Al Politecnico e allo Iuav primi master rivolti ad architetti e ingegneri già in attività che intendono lavorare nel mondo virtuale. Opportunità utile anche per testare materiali sperimentali
Architetti protagonisti della nuova economia digitale, a servizio della moda, del gaming e del cinema. Con progetti che spaziano dal design all’urbanistica: per texture, mobili, sculture, ma anche edifici e città. Ma architettare e ingegnerizzare il metaverso non significa solo progettare negozi, uffici, case e locali; significa soprattutto dare forma a qualcosa che non c’è ancora, disegnare il futuro a partire dall’idea di interazione virtuale e dalla possibilità di estendere le esperienze tra il fisico e il virtuale.
Quali sono le competenze per i meta-architetti e i meta-ingegneri? E dove si apprendono? «Nel metaverso è inutile copiare la realtà. Bisogna riuscire a proporre qualcosa di potenzialmente dirompente». Ingrid Paoletti, associate professor of Architectural Technology e vicepresidente della Fondazione Politecnico di Milano propone questa riflessione anticipando i dettagli del master di cui è direttrice “Material Balance Design. Tecniche digitali e innovazioni circolari in architettura”, master di primo e secondo livello che si terrà da novembre 2022 a novembre 2023. Un’opportunità pensata anche per chi lavora: fino a luglio 2023 l’insegnamento si terrà un giorno alla settimana, il lunedì, a distanza (dalle 18 alle 22) e un fine settimana al mese in presenza presso il Politecnico di Milano.
Un ruolo duplice
Per Paoletti il ruolo dei designer nel metaverso sarà duplice: «Da un lato potranno contribuire a costruire visioni, immaginando spazi che possano sollecitare l’utente, creando alternative in 3d con scenari immersivi, diversi dagli attuali render futuristici, poi si potranno anche mescolare generi diversi e creare linguaggi nuovi per immaginarsi la città del futuro». Secondo filone, quello della materialità: «Come si rappresenta la materialità in un luogo dove non c’è gravità?». Per la professoressa del Politecnico «il metaverso è lo spazio ideale per dei test sui materiali che nella realtà richiederebbero molto tempo». Qualche esempio? «Si pensi a blocchi di vetro morbidi, a elementi verdi che producono energia, o ancora a superfici che cambiano a seconda di come le si tocca, o modificano la temperatura al tatto».
Il metaverso è interessante per i professionisti non solo per il suo potenziale squisitamente commerciale, ma come laboratorio di ricerca e sviluppo, anche per sfidare le leggi della fisica. «Con questo master si punta a tenere insieme i temi della sostenibilità e del digitale: testare da dove vengono i materiali, tracciarli, e far crescere la consapevolezza da parte dell’utente». Tra le competenze da acquisire anche la comprensione e l’uso dei dati. «Una ventata di novità per chi lavora in uno studio per inserire contenuti nuovi nei progetti, un’opportunità per chi si mette in proprio, ma anche un’occasione per far nascere nuovi collettivi su temi diversi da quelli dell’architettura tradizionale».
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Il metaverso dal punto di vista della visualizzazione è il tema di un’altra proposta formativa dell’Università Iuav di Venezia. È il master in Architettura Digitale (MADI), annuale e di secondo livello, arrivato alla sua undicesima edizione (preparando più di 300 studenti). Anche questi corsi iniziano a novembre 2022 e termineranno a giugno 2023; lezioni in presenza a Venezia il venerdì e sabato. Focus del master sono gli strumenti digitali per progettare., verificare, comunicare il progetto. I moduli tratteranno di modellazione poligonale e parametrica, rendering tradizionale e in real time, post produzione, video animazione, scansioni 3d e realtà virtuale e immersiva.
Gli studi
Se dalle Università arriva qualche proposta per i tecnici che vogliono specializzarsi nel metaverso, in gran parte degli studi professionali italiani, invece, si guarda ancora con diffidenza al mondo digitale come occasione di lavoro. Senz’altro il metaverso non sostituirà mai il mondo reale, ma il virtuale, con i suoi confini illimitati, potrà dare ai progettisti opportunità sempre nuove.
Una svolta che potrà ad esempio dare valore a tanta “architettura di carta” – che per infinite ragioni non è passata dal disegno alla realtà – un mercato dove si potranno offrire servizi scalabili, soluzioni che possono essere usufruite da milioni di utenti. Un’utopia, insomma, ma senza i vincoli del mondo fisico.