Fonte: Huffington Post
di Angela Mauro
Nuovo piano della Commissione: fallita la redistribuzione, ecco incentivi per tornare ai paesi d’origine
A cinque giorni dall’ultimo naufragio con oltre cento morti nel Mediterraneo, la Commissione Europea presenta una nuova proposta sull’immigrazione. Ma questa volta, bando alle ciance: invece che sull’accoglienza e la redistribuzione di chi arriva tra i vari paesi europei – strategia di fatto fallita – si punta ai rimpatri volontari. Nasce la figura del ‘coordinatore dei rimpatri’ per gestirli e incentivarli. In sostanza, per convincere chi non ha diritto a restare nell’Unione a tornare a casa o nel paese di transito. Come? Con un percorso di accompagnamento, ma soprattutto con incentivi a spese degli Stati membri, dai costi del viaggio ai sostegni economici per il primo periodo di permanenza nel paese di origine o transito. L’Ue si impegna a rimpolpare i fondi per il settore già nel bilancio attuale 2021-2027. “Non c’è politica di asilo senza rimpatri”, dice il vicepresidente della Commissione Margaritis Schinas.
Dalla crisi dell’immigrazione nel 2015, quando l’allora presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker presentò un piano sulle ‘relocations’ dei migranti affossato dagli Stati membri, l’Unione sbatte contro l’indisponibilità all’accoglienza da parte degli Stati dell’est e più o meno di tutti gli Stati non periferici. Il nuovo piano della Commissione nasce anche dalla presa d’atto di questo fallimento e tiene conto di alcuni dati. “Ogni anno – calcolano a Palazzo Berlaymont – a circa 500mila cittadini stranieri viene ordinato di lasciare l’Ue perché sono entrati o soggiornano in modo irregolare. Tuttavia, solo tra il 30 per cento e il 40 per cento di loro ritorna nel proprio paese di origine o nel paese da cui si è recato nell’Ue”. Molti riescono a muoversi dal paese di primo approdo verso altri Stati europei, soprattutto al nord, in Germania, e Francia soprattutto.
Il nuovo piano, presentato oggi dopo la riunione settimanale della squadra von der Leyen, punta a fermare questi “movimenti non autorizzati” e a incentivare la politica dei rimpatri volontari direttamente dai paesi di primo approdo, come l’Italia, la Grecia, Malta o la Spagna. Il documento, infatti, non accenna minimamente ad una eventuale redistribuzione in Europa degli arrivi, per poi avviare i rimpatri. Dà invece per scontato che siano gli stessi paesi periferici a gestire i rientri. È un punto sul quale già il governo Conte II aveva esposto le sue perplessità a settembre dell’anno scorso, in occasione della presentazione a Bruxelles delle modifiche al regolamento di Dublino.
“Il rimpatrio volontario – scrive la Commissione nel nuovo piano – è il rimpatrio assistito o indipendente di una persona che non ha il diritto di soggiornare nell’Ue nel paese di origine o di transito, in base alla propria libera volontà. Per incoraggiare e facilitare i rimpatri volontari, gli Stati membri possono offrire di assistere il rimpatriando, ad esempio coprendo le spese di viaggio e fornendo aiuto, in contanti o in natura, per un breve periodo all’arrivo”.
L’Unione si impegna a rafforzare “il sostegno finanziario agli Stati sui rimpatri volontari” dal continente “nel nuovo ciclo finanziario 2021-2027” e “fornirà finanziamenti per i programmi di rimpatrio volontario assistito nonché per i programmi di reinserimento nei paesi partner”. Finora l’Ue ha concluso accordi vincolanti sui rimpatri con Hong Kong, Macao, Sri Lanka, Albania, Russia, Ucraina, Macedonia del Nord, Bosnia, Montenegro, Serbia, Moldavia, Pakistan, Georgia, Armenia, Azerbaijan, Turchia, Capo Verde, Bielorussia. Intese non vincolanti ci sono con: Afghanistan, Guinea, Bangladesh, Ethiopia, Gambia, Costa d’Avorio.
Secondo i calcoli di Bruxelles, pur considerando gli incentivi ad andare, tra spese di viaggio, assistenza in contanti e spese di reintegrazione, il sistema di rimpatri volontari dovrebbe costare meno di quelli forzati, che spesso comportano costi aggiuntivi di detenzione prima dell’allontanamento e altre disposizioni speciali. Il Servizio di ricerca del Parlamento europeo ha stimato che “un rimpatrio forzato costa 3.414 euro, contro 560 euro per rimpatrio volontario. Il costo medio indicativo dei ritorni dai paesi di transito è stimato intorno ai 2.500 euro a persona”.
La proposta istituisce anche la figura del ‘coordinatore dei rimpatri’, professionalità che dovrebbero accompagnare il processo. Molte di queste figure arriveranno da Frontex, che nel 2020 ha condotto il 18 per cento delle operazioni di rimpatrio volontario nell’Ue. Il nuovo piano rafforza il ruolo dell’agenzia europea per il controllo dei confini esterni proprio sui rimpatri, nonostante che Frontex sia oggetto di un’inchiesta dell’Olaf, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode per presunte irregolarità nella gestione dell’agenzia, oltre che al centro di un’inchiesta del Parlamento europeo per le accuse di aver operato respingimenti invece di salvare vite nel mar Egeo.
“Il coordinatore per i rimpatri e la rete ad alto livello per i rimpatri, composta da rappresentanti degli Stati membri, forniranno supporto tecnico agli Stati membri per portare maggiore coerenza tra le diverse politiche che influenzano l’efficacia delle politiche di rimpatrio, basandosi sulle esperienze positive degli Stati membri”. Il coordinatore del rimpatrio “si concentrerà anche sull’assistenza al reinserimento in specifici paesi partner, assicurandosi in particolare che le diverse parti interessate lavorino insieme per utilizzare appieno il sostegno disponibile. Il lavoro sia del coordinatore che della rete ad alto livello formerà parte integrante del quadro di governance stabilito dalla proposta di regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione”.
“L’Ue sta costruendo un nuovo ecosistema sui rimpatri, cercando di aumentare la cooperazione in materia di riammissione, migliorare il quadro di governance, dotare Frontex di un nuovo mandato operativo sui rimpatri e nominare un coordinatore dell’Ue per i rimpatri – dice il vicepresidente per la ‘promozione dello stile di vita europeo’, Margaritis Schinas – La strategia odierna sui rimpatri volontari e il reinserimento è un altro pezzo di quel puzzle. I rimpatri sono più efficaci quando sono volontari e accompagnati da autentiche opzioni di reinserimento per i rimpatriati e questa strategia svilupperà un approccio più uniforme e coordinato tra gli Stati membri per sbloccare il loro pieno potenziale”.
“Solo circa un terzo delle persone senza diritto di soggiorno nell’UE torna nel proprio paese di origine e di coloro che lo fanno, meno del 30 per cento lo fa volontariamente – dice il commissario per gli affari interni, Ylva Johansson – I rimpatri volontari sono sempre l’opzione migliore: mettono l’individuo al centro, sono più efficaci e meno costosi”.