22 Novembre 2024
SPECIALE EXPO 2015
Fonte: La Stampa
expo

Tra un anno si parte: anche un po’ ridotta l’esposizione rimane decisiva per il Paese

MILANO

Ai piani alti di via Rovello si fanno gli scongiuri: «O si fa bene Expo 2015 o si muore». Ma si capisce che partito il countdown, è solo una questione di scaramanzia.

Sulla carta ci sono i grandi numeri di una fiera espositiva senza precedenti: 147 Paesi partecipanti, la prima volta degli Usa di Obama, 20 milioni di visitatori di cui 8 dall’estero, 100 capi di Stato e di governo, 500 ministri a Milano caput mundi, una partita che con l’indotto vale 10 miliardi di euro e 4 punti di Pil che sono ossigeno. Giuseppe Sala, l’ad di Expo 2015, semina ottimismo: «Le verifiche esterne sui tempi ci rassicurano. Sulle infrastrutture i lavori sono all’80%, sulla piastra espositiva al 40%. La preoccupazione è piuttosto la burocrazia: dogane, visti, permessi».

E fa niente se la linea 6 della metropolitana non si farà perchè i fondi sono stati destinati alla ricostruzione in Abruzzo, la linea 5 arriverà di sicuro fino a San Siro ma non è detto che ci saranno tutte le fermate per tempo e i cantieri della linea 4 da Linate al centro di Milano saranno aperti fino a settembre 2019, a ridosso di Expo Dubai. Lo sforzo per fare al meglio questa esposizione su cui Milano e il Paese si giocano un bel po’ di futuro, non ha precedenti.

 

«Non possiamo permetterci che il 1° maggio ci sia in giro anche solo una carriola nella piastra espositiva grande un milione di metri quadrati, quanto 150 campi da calcio», trema uno dei funzionari che giura di guardare il meteo prima di andare a letto la sera e fuori dalla finestra ogni mattina. Perchè il vero nemico di Expo 2015 al momento è la pioggia che rallenta troppo i lavori.

 

L’anno scorso è piovuto 125 giorni, a gennaio e febbraio di quest’anno praticamente sempre. I turni di lavoro sono spalmati su 20 ore. I cantieri stanno aperti anche con le fotoelettriche. La piastra è un gigantesco cantiere dove già si intravedono quelli che saranno i primi padiglioni: quello italiano ideato da Marco Balich, che dopo aver curato la presentazione delle Olimpiadi invernali di Torino e il lancio della Fiat 500, si è ispirato a un nido che accoglie e nutre, in tema con il cibo che è il brand di Expo 2015; quello della Thailandia che si ispira al «nogb», il cappello dei contadini, o quello degli Emirati Arabi, con dune alte fino a 12 metri.

 

Italia a parte, gli Emirati con 60 milioni di euro sono i top spender della kermesse. Si capisce che il loro è pure un investimento visto che tra sei anni se la giocano in casa a Dubai. Un do ut des che però ha già provocato qualche problema. La Turchia che puntava all’esposizione del 2020 potrebbe ritirarsi per ritorsione. Come l’India, se non si definisce la questione dei marò. O l’Ucraina dilaniata dal conflitto interno.

 

Ma fatti i conti, l’investimento italiano, e non solo in immagine, è di quelli che pesano e rischiano di pesare sulla ripresa del Paese. L’investimento italiano è quantificato in 1 miliardo e 300 milioni di euro. Un altro miliardo lo mettono i Paesi partecipanti. Le aziende private contribuiscono con 350 milioni.

 

Alla fine quasi 1 miliardo in meno del progetto elaborato da Letizia Moratti al Bie di Parigi del 31 marzo 2008. Molti dei progetti anche in infrastrutture sono stati decimati dalla crisi. E pure quelli che dovevano rendere Milano più moderna. Tanto per dire si sono persi per strada i due grattacieli nell’area City Life di Daniel Libeskind e quello di Zaha Hadid. Ma pure così si calcola che l’indotto valga qualcosa come 10 miliardi di euro senza contare i 60mila posti di lavoro creati ad hoc per far correre l’evento.

 

Per far questo sarà l’intera città a farsi bella. Il «fuori Expo» è di quelli scintillanti: una mostra su Leonardo da Vinci come non si è mai vista e pure il Teatro alla Scala che sarà aperto ininterrottamente dal 1° maggio al 31 ottobre durante tutta la durata dell’esposizione. Ma tanto per prendere la rincorsa si comincia già il mese prossimo, con 130 eventi tra i quali spicca il concerto di Lang Lang, pianista classico da cento milioni di dischi che suonerà Chopin e Rachmaninov in piazza Duomo il 26 maggio.

 

E fa niente se ancora non si sa che fine faranno le vie d’acqua che dovranno circondare il sito espositivo, gli ambientalisti si oppongono, a maggio verrà presa una decisione dal cda di Expo. O se si farà tutta la Pedemontana che ancora fa litigare le istituzioni. O se verrà completato il raccordo tra le tangenziali che si vede ad Assago sulla Milano-Genova con quel ponte ancora sospeso nel vuoto.

 

Certo il semestre europeo a guida italiana sarà decisivo. Così come l’impegno del governo. L’obiettivo è superare nell’immaginario collettivo l’ultima esposizione milanese, quella del 1906, dedicata ai trasporti. Passata alla storia come l’Expo della modernità. Ma almeno stavolta non c’è il rischio di slittare l’inaugurazione di un anno come avvenne allora, perchè nel 1905 non era ancora pronto il traforo del Sempione, iconica rappresentazione della modernità italiana.

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