per attesa occupazione rilasciati in relazione agli ingressi per il 2022, e 84 per il 2023.