19 Settembre 2024

Fonte: La Stampa

di Marco Bresolin

Nella bozza restano molti obblighi per gli Stati di primo approdo. L’Ue spaccata. E Salvini: sarà linea dura

Da un lato del tavolo ci saranno la Germania, la Francia e i governi del Nord Europa. Dall’altro l’Italia e i Paesi del Sud a fianco del quartetto di Visegrad. Un’inedita alleanza mossa da un obiettivo comune: fare a pezzi la proposta di riforma di Dublino preparata dalla presidenza di turno bulgara, documento oggi in discussione al Consiglio Affari Interni di Lussemburgo. Matteo Salvini non ci sarà, ma da Roma è partito l’ordine di tenere la linea dura: va respinto senza se e senza ma. In assenza di un accordo tra i 28, la palla passerà nelle mani di Donald Tusk, che chiederà ai leader di trovare una via d’uscita al Consiglio europeo di fine mese. Quello dell’esordio del premier Giuseppe Conte.

Motivazioni opposte
L’Italia e i Visegrad in questo momento vogliono la stessa cosa (respingere la proposta sul tavolo), ma con motivazioni diametralmente opposte. Secondo Roma nella bozza di compromesso c’è troppa responsabilità a carico dei Paesi di primo ingresso e troppo poca solidarietà (posizione condivisa da Spagna, Grecia, Cipro e Malta). Per Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia (a cui si è aggiunta l’Austria) è l’esatto contrario. Poco importa: in questa fase è necessario mantenere solida questa «strana alleanza» per far saltare il tavolo. Da domani riemergeranno gli interessi contrapposti.
Francia e Germania difendono invece il lavoro fatto dai bulgari, considerato un buon compromesso. Del resto, fa notare una fonte diplomatica, «se il testo trova l’opposizione sia dei mediterranei sia dei Visegrad, significa che è equilibrato». Parigi e Berlino hanno un obiettivo: chiudere la riforma del diritto d’asilo entro fine giugno, senza ulteriori rinvii. Per questo oggi chiederanno ai ministri di salvare la proposta bulgara e portarla al Consiglio europeo come base di discussione. Ma il sostegno dei governi alla bozza di Dublino IV è sempre più debole. Per i mediterranei sono eccessivi gli otto anni di «responsabilità stabile» sui migranti da parte dei Paesi di primi ingresso e ci sono troppi oneri sul fronte dei controlli. Tutto ciò senza che ci sia un’adeguata compensazione sul lato della solidarietà: la redistribuzione obbligatoria scatterebbe solo in casi veramente eccezionali e comunque dopo un via libera dei governi.
Secondo Francia e Germania, però, le discussioni si trascinano da troppo tempo. E la finestra di giugno è vista un po’ come l’ultima spiaggia. «Senza un accordo al prossimo Consiglio europeo – riassume un diplomatico – non riusciremo a completare la riforma entro questa legislatura». L’Austria, che guiderà il semestre Ue da luglio, ha già detto che vuole prima concentrarsi sulla dimensione esterna del fenomeno immigrazione. Servirà molto tempo per trovare un nuovo accordo, quindi. E poi il Consiglio dovrà anche sedersi al tavolo negoziale con il Parlamento europeo, che ha già approvato una proposta in cui sono previste le quote obbligatorie. Pensare di chiudere entro le prossime Europee (maggio 2019) sembra dunque impossibile.

Il sistema attuale
Senza un’intesa, resterebbe in vigore l’attuale sistema di regole Dublino III. Senza quote e senza i rigidi vincoli sui controlli. «Ma a quel punto – dice un diplomatico di un grande Paese – rimarrebbero anche i controlli alle frontiere interne di Schengen, necessari per evitare i movimenti secondari di migranti da un Paese all’altro».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *