Nessuna replica alle inattese sortite di Francia e Germania ma il Viminale conferma: «È vero, non accettiamo più riammissioni di migranti da altri Paesi in virtù dello straordinario afflusso a cui l’Italia è chiamata a far fronte da mesi. La vecchia logica della responsabilità del Paese di primo ingresso del regolamento di Dublino è ormai superata dalla bozza del nuovo Patto approvato a giugno a Lussemburgo con una prospettiva assolutamente diversa di politica continentale. Andiamo avanti con il piano Mattei e in una cornice europea. L’interesse dell’Italia è che il nuovo Patto venga approvato al più presto».
La (nuova) resa dei conti con Francia e Germania sarà il 28 settembre a Bruxelles alla ripresa del negoziato tra i ministri dell’Interno sul tanto atteso Patto asilo e immigrazione. E a complicare il quadro c’è che anche il Memorandum tra Unione europea e Tunisi che Giorgia Meloni considera un successo personale sembra sempre più fragile, attaccato ieri a Strasburgo da sinistra ma anche da destra. I soldi europei a Tunisi non arrivano. E i barchini in partenza da Sfax fanno la coda per entrare nel porto di Lampedusa scaricando migliaia di persone.
La blindatura della Francia e la decisione della Germania di sospendere le redistribuzioni dall’Italia a fronte del mancato rispetto da parte di Roma delle regole di Dublino (comunque ancora vigenti e che l’Italia ha sottoscritto) non sembrano preoccupare più di tanto. Al Viminale si limitano a dare dei numeri: nell’ultimo anno, sono stati appena 1.042, su 3.500 totali, i migranti che la Germania ha accolto dall’Italia all’interno del piano di redistribuzione volontario. Numeri talmente piccoli da rendere il rifiuto di Berlino a nuovi ricollocamenti irrilevante da un punto di vista concreto, ma certo non sul piano politico.
All’incontro del 28 settembre a Bruxelles, Matteo Piantedosi si presenterà con una strategia che verrà elaborata nei prossimi giorni dal Comitato interministeriale per i migranti coordinato dal sottosegretario dell’Interno Alfredo Mantovano a cui, da qualche settimana, la premier ha affidato la gestione complessiva della questione migranti. Che vede l’Italia sempre più all’angolo, tra i flussi dalla Tunisia che paiono inarrestabili, la prospettiva di migliaia di nuovi arrivi dalla Cirenaica colpita dall’uragano e l’agognata svolta europea che non arriva. La strategia prevede comunque che l’Italia spinga sull’acceleratore per portare al traguardo il nuovo Patto per l’asilo e l’immigrazione prima della fine della legislatura. Traguardo niente affatto scontato, visto che la campagna elettorale per le Europee sembra già partita e, come sempre accaduto fin qui, gli interessi dei singoli Paesi e dei diversi schieramenti politici potrebbero ancora una volta prevalere sulla visione d’insieme.
A minare il terreno dell’accordo ci sono anche i nuovi numeri sulle richieste di asilo che confermano come l’Italia, sebbene decisamente in affanno sulla gestione della prima accoglienza dei migranti con quasi 120.000 sbarchi nel 2023, non sia affatto il Paese che sopporta l’onere maggiore. Non solo non è ai primi posti della classifica europea dei Paesi che accolgono più rifugiati (persino dopo la crisi ucraina) ma — guardando ai numeri in rapporto alla popolazione — è solo settima tra i Paesi membri in quanto a richieste di asilo: oltre a Germania, Francia e Spagna (che anche in numeri assoluti sono i Paesi con più richieste) anche Grecia, Paesi Bassi e Olanda accolgono più richiedenti asilo. Stando a questi numeri, dovrebbe essere l’Italia a offrire solidarietà agli altri Paesi e non viceversa. Questo dato di fatto — specie alla vigilia del voto per il rinnovo del Parlamento europeo — rischia di far saltare il nuovo Patto europeo, che è la carta su cui l’Italia gioca il tutto per tutto nell’ottica di “difesa dei confini”, nella speranza di frenare a breve flussi migratori che non possono aspettare i tempi lunghi del cosiddetto “Piano Mattei” fatto su aiuti e accordi con i Paesi di origine e di transito dei migranti.
Toccherà a Matteo Piantedosi riannodare i fili del dialogo con i suoi omologhi, il francese Gérard Darmanin e la tedesca Nancy Faeser, in vista dell’incontro di Bruxelles. Mentre in Germania a fine mese si recherà anche il ministro degli Esteri Tajani per un business forum a Berlino con le tre Confindustrie di Italia, Francia e Germania già in agenda da maggio.