19 Settembre 2024

Fonte: La Repubblica

di Carlo Bonini

Il ministro dell’Interno irritato con la Francia che rimanda in Liguria i profughi: “Macron dice che siamo soli? Agisca di conseguenza”

Alle 13.15 di martedì, l’aereo che portava il ministro dell’Interno Marco Minniti negli Stati Uniti per una serie di incontri fissati con figure di vertice dell’amministrazione Usa (John Kelly, segretario di Stato per la “Homeland Security”, l’Attorney general Jeff Session, Herbert Raymond Mc Master, National security advisor di Donald Trump), è rimasto sulla pista dello scalo tecnico di Shannon, in Irlanda, il tempo necessario a riempire i serbatoi di carburante e girare la prua nella direzione da cui proveniva. “Quello che stava accadendo nel Mediterraneo centrale e quello che accadrà nelle prossime ore nei nostri porti e lungo le nostre coste – dice il ministro – richiedeva la mia presenza qui a Roma. E delle decisioni immediate. Che sono state prese”. Ieri mattina, il nostro ambasciatore presso l’Unione Europea, Maurizio Massari, ha dunque informato personalmente il Commissario agli affari Interni e all’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos, che le 22 navi impegnate nelle operazioni umanitarie di “search and rescue” che in queste ore incrociano di fronte alle nostre acque territoriali con a bordo 12.500 migranti recuperati a largo delle coste libiche segnalano che “il limite della sostenibilità è stato raggiunto”. Che al principio secondo cui tutte le navi che salvano vite umane nel Mediterraneo sia garantito di default l’approdo in Italia non si può più pedissequamente tenere fede. Lasciando che al nostro ministro dell’Interno resti solo il ruolo notarile di indicare, come accaduto in queste ore, semplicemente i porti di sbarco: Messina, Vibo Valentia, Palermo, Reggio Calabria, Trapani, Brindisi, Corigliano calabro, Porto Emepdocle.
Di qui in avanti, se non arriveranno segnali concreti di solidarietà dai Paesi dell’Ue, l’Italia non sarà più in grado di garantire gli approdi lungo le nostre coste alle navi non italiane e che non facciano parte delle missioni europee. Chiusa a nuovi ingressi per aver raggiunto la soglia macroscopica di 181 mila sbarchi nel 2016 e di 75 mila nei primi sei mesi di quest’anno. In totale oltre duecentocinquantamila anime. “Ho sempre detto e ripetuto – osserva Minniti – che non si può separare l’imperativo morale della salvezza in mare di vite umane dall’obbligo di provvedere alla loro accoglienza. Farlo significherebbe piegarsi a un’ipocrisia che non mi appartiene. Noi, arrivati a questo punto, ci troviamo a fronteggiare una pressione fortissima. Che sosteniamo da soli”. Per giunta, stretti in un collo di bottiglia. Da una parte, l’obbligo, che rispettiamo alla lettera, della compiuta identificazione e permanenza sul nostro territorio di ogni migrante che viene sbarcato sulle nostre coste. Dall’altra, i numeri di un flusso che continua ad essere in aumento. “Da tempo ripeto che la questione dei migranti è una questione europea. E non è un modo di dire. Oggi abbiamo deciso per un atto formale che non faccia più percepire questa affermazione come una semplice petizione di principio o, peggio, un ululato alla luna. Abbiamo dimostrato in questi mesi di essere persone serie sul problema dei migranti e dunque ora chiediamo che l’Europa faccia sul serio con noi”.
Come conferma da Bruxelles l’ambasciatore Maurizio Massari, il colloquio con Avramopulos non ha dunque avuto nulla dei toni felpati tipici della bolla politico- diplomatica dell’Unione. “Con molta franchezza e chiarezza – dice l’ambasciatore – abbiamo spiegato al Commissario che il tempo è finito. Che l’Italia non auspica ma attende entro i prossimi giorni, a cominciare dal vertice dei ministri dell’Interno della prossima settimana a Tallin, segnali concreti che dimostrino che si intende passare dalla solidarietà di facciata a quella concreta”. Del possibile blocco degli approdi delle navi impegnate in operazioni di “search and rescue” si è detto. Ma la comunicazione del nostro Governo alla Commissione ha avuto altri due significativi addendum. Il primo: la richiesta di una regionalizzazione del programma Frontex e dell’operazione navale militare “Sophia” di Eunavfor Med. Il che significa che le unità costiere e delle marine militari dei diversi Paesi Ue impegnate nel pattugliamento del Mediterraneo dovranno trasferire eventuali migranti salvati in mare nei porti dei rispettivi Paesi. Non fosse altro, perché, come accaduto in queste ore, ci deve essere qualcosa che davvero non va se il nostro ministro dell’Interno si è trovato a dover autorizzare l’approdo di un pattugliatore della Guardia costiera maltese con 400 migranti a bordo a Porto Empedocle. O se mentre l’Italia fa fronte a ventidue navi, ventidue, l’ordinarietà delle routine dei rapporti tra Paesi dell’Unione vede il respingimento alla frontiera di Mentone di 100 migranti, dicasi 100, che avevano lasciato l’Italia e che in Italia sono stati dunque riaccolti. “Quando Macròn ha detto a Bruxelles che l’Italia in questi anni è stata lasciata sola – chiosa Minniti – l’ho considerato un fatto straordinario. Sono certo che la Francia si muoverà dunque con coerenza”.
Un secondo addendum delle comunicazioni del nostro ambasciatore al Commissario Avramopulos ha riguardato l’urgenza di un rifinanziamento dei fondi da devolvere al governo libico per fare fronte ai costi di contenimento dei flussi. “Tra i 300 e i 400 milioni di euro, da qui a dicembre”, spiega Massari. Perché i 250 stanziati sin qui sono stati esauriti da tempo.
“Auspico – conclude il ministro Minniti – che già oggi nel vertice europeo che prepara il G20 di Amburgo, ci sia un segnale di reale comprensione delle questioni che abbiamo posto. Abbiamo scommesso e puntato su un’accoglienza diffusa sul nostro territorio, sapendo però che l’accoglienza ha un limite nella capacità di integrazione. E quindi quel limite non verrà superato, perché farlo significherebbe non avere a cuore il presente e il futuro del nostro Paese “.

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