21 Novembre 2024
immigrazione sociale barcone

Abbiamo imparato a dimenticare: il 3 ottobre 2013 è stata una data sconvolgente, in un naufragio davanti a Lampedusa morirono 368 persone

«Il sospetto è che siano morti a un passo dalla salvezza». Cominciava proprio con queste parole, sul Corriere, il racconto del nostro Rinaldo Frignani sull’ultimo naufragio nel Mediterraneo: 61 dispersi, molte donne e molti bambini, degli 86 partiti 48 ore prima da Zuara, in Libia. Forse non era lontana l’Ocean Viking di Sos Méditerranée, che ha però dovuto far rotta verso Livorno, in quanto porto sicuro indicato dall’Italia, con altri 26 migranti soccorsi in precedenza.
Poche ore sono bastate perché questa notizia sconvolgente scomparisse dall’informazione.
Ci siamo abituati a queste stragi: 61 annegati non sono poi tanti di meno rispetto ai 94 cadaveri restituiti dal mare a febbraio sulla spiaggia calabrese di Cutro. Sono 2.250 le persone morte nel Mediterraneo centrale in questo 2023. Oltre il 70 per cento cercava di raggiungere le coste italiane. Abbiamo imparato a non contare le file di bare allineate nelle palestre o dove capita o dove comunque passano un prete, qualche volontario e pochi altri. Abbiamo imparato a dimenticare: il 3 ottobre 2013 è stata una data sconvolgente, in un naufragio davanti a Lampedusa morirono 368 persone. Dal 2016 quel 3 ottobre è diventata la Giornata della Memoria e dell’Accoglienza per commemorare tutte le vittime dell’immigrazione. Avremmo dovuto farne un momento collettivo di riflessione, ma non ci siamo riusciti.
Da quel 2013 nel Mediterraneo sono morte affogate 28.000 persone. Non so se questa cifra continua a farci effetto: sono poco meno degli abitanti di Aosta. Un sistema qualsiasi di soccorso per limitare questa strage non c’è. In compenso immagini ne vediamo sempre meno, testimoni non ci sono. In fondo Alan Kurdi, il bambino curdo morto sulla spiaggia turca di Bodrum e che commosse il mondo, non ci riguarda. Abbiamo imparato l’indifferenza, altrimenti non riusciremmo a dormire.

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