22 Novembre 2024
lavoro immigrati

Fra i 338mila titoli di soggiorno rilasciati in Italia nel 2022 prevalgono quelli per famiglia (38,9%). È legato all’impiego il 19,8% dei documenti, rispetto a una media Ue del 35,8%

permessi di soggiorno rilasciati a cittadini extracomunitari dai Paesi Ue hanno superato nel 2022 i 3,4 milioni, il livello massimo degli ultimi dieci anni (erano 1,6 milioni nel 2013). Dopo il brusco calo della mobilità internazionale dovuto alla pandemia (nel 2020 i permessi si erano ridotti di oltre 700mila rispetto all’anno prima), i titoli di soggiorno nel 2021 e nel 2022 hanno ricominciato a crescere.
Il trend è al rialzo anche in Italia: i permessi nel 2022 sono stati 338mila, in aumento del 23% rispetto al 2021. Nel nostro Paese hanno inciso i numeri più consistenti dei decreti flussi, dal 2021 in poi, che hanno segnato un aumento degli ingressi per lavoro. È il bilancio che emerge dalle elaborazioni dei dati Eurostat effettuate dallaFondazione Leone Moressa per Il Sole 24 Ore del Lunedì. Questo mentre l’emergenza degli sbarchi a Lampedusa mette in rilievo in modo evidente le difficoltà nella gestione del flussi migratori nel Mediterraneo e sono attese nuove misure da parte del Consiglio dei ministri convocato per il 18 settembre.

I permessi in Italia
Il 38,9% dei permessi rilasciati nel 2022 in Italia è legato a motivi familiari, come i ricongiungimenti. Il 33,8% è giustificato da altre ragioni, dalle richieste d’asilo a motivi umanitari, il 7,5% è stato riconosciuto per studio, e il 19,8% è stato concesso per lavoro (66.791).
L’incidenza dei permessi per lavoro è nettamente aumentata rispetto agli anni precedenti (dal 2016 al 2020 oscillavano fra il 3% e il 7%), ma è comunque lontana dall’incidenza media dei permessi per lavoro nella Ue a 27, che è del 35,8 per cento. A trainare verso l’alto questa percentuale sono soprattutto i Paesi dell’Est Europa: in alcuni i permessi per lavoro superano il 70% del totale. Germania e Francia hanno valori più in linea con l’Italia, essendo Paesi con una storia migratoria più lunga, dove all’arrivo degli immigrati per lavoro segue poi negli anni successivi l’arrivo dei familiari.
Peraltro, mentre i permessi per lavoro possono essere contingentati (come accade in Italia con i decreti flussi), quelli per motivi familiari non possono essere compressi o pianificati allo stesso modo.
Confrontando i permessi di soggiorno per lavoro con la popolazione residente, l’incidenza in Italia è tra le più basse in Europa: 11,3 permessi ogni 10mila abitanti. La media Ue è di 27,4 permessi per lavoro ogni 10mila abitanti.

Nella Ue a 27
Il Paese Ue che ha rilasciato più permessi di soggiorno a cittadini extracomunitari nel 2022 è la Polonia: sono stati oltre 700mila, il 63,9% per motivi di lavoro. Quasi la metà dei titoli per lavoro è andata a cittadini ucraini, che rappresentano da sempre la prima nazionalità per i permessi lavorativi in Polonia. Il che spiega anche – oltre alla vicinanza geografica – perché moltissimi cittadini ucraini sono espatriati in Polonia dopo l’invasione russa a febbraio del 2022.
La Germania ha concesso l’anno scorso 538mila permessi, la Spagna 457mila, la Francia 324mila. La quota dei permessi per lavoro è in crescita in tutti questi Paesi: «I dati – spiega Chiara Tronchin, ricercatrice della Fondazione Leone Moressa – dimostrano la tendenza di tutta l’Europa ad aumentare le migrazioni legali per lavoro, necessarie a colmare il fabbisogno di manodopera in un continente sempre più anziano».

Il decreto flussi 2023-2025
Giovedì 14 settembre la commissione Affari costituzionali della Camera ha espresso il suo parere positivo sullo schema di decreto flussi 2023-2025, che prevede 452mila ingressi per lavoro (stagionale e non) nel triennio. Ora il testo, che aveva già avuto parere favorevole in commissione anche al Senato deve essere definitivamente approvato dal Consiglio dei ministri.
«Con il decreto flussi triennale – spiega Laura Zanfrini, responsabile Economia e lavoro della Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) – sono state aumentate le quote dei permessi per lavoro e le categorie professionali ammesse, e semplificate alcune procedure. Più di così, con il quadro normativo attuale, non si poteva fare. Certamente – aggiunge – le aziende sono poco portate ad assumere dall’estero persone che non conoscono: il rischio è dunque che i decreti flussi siano usati di fatto come sanatorie per regolarizzare lavoratori già presenti in Italia. Inoltre, bisognerebbe incentivare l’emersione del lavoro nero degli immigrati, che resta una criticità strutturale, soprattutto in alcuni comparti».

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