La decisione della massima autorità di giustizia amministrativa olandese è stata presa in una causa intentata da due migranti. Al collasso l’hotspot di contrada Imbriacola, dove stamattina si contavano 2.698 ospiti a fronte di una capienza di poco meno di 400 posti
Il Consiglio di Stato olandese ha stabilito che i Paesi Bassi non possono rimandare in Italia i richiedenti asilo perché c’è il rischio concreto che finiscano a vivere per strada, violando i loro diritti umani. «Al momento i richiedenti asilo in Italia rischiano di trovarsi in una situazione in cui non sono soddisfatti i loro bisogni primari più importanti, come l’alloggio, il cibo e l’acqua corrente», ha dichiarato il tribunale citato da Dutch News.
«Assenza di servizi essenziali»
La decisione della massima autorità di giustizia amministrativa olandese è stata presa in una causa intentata da due migranti. Si tratta di un nigeriano e di un eritreo. Entrambi sono entrati in Europa attraverso l’Italia. Il nigeriano ha chiesto asilo tre volte in Italia prima di presentare domanda nei Paesi Bassi, mentre l’altro uomo è arrivato in Italia ma non ha chiesto asilo. Il Consiglio di Stato afferma che gli uomini rischiano di subire violazioni dei diritti umani a causa della mancanza di strutture di accoglienza in Italia.
«Senza strutture di accoglienza, c’è il rischio reale che i loro bisogni fondamentali, come l’alloggio, il cibo e l’acqua corrente, non vengano soddisfatti, il che rappresenta una violazione dei diritti umani», ha dichiarato il Consiglio di Stato in un comunicato.
Sbarchi senza sosta
Intanto non conosce tregua il flusso migratorio dal nord Africa verso le coste italiane. Un secondo maxi sbarco si registra oggi su Lampedusa dove, al largo, la motovedetta V7300 della Guardia di finanza ha soccorso un peschereccio di 10 metri con a bordo 125 persone, fra cui 15 donne e 13 minori. Il barcone, partito da Zwara in Libia, è stato sequestrato. A bordo c’erano migranti originari di Bangladesh, Costa d’Avorio, Egitto, Eritrea, Gambia, Guinea, Siria, Sudan, Marocco, Palestina e Somalia. Salgono a 15, con un totale di 821 persone, gli sbarchi su Lampedusa a partire dalla mezzanotte.
All’hotspot di contrada Imbriacola sono presenti 2.689 persone a fronte dei poco meno 400 posti disponibili. Per la tarda mattinata, su disposizione della Prefettura di Agrigento, è previsto il trasferimento di 180 ospiti con il traghetto di linea per Porto Empedocle. Durante la notte, la Guardia costiera e la Guardia di finanza hanno soccorso barchini con a bordo da un minimo di 39 persone ad un massimo di 62, fra cui donne e minori, originari di Burkina Faso, Ciad, Guinea, Mali, Sierra Leone, Camerun, Nigeria e Sud Sudan.
Quattro naufragi
E proprio ieri nel centro d’accoglienza ha fatto visita il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che ha potuto rendersi conto in prima persona della situazione difficile vissuta all’interno della struttura. Ieri, fra l’area Sar italiana e le acque a sud di Lampedusa, si sono verificati quattro naufragi: due i cadaveri recuperati, fra cui quello di una giovane donna. Tre persone, compreso un bimbo di 8 mesi, sono finite invece al poliambulatorio dell’isola. I racconti dei migranti sopravvissuti parlano sempre di “navi madre”, possibilmente pescherecci, da cui vengono successivamente messe in mare imbarcazioni più piccole, di 6 o 7 metri, con a bordo gruppi fino 35/40 persone. Viaggi della disperazione per i quali i migranti, per lo più provenienti dall’Africa subsahariana, arrivano a pagare anche 3mila dinari tunisini.
Dalla Tunisia il maggior numero di partenze
Al 24 aprile, le partenze di migranti a bordo di imbarcazioni dalle coste della Tunisia risultavano più della metà rispetto al totale di quelle registrate nell’intero 2022: 19.949, contro le 1.930 dello stesso periodo dello scorso anno e le 32.101 complessive nel 2022. La Tunisia al momento ha superato la Libia, da cui sono salpati in 15.515 (contro i 5.845 dello stesso periodo del 2022 e i 53.119 complessivi dello scorso anno).
Piantedosi: serve gestione ordinata dei flussi
«Penso a soluzioni che abbiano una proiezione non dico strutturale ma di gestione ordinata dei flussi, ma anche che di fatto spostino altrove il problema. Ho grande riguardo per il ruolo che sta esercitando, ed ha sempre esercitato Lampedusa alla gestione dei flussi», ha detto il ministro incontrando il sindaco delle Pelagie Filippo Mannino dopo aver fatto una visita, e un rapidissimo giro, nel piazzale dell’hotspot di contrada Imbriacola.
Una task force per l’Isola
E all’isola, ha assicurato il ministro, sarà dedicata una task force, un ufficio del ministero che si occupi dell’emergenza. “Noi dobbiamo lavorare affinché Lampedusa diventi l’ingranaggio di un meccanismo più ampio che funziona. E nello stesso tempo – ha aggiunto il capo del Viminale – aiutare la gente che è all’addiaccio o in mezzo ai liquami». Il sindaco ha elencato i problemi che l’amministrazione e i cittadini devono affrontare quotidianamente: «Da 9 mesi ripeto sempre le stesse cose: i barchini abbandonati, i barchini sulle coste, la questione della spazzatura, la questione delle fogne, l’emergenza salme, i posti nei cimiteri. E’ stata dichiarata l’emergenza, dobbiamo accelerare su tutto. Ogni settimana morti – ha continuato Mannino – A causa di tutto questo stanno iniziando i malumori degli isolani.
Piantedosi: Lampedusa meriterebbe Nobel per la pace
«Sono grato per quello che fa lei e per quello hanno fatto in tutti questi anni e fanno tutti i suoi concittadini. Lampedusa meriterebbe molto altro, meriterebbe almeno il premio Nobel per la pace» ha detto Piantedosi, salutando il sindaco delle Pelagie, Filippo Mannino, ed esprimendo a nome del governo un ringraziamento per quanto fino ad ora è stato fatto da un’isola di 20 chilometri quadrati che è la porta d’ingresso dei migranti verso l’Italia e l’Europa.
La nave Humanity approdata a Ravenna
Intanto a Ravenna è arrivata la nave Humanity con 69 migranti a bordo: Si tratta del terzo sbarco di una nave ong con migranti a bordo sul porto romagnolo dopo quelli del 31 dicembre e del 18 febbraio. Dalla Humanity sono scesi migranti di varie nazionalità, trenta da Sudan, il paese in questo sbarco più rappresentato. Le ong nei giorni scorsi hanno lanciato l’allarme di un nuovo esodo legato proprio alla crisi che si è aperta nel paese africano: secondo l’Unhcr in 20 mila si starebbero già spostando dalla regione sudanese del Darfur per cercare rifugio nel vicino Ciad che già ospita 400 mila profughi sudanesi. Il viaggio ha rinnovato le polemiche per la grande distanza tra l’area di salvataggio e il porto d’approdo assegnato. «Dopo aver soccorso 69 persone, una priva di sensi e altre esauste, con mal di mare e ipotermia – aveva scritto infatti l’equipaggio della ong su Twitter – ci è stato assegnato il porto di Ravenna, a oltre 1.600 km dal soccorso. Questo crea un rischio inutile per i sopravvissuti e tiene le navi lontane dalla regione SAR per molti giorni».